Intervistiamo la poetessa materana Antonella Pagano invitata al Festival di Orsomarso, e le chiediamo perché in Calabria? Anche qui con la sua Poesia dei territori? Ebbene si. Come rinunciare ad esserci al “Crivu Festival dei paesaggi straordinari e delle rive sconosciute”? Come rinunciare ad essere -dal 2 al 5 agosto- in Orsomarso, in provincia di Cosenza e nella valle dell’Argentino? Come rinunciare a vedere da vicino l’Armilungo? Come non andare verso l’Altrove del Crivu festival? Crivu è discernimento, di fatto è il setaccio che s’usava un tempo! Già questo, per una come me, è un universo! “Insieme” poi è il tanto altro che, con potenza supersonica, mi ha catapultata ad Orsomarso. Insieme a Monica Marziota e Michele Gerace, due straordinarie persone -giovani- che ho avuto il piacere di ospitare in una mia serata teatrale e riconoscerLe quali Istigatrice e Istigatore di Bellezza, insieme è un valore stratosferico. Sono loro che lo hanno ideato e organizzato insieme al loro piccolo Agostino di appena due anni, che v’assicuro è già leader! L’incontro con Natura, Cultura e Sviluppo? E’ il mio stare In: dentro le cose, dentro il mondo, dentro l’Umanità. Con: Tutti e con il Tutto che è magistrale nel bene e nel male. Tra: gli alberi che disegnano i labirinti forestali e i gomitoli di strade e straderelle che s’insinuano nei piccoli paesi facendo scoprire i palpiti dei cuori altri, delle anime nuove e antiche. Mi sono sentita fin da subito dentro quell’altrove e quell’insieme; e dentro l’altrove che sta lì da secoli, nel profondo di noi stessi ad attendere che ce ne occupiamo, quell’altrove che incarna di noi la letteratura e la filosofia, la musica, tutte le arti, mentre l’estetica, madre generosa dalle mammelle sempre colme di latte e miele, genera l’etica più alta sicchè lo spirito riceva il propellente più potente per vivere verticalmente piuttosto che nella minimale orizzontalità delle cose.
Ho letto che durante il Festival ci saranno anche arrampicate.
E’ vero, ci insegneranno ad arrampicarci. Per quanto mi riguarda ARRAMPICARSI non è sisifea fatica! E’ dare il ricostituente alla femminilità suggendola dalla Roccia, dalla Rupe, dall’onda, dall’immanenza e dalla trascendenza, per scrivere la migliore storia, la più sublime musica, la poesia che travalica il tempo e sa farsi breccia anche nel cuore più spinoso, meno ricettivo, per produrre l’arte che fa sgorgare le lacrime; tutti sostantivi femminili immersi dentro il maschile Mediterraneo con le sue superfici dai mille verdazzurri e dai suoi misteriosi fertili abissi e dentro il maschile Appennino, dorsale che solidifica e genera vette con rocce aguzze, appunto, svettanti incontro al cielo mentre si fanno matite ciclopiche e disegnano orizzonti sempre nuovi. Ma, devo confessarle che quando sono arrivata, il Tutto è stato più e più volte superiore all’altrove immaginato poiché mi sono trovata dentro, ma proprio dentro, un posto straniante, ancestrale, primitivo e maschile, forte e granitico, di quei territori che t’abbracciano con potenza d’odori, d’intensità di presenza, insomma in maniera primitiva che intriga, cattura, destabilizza e stravolge le coordinate con cui si è tessuti e con le quali sei arrivato per costringerti a fartene di altre, non a sovrastrutturare quelle che possiedi, bensì a fartene di nuove. E’ ciò che può far nascere un amore travolgente e rasentare tanatos, morte/rinascita di potenza inaudita. Quanto all’emozione dinanzi all’Armilungo, fallico roccione che con la sua imponenza è il guardiano naturale di Orsomarso, beh è da provare direttamente; sta lì a segnare anche il tempo su un immaginario quadrante che da ere ed ere sembra abitare Orsomarso. Ho potuto riflettere molto in quel territorio, soprattutto sulla contemporaneità che vive la crisi della Cultura e la crisi dell’Uomo, sulla poesia civile che s’è fatta aliena al pianeta terra, la denuncia -ove appaia- è bugiarda o cattiva e distruttiva eppure, come afferma la Prof.ssa Rossella Del Prete:” La creatività continua ampiamente a dimostrare di essere fondamentale per la qualità sociale e lo sviluppo economico dei territori. Design e cultura materiale, moda, architettura; tecnologie e software dell’informazione e della comunicazione (ICT), branding, pubblicità, teatro, cinema radio, televisione ed editoria e poi l’industria del gusto, l’arte contemporanea, il patrimonio culturale, la musica e lo spettacolo dal vivo sono alcune delle declinazioni della creatività e dei lavori ad essa connessi; le imprese creative -come ancora riferisce la Prof.ssa Del Prete dell’Università del Sannio- generano circa il 6% delle ricchezza prodotta (oltre 90 miliardi) e valorizzano una filiera produttiva di oltre 250 miliardi di euro. La cultura, per l’Italia tutta, è un formidabile attivatore di economia come si può leggere quest’anno nel Rapporto annuale di Fondazione Symbola e UnionCamere ‘Io sono Cultura’, che continua ad attestare il valore crescente del Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC) che nel 2021 corrispondeva a 88,6 miliardi di euro corrispondenti al 5,6% del valore aggiunto italiano e un valore accresciuto di + 1,8% nel 2022. Il Settore Culturale e Creativo, dunque, offre lavoro a quasi un milione e mezzo di persone, cioè quasi il 6% dell’occupazione totale. Si tratta di una filiera oggi molto complessa in cui operano soggetti privati, pubblici e del terzo settore (275.318 imprese e 37.668 organizzazioni no-profit” . E’ l’UMANO, dunque, che va ricostituito. Le opere d’arte totali, come amo chiamare i piccoli comuni, non si donano a noi solo come fonte di bellezza e piacevolezza intrinseche ad esse stesse – quanto piuttosto quali veicoli, strumenti preziosi, mezzi di conoscenza di noi stessi attraverso una più intima indagine e comprensione di tutto quanto vi ha inscritto lo stesso territorio fisico e quanto vi hanno inscritto le generazioni che ci hanno preceduto, il tutto di umano, sociale, fideistico, religioso, architettonico, artistico e via di seguito mettendolo a disposizione dei contemporanei perché se ne possano nutrire. Bella è stata la testimonianza del giovane Sindaco di Orsomarso, Alberto Bottone che ha voluto fortemente il Festival e questo genere di Festival e lo ha testimoniato anche con l’ onnipresenza, finanche nelle belle Conversazioni che si sono tenute sulla Torre dell’Orologio, luogo già quello pregno di presenze che arrivano dalla notte dei tempi, 115 scalini da scalare ripidamente fino al cielo per dominare il susseguirsi di vette. Così il Tutto diviene fertile dialogo tra i tempi e gli uomini dei tempi; questo è l’umanesimo di cui auspico l’avvento, non cattedratico, non teorico, ma semplice, se stesso piuttosto che risultante di congetture. L’ umanesimo che sa sondare le proprie profondità e le proprie superfici, le esperienze, le relazioni, le autentiche interconnessioni, la sintonia, l’empatia, lo scambio e la preziosa condivisione. Insomma sono stata dentro la Calabria, la regione abbracciata da due mari, che poi è uno solo e possente della sua millenaria storia, il Mediterraneo. La Calabria, sorta di penisola della penisola italiana, alla quale vi si approda via mare da tre lati e via terra dal suo nord; la Calabria regione femminile in cui si approda fisicamente e spiritualmente; Calabria emblema, divinità antica e bella, Calabria emblema della generale condizione della Bellezza e dell’Umanità che abita il pianeta, Bellezza e Umanità sulle quali ancora pesano mani ed occhi irriverenti. Ecco perché è importante che accada che un giorno si approdi, via terra, ad Orsomarso (come in tanti altri piccoli comuni italiani) e ci si ritrovi dentro quello che il mio mentore: San Francesco chiamò: miracolo della lieta quotidiana Bellezza. Occorre però, che non si approdi casualmente, intendo brutalmente, poiché è indispensabile che prima ci si alleni in tre esercizi, in quei tre termini spirituali e culturali di cui è maestro il Prof. Claudio Strinati: la Conoscenza, il Riconoscimento e la Partecipazione. Solo attraverso quest’umana accurata ginnastica -così mi piace chiamarla- potremo dirci rispettosi di tutti i territori fisici e dell’anima che vorremo attraversare.
Ma questo, dottoressa Pagano, non è essere in controtendenza?
Detto francamente sono fortemente convinta che sia proprio questa la via maestra. E’ in questi piccoli comuni che anche un agnostico estremo potrà tornare a vedere e sentire…non sto dicendo di più e meglio…dico proprio: vedere e sentire. Oggi sono molto di moda i Cammini, bellissime esperienze, indubbiamente, MA se vissuti non sentendoli quali itinerarium mentis e itinerarium animae (viaggi della mente e viaggi dell’anima) saranno svuotati del valore che li sostanzia e saranno soltanto mere scarpinate, ginnastica fine semmai a fortificare i muscoli della nostra carne, sarà consumismo anche quello, loisir pour le loisir! Che peccato!
Perché si è detta Melusina?
Forse non ha una spiegazione razionale, esoterica, fiabesca, romantica un po’, piuttosto ha il senso del bisogno che mi abita da sempre: curarmi della Bellezza, lavorare al Cantiere della Bellezza che è presente da sempre nell’arte, nella filosofia, nella letteratura, violentate anch’esse nei tempi contemporanei. Evocare Melusina, come hanno già fatto Alvaro e Goethe, in me trova senso d’invocazione del silenzio, sentirlo quasi farsi materiale e starci dentro e colloquiare con lui senza proferir parola udibile ma attraverso ogni centimetro quadrato della mia pelle; è stare con il sé e la musica, non quella composta dagli umani, ma con la Musica dell’Universo composta dal movimento infinito dei mondi dispersi nelle galassie, per arrivare alla voce delle foreste, dei ruscelli, del vento: maestro assoluto, quindi degli animali fino alla singola cicala. Un silenzio che non accetta le cose e il possesso delle cose, vita orizzontale. Un silenzio che si fa sempre più sovrano mano a mano che si va verso la vetta e, cammin facendo, appropriarsi sempre più di una più solida consapevolezza del recupero dell’identità, scalare l’Armilungo per la conquista più bella, più nutriente, il relazionarsi davvero con sé e con le persone, quindi con tutta l’arte, che, consapevoli o no, è tutt’attorno. Ove si pensassi che la scalata è faticosa, direi a me stessa: quando mai ciò che è facile è anche affascinante? Quando mai ciò che è facile è il sale della vita? All’usa e getta non aderirò mai. La fatica nutriente ci fa stare dentro la vita, dentro i luoghi; la presenza operosa è quella che ci fa uomini e donne e vivifica i luoghi e noi stessi. Di Alda Merini desidero ricordare: le donne non solo danno alla luce, danno una certa luce. L’uomo operoso non produce solo quell’oggetto o quel prodotto, ma, insieme all’oggetto e al prodotto, conferisce alla società la sostanza più preziosa, più colma di valore. Grazie alla scalata, inoltre, sapremo non dimenticare che è sottoterra che l’uomo ha le sue radici, la dice lunga in tal senso la stratificazione di Roma come lo dicono i sotterranei di moltissime città italiane, l’uomo vi ha scritto storie davvero importanti, quel mondo è il grande forziere colmo di tesori, le vette, che nel sottoterra hanno origine, ci danno lo sguardo lungo e ossigenato. Allora se è vero che i Musei sono il serbatoio iconografico, grafico, scultoreo e pittorico, è la Natura tutta il più magistrale e sconfinato serbatoio di cui cibarsi per diventare veri esseri umani, del resto ne siamo solo una delle specie che l’abitano. Vi invito a leggere la leggenda di Melusina. Ogni piccolo territorio è una stanza di Melusina. La Calabria è una grande stanza dell’infinito Castello di Melusina.