Ciclsimo, Tadej Pogaĉar vince Giro d’Italia e Tour de France, Basilio Gavazzeni: “Un campionissimo finalmente”. Di seguito la nota integrale.
Per la postura esteticamente ammirevole e tecnicamente redditizia, tutt’uno con la bicicletta, a chi ha buona memoria ciclistica Tadej Pogaĉar nella gara contro il tempo, ha ricordato lo stile del giovanissimo Jacques Anquetil (1937-1987), il cronometrista forse più dotato della storia del ciclismo. Tale è apparso il campione sloveno, domenica 21 luglio, nella sua galoppata in giallo verso la sesta vittoria di tappa e, insieme, verso l’incoronazione di indiscusso dominatore del Tour de France 2024.
Ai suoi ammiratori più fini e onesti, può esser dispiaciuto, tuttavia, il suo comportamento nella tappona sulle Alpi di sabato 20 luglio nei confronti del danese Jonas Vingegaard, ventisettenne, l’unico avversario degno di lui ormai strabattuto. Che bisogno c’era di togliere la consolazione della vittoria di una tappa che aveva generosamente animato a un campione non al top, uscito dall’ospedale solo da due mesi e mezzo, non ancora ripresosi del tutto dall’incidente in corsa dell’estate passata? Dietro a lui Tadej era uscito dal gruppetto degli inseguitori. Insieme avevano raggiunto e seminato il terzetto in fuga, poi si erano involati senza problemi al comando della corsa. Tadej aveva succhiato la ruota di Jonas senza mai dargli il cambio fino all’ultimo chilometro. A poche centinaia di metri dal traguardo con lo scatto prodigioso che lui solo possiede è balzato in avanti per cogliere il quinto traguardo. Una gherminella ingiustificabile.
Perché? Un vero campione non è campione solo perché fa razzia di vittorie. Un autentico campione deve essere una farfalla, non un ragno. È cattivo esempio da non seguire quello di Eddy Merckx, il Campionissimo che cannibalizzava tutte le gare possibili con l’algida voracità che non fu certo il meglio della sua gloria e lasciò alle spalle un ciclismo più povero di protagonisti di rango.
In una tappa del Giro d’Italia avevamo apprezzato che Tadej Pogaĉar, in fuga solitaria, avesse ritirato con la mano destra la bottiglietta d’acqua offertagli da uno spettatore e con la sinistra l’avesse passata a un bambino sull’altro ciglio della strada, lasciandolo, povero nano, strabiliato dal gesto del campione.
Tadej Pogaĉar, non ancora venticinquenne, sembra essere il Campionissimo che si attendeva da decenni a rialzare le fortune dell’onesto ciclismo troppo a lungo surclassato dal calcio tutto soldi, capitani di ventura e mercenari superpagati.
A Tadej auguriamo di restare, nonostante i successi, il giovane uomo che si diverte sul suo cavallo meccanico, cortese e raggiante, proteso sì alla vittoria, ma nella più perfetta lealtà nei confronti degli avversari. Preghiamo Dio che gliene predisponga tanti e fieri e forti e congregati contro la sua regalità, per concorrere a esaltare la trascendenza della sua pedalata su ogni terreno, in pianura in salita e in discesa, sul falsopiano sullo sterrato e sul pavé.
Ci avvenga di vederla ogni anno una Grande Boucle come quella appena trascorsa.