“In Basilicata su 21 mila lavoratori impiegati in agricoltura, dai 5 mila ai 7 mila vivono in condizioni di sfruttamento. Numeri sottostimati e che arrivano anche a 12 mila se si considerano i lavoratori che ogni giorno si recano nelle zone del Metapontino o dell’Alto Bradano provenienti dalle regioni limitrofe e quindi iscritti, se iscritti, agli elenchi anagrafici di altre regioni. È un preciso modello di fare impresa che va scardinato e che mette a primo posto il massimo profitto a discapito dei lavoratori che vengono sfruttati e negati dei loro diritti di persona”. È la denuncia del segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito, dal palco della dodicesima edizione della Giornate del lavoro della Cgil Basilicata – Un mondo nuovo ieri in piazza don Bosco, a Potenza, all’incontro “Diritti in campo contro ogni forma di sfruttamento” con la partecipazione del segretario generale nazionale Flai Cgil, Francesco Mininni.
Dei 21mila lavoratori agricoli, il 30 per cento è costituito da stranieri, il 20 per cento è proveniente dai paesi extraeuropei e il 10 per cento dai paesi comunitari. “In Basilicata – prosegue Esposito – il fenomeno dello sfruttamento è ancora legato alla capacità del caporale di reperire manodopera a basso costo. Fenomeno molto diffuso nel Metapontino e nell’Alto Bradano soprattutto, dove i lavoratori sono impiegati nella raccolta dei pomodori e degli agrumi e dove il caporalato negli anni si è trasformato da caporalato italiano a etnico. Nel Metapontino c’è una grande presenza di lavoratori provenienti dall’Est Europa ed è molto consistente la presenza di donne sfruttate, vessate e costrette a subire anche violenze sessuali. Nell’Alto Bradano i lavoratori migranti provengono invece dall’area sub sahariana dell’Africa. Elemento distintivo in Val d’Agri è il fenomeno del lavoro grigio, totalmente a nero nel caso di lavoratori senza permesso di soggiorno, e riguarda soprattutto gli indiani impiegati negli allevamenti e che lavorano 365 giorni l’anno con solo 150 giornate contributive. Uno sfruttamento che è anche sociale, in quanto si tratta di lavoratori che vivono negli stessi luoghi di lavoro o in prossimità e quindi non hanno nessun rapporto con la vita sociale del paese”. Emblematici per Esposito i dati lucani relativi alle aziende iscritte alle sezioni agricole del lavoro di qualità, 124 su 3.700, di cui appena 24 nel Potentino. “Le aziende iscritte – ha spiegato – secondo la legge 199 del 2016 istituita proprio per combattere il caporalato, sono esenti dai controlli ispettivi in quanto si impegnano a rispettare i diritti dei lavoratori e ad applicare i contratti. I bassi numeri della Basilicata, evidentemente, gettano un alone sulla condotta di alcune imprese agricole. Ecco perché come Cgil chiediamo più controlli ispettivi (basti pensare che oggi un’azienda in Italia è ispezionata con una media di una volta ogni 14 anni ed esiste un ispettore ogni 40 mila lavoratori) e una maggiore adozione dell’amministrazione giudiziaria delle aziende scoperte ad abbattere i costi penalizzando lavoratori senza il rispetto dei contratti, misura che alcuni tribunali già stanno adoperando
Bisogna poi adottare un modello di accoglienza diffusa ma programmata dei braccianti stagionali migranti. È inaccettabile – ha aggiunto Esposito – trovarsi di fronte all’emergenza, come sta accadendo nel Vulture Melfese con la chiusura del centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio, così come da noi già denunciato per precise inadempienze politiche. Ancora più tenuto conto delle risorse a disposizione, ovvero i fondi Pon/Poc legalità già pronti per il villaggio di Boreano e Gaudiano a Venosa, per una spesa complessiva di 15 milioni di euro, includendo anche le risorse per il centro di accoglienza di Scanzano, i cui termini di utilizzo scadono nel 2025. Chiediamo alla Regione Basilicata, alle istituzioni e ai datori lavoro di programmare per tempo l’attività d’accoglienza che non si limiti alla stagionalità, in modo da avviare quel processo di integrazione che porti questi lavoratori a diventare nuovi cittadini italiani con pieni diritti. Non va dimenticato poi che vi è una piena correlazione tra rapporto di lavoro e permesso di soggiorno stabilito dalla legge Bossi-Fini che va scardinato. Perché può succedere che un lavoratore con regolare permesso perda il lavoro, non lo trovi nell’immediato e si ritrovi pertanto a essere irregolare e quindi soggetto a un reato amministrativo non per sua volontà, richiusi in quelli che sono delle vere e proprie, carceri, i Centri di permanenza per i rimpatri, che vanno chiusi. Quello che è accaduto al Cpr di Palazzo San Gervasio, oggetto anche di un’inchiesta giudiziaria, ne è l’esempio eclatante. Chiediamo ancora verità e giustizia per il giovane Belmaan Oussama Darkaoui, trovato privo di vita lo scorso agosto”, ha concluso Esposito.
Ed è stato proprio in riferimento all’ “indecoroso spettacolo sull’accoglienza da parte di questa regione dei lavoratori migranti impiegati nella raccolta del pomodoro nonostante i fondi Pon a disposizione” che, dal palco di Potenza, il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega, ha voluto spiegare pubblicamente le ragioni della petizione on line per chiedere al Consiglio regionale della Basilicata di cancellare la legge regionale 23/2024 che ha deciso l’incrementato di quasi il 30% dell’importo erogato annualmente ai gruppi consiliari per le spese di personale portandolo a 75 mila euro per ogni consigliere componente il gruppo, con un aumento certo della spesa annua di quasi mezzo milione di euro.
“Le criticità in regione sono tante – ha detto Mega – a partire da Stellantis dove la situazione produttiva è allarmante, tanto nello stabilimento di Melfi siamo passati da 392 mila vetture l’anno prodotte nel 2015 a 170 mila prodotte nel 2023, con una riduzione occupazionale notevole, passando da 7750 addetti a 5400. La sanità, con un tasso migratorio che ha raggiunto gli 83 milioni di euro; l’istruzione con il 28,7% di istituti che verranno cancellati con il dimensionamento scolastico; l’isolamento infrastrutturale, con continui disagi sulle strade lucane per i cantieri interminabili e nel trasporto ferroviario, nonostante il contratto di servizio con Trenitalia di 32 milioni di euro. La siccità e il mancato adeguamento dei lavori infrastrutturali alle nostre dighe sta mettendo in ginocchio l’agricoltura e a dura prova la vita quotidiana dei cittadini dei comuni della Camastra, che da mesi a giorni alterni si ritrovano senza il servizio idrico. Ed è a fronte di tutto ciò che abbiamo ritenuto ingiustificabile l’aumento delle spese dei consiglieri regionali per il personale, ancor più come primo atto legislativo del Governo regionale insediatosi da pochi mesi. Abbiamo lanciato una petizione on line per chiedere ai consiglieri tutti di fare un passo indietro: un atto di coraggio per il futuro di questa regione e per cominciare, insieme, in un continuo dialogo con le parti sociali, quel percorso virtuoso che porti finalmente a porre fine a questa desertificazione industriale, demografica, sociale e culturale”.
La manifestazione si è conclusa con l’intervista dell’editorialista di Repubblica, Massimo Giannini, al segretario generale nazionale Cgil, Maurizio Landini, su lavoro, diritti, libertà, Costituzione e democrazia.