Linea ferroviaria Potenza Foggia, Filt Cgil Basilicata: “La quotidiana odissea dei figli di un Dio minore. La Basilicata costretta a subire per una storia di altri”. Di seguito la nota integrale.
La prima cosa che pensó Carlo Levi, in quel 3 agosto del 1935 arrivando in Lucania, e precisamente nella stazione di Grassano-Garaguso-Tricarico,” come confinato politico del regime fascista, fu questa: -Cristo non è mai arrivato qui, né vi e arrivato il tempo, ne l’anima individuale, né le speranze, ne il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo”. Carlo Levi era un piemontese di Torino, chissà se nello scorrere del tempo altri piemontesi arrivando in Basilicata hanno pensato la stessa cosa. Levi arrivo da confinato, Olivetti da illuminato, altri da conquistatori di una terra che sopravvive in uno scorrere di cheta speranza, rassegnati ad essere dominati sempre da altri che vedono la Basilicata come terra di conquista o trampolino di lancio. Non sempre è stato così; la Basilicata, che nel periodo post unità ha conosciuto un periodo di splendore e sviluppo e di un’idea di riscatto, porta avanti da Lucani e non. Va ricordato che prima di Levi, e precisamente il 29 settembre 1902, la visione di questo scenario aveva scosso la coscienza di Zanardelli nel discorso finale a Potenza, con cui accusava il secolare malgoverno Borbonico dell’incuria e dell’arretratezza di un territorio in cui mancavano, tra le altre cose, strade e ferrovie. Ancora prima, nel 1892, il politico meridionalista Giustino Fortunato e l’economista Carlo de Cesare spiegavano l’importanza strategica di un’opera qual è la ferrovia nel Vulture-Melfese, impegnandosi affinché anche la nostra zona fosse servita dall’infrastruttura. Il governo, infatti, aveva intenzione di far concludere la tratta ferroviaria a Vaglio o Baragiano, ma grazie all’impegno di Del Zio, dell’ingegnere Mancini e di Giustino Fortunato, l’opera venne fatta passare anche nel Vulture-Melfese. Nel 1892 venne inaugurato il primo tratto S.Venere – Rionero, mentre nel 1897 il tratto fino a Potenza. Ma tornando ancora indietro, esattamente il 25 marzo del 1882 lo stesso Garibaldi, nel suo viaggio per la Sicilia, passo’ dalla Basilicata esattamente dalla località Torre di Mare frazione, di Pisticci, dove sostò per alcune ore incontrando una delegazione lucana. L’ultima citazione è di una poesia di Scotellaro degli anni 50′ che, rivolgendo lo sguardo attraverso i binari, infino alla propria terra lucana, recita: ” hanno suonato tardi i campanelli dei muli alla fontana”, quasi a segnare la rassegnazione di una terra che insegue, la sua immobile civiltà in maniera inevitabile, il suo desolante destino. Il resto è cronaca dei giorni nostri. Le continue soppressioni, i tempi di percorrenza di treni che sono gli stessi da anni, se non addirittura dilatati. Quel sogno di Zanardelli di Fortunato del comitato per la ferrandina a Matera che vedeva la Basilicata percossa in lungo e in largo dalla ferrovia a scartamento ordinario o ridotto, è stato cancellato da logiche di profitto, senza rispetto per l’ambiente e per le persone. E così capita che su quella tratta voluta fortemente da Fortunato, che barattò il passaggio per Melfi Rionero in cambio di legno proveniente dal vulture per fare le traversine, e che ha una storia ultracentenaria, oggi venga sostituta da bus che da Foggia arriva a Melfi, per scendere e prendere un bus che da Melfi arriva a Potenza, pagato con il contratto di servizio di Trenitalia che prevederebbe il passaggio di treni. Una follia tutta lucana che pare non indignare più neache il neo assessore Pepe, probabilmente rassegnato ad un corso degli eventi che deve scorrere in questa maniera, perché così è da sempre, che diventa impossibile modificare. Levi parlava di un popolo lucano rassegnato a essere dominato citando la storia di Melfi, una città vittima delle storia; 23 marzo del 1528 l’Italia era ormai terra di contesa tra i Francesi e l’impero asburgico e Melfi, governata allora dal principe Giovanni Caracciolo, si trovò ad essere, suo malgrado, il campo di battaglia di un durissimo scontro che vedeva contrapposta la Francia e il vicereame di Napoli. Si trattava di una lotta apparentemente ad armi pari che sarebbe culminata nell’assedio di Melfi e nella sconfitta del Caracciolo. Se, infatti, sulla carta, entrambi gli schieramenti sembravano disporre degli strumenti per la vittoria, nei fatti non fu propriamente così. Dopo aver seminato il terrore nella vicina Puglia, le truppe francesi avanzarono verso la Basilicata. L’evento sarebbe stato ricordato come la Pasqua di sangue. E così Melfi si trovò a pagare un dazio salatissimo per una storia di altri che non conoscevano nemmeno. Oggi la Basilicata si trova dover subire i disservizi sul proprio territorio per una storia di altri. La produzione Trenitalia e’ Pugliese, la manutenzione è Pugliese il direttore è a Bari, la direzione Fal è Bari, la direzione RFi è a Bari, l’Azienda del trasporto urbano di Potenza e Matera è Pugliese. Il presidente di Cotrab e di Anav sono pugliesi. Come nella storia di Melfi i lucani sentono distante la politica come i propri dirigenti, costretti a lavorare e pagare le tasse loro malgrado per una storia di altri. Leggere Levi o Scotellaro è attuale oggi più che allora. Non ci resta che berci un buon bicchiere di vino, come fece Levi di fronte l’ignoranza di Don Luigino, Podestà di Galiano.
Luigi Ditella segretario generale