Riportiamo di seguito la recensione del giornalista materano Giovanni Scandiffio al romanzo “Un amore da dimenticare” di Vito Coviello
“A Milamo Cosimo c’era arrivato. Era arrivato la sera del 22 Settembre 1982”.
Un incipit,quello di Vito Coviello, che schiude la porta su di una vita nuova. Non migliore, per lo meno nei suoi inizi stentati, ma sicuramente differente da quella condotta nella piccola città di Matera. Potrebbe essere l’inizio di tanti romanzi che hanno come tema la “eradicazione” dal luogo di nascita e che finiscono per inglobare te, viaggiatore casuale lungo le rotte letterarie delle emozioni altrui, in un vortice di fatti e sentimenti altrui. Cosimo non è il primo che lascia il suolo natìo in cerca di altro. Le sue ,motivazioni sono incardinate in una cocente delusione amorosa e nel rapporto, rigidamente patriarcale e matriarcale, che lega la sua amata ai genitori, costretta ad obbedire e a subire lo “spegnimento” di quell’amore. Un modo per farla finita, quindi, quello di Cosimo. Come sappiamo tanti altri, per le stesse ragioni, fecero scelte ancora più drastiche. Per Cosimo, ad ogni modo, partire diventa un po’ morire. Egli trova una Milano fredda e sostanzialmente chiusa, ma con inaspettati squarci di umanità. Dalle prime conoscenze in un sottobosco di proletari e di precari, la sorte finisce per riservagli uno spiraglio di luce. La capitale meneghina, quella che veniva anche chiamata la “capitale morale” o la “locomotiva” d’Italia. gli permette di diventare un altro. Le coincidenze, poi, lo mettono in contatto con un suo vecchio amico dei tempi di Montescaglioso (suo paese di origine, un “principato”, come dice lui) e di Matera. Tutto cambia grazie alla sua forza di volontà e a quello che possiamo definire il rispetto della “sacralità” del lavoro, insieme all’affetto per la Madonna, la Madonnina del Duomo di Milano che sembra proteggerlo. Tante le conoscenze, le amicizie, anche qualche amorazzo. L’essere entrato in contatto con il mondo dello spettacolo “off” di Milano e aver conosciuto la grande poetessa Alda Merini, dà a Cosimo una nuova dimensione di vita. L’insidia della perdita della vista è, però, dietro l’angolo. Una situazione che, peggiorando, lo riporterà dopo molti anni nella città dei Sassi, verso un solitario riposo definitivo. Lievemente, con un sorriso sulle labbra. Traspare, nel percorso di vita di Cosimo, una sorta di duplicazione della figura dell’autore, che ha conosciuto la cecità solo dopo molti anni di vita “in chiaro”. Con Vito Coviello abbiamo militato in una organizzazione giovanile della sinistra almeno un dodicennio prima dell’ambientazione cronologica di questo suo romanzo. Persona attenta e partecipativa allora, oggi sensibile scrittore, ha saputo dare a una piccola storia il respiro dell’epopea dell’emigrazione dei nostri tempi, quella dell’ultimo quarantennio, fatta non più di valigie consunte ma di necessità di sopravvivenza e di realizzazione professionale dei tanti che devono prendere la strada del Nord. Un romanzo che avvince e commuove, ma indigna anche per via della stringente attualità dei temi che tratta, a “latere” della delusione amorosa. La domanda finale non è del tutto inedita: riusciranno, un giorno, le giovani generazioni a lavorare con dignità nella propri terra d’origine? A voi la risposta.
Giovanni Scandiffio
Giornalista professionista, dottore magistrale in Scienze della comunicazione ed Editoria, impegnato dal 1982 sul fronte dell’informazione quotidiana (salvo qualche breve pausa dedicata alla comunicazione istituzionale del Comune e della Provincia di Matera e alla carta stampata) con l’emittente appulo-lucana Trm Network di Matera, can. 16 D.T. 519 Sky, nonché trmtv.it.