Film “Cabrini”, Basilio Gavazzeni: “Un’occasione che non era da perdere”. Di seguito la nota integrale.
Un bel colpo messo a segno dal cinema religioso Cabrini che, coronato da un vasto successo americano, viene distribuito in Italia dalla Dominus Production di Federica Picchi Roncali. Sceneggiatura, colore, interni ed esterni, musica e canzoni, inquadrature e sequenze, ineccepibili: è un film non solo di sicuro mestiere, ma anche di spiccata qualità. Gli interpreti, la protagonista e le comparse selezionate con accortezza, di prima e seconda fila, sino alla più umile, ne innalzano i pregi. Su tutti si staglia Cristiana Dell’Anna, con un volto puro che si avvicina alle fattezze più divulgate della santa patrona degli emigranti. Giancarlo Giannini è un credibile papa Leone XIII, realista, eppure conquiso da una religiosa implacabile nel chiedere l’approvazione del suo sogno missionario. Dalla prima inquadratura, con il bambino disperato che, tra una folla intesa alle proprie faccende, spinge avanti la carretta con la madre in fin di vita, alla vana ricerca di un soccorso, all’ultima con l’immensa New York ripresa in campo lunghissimo come se rappresentasse il mondo intero cui la Cabrini si protende a portare la speranza, Alejandro Monteverde non produce una sola immagine a perdere. Corrisponde fedelmente al ritmo inesorabile di un’esistenza che, nella realtà storica, fu governata da una marcia instancabile sotto il vento di Dio.
Il film del regista messicano è agiografico, ma senza indulgere a stilemi di maniera. Scrivere, come ho letto su Avvenire di domenica, che c’è davvero poco della religiosità che mosse la suora di Sant’Angelo Lodigiano, mi pare ingeneroso. Con luci e ombre, per di più. Ma quali ombre, vivaddio ?! Lo slancio della fede in Cabrini promana già dalla silhouette accollatissima dell’interprete nella nera divisa con la corona alla cintura ideata dalla santa per sé e le consorelle. La prontezza, poi, alla compassione verso i miserabili della metropoli americana è la perfezione della misericordia praticata e inculcata ai discepoli da Gesù Cristo. E la giustizia sociale in cui sfocia, a cui tenacemente mette a disposizione mente cuore e mani, è autentico Vangelo. Prettamente evangeliche sono la semplicità come di colomba e l’astuzia come di serpente cui la Cabrini dello schermo ricorre per realizzare i suoi progetti, raccogliendo denaro e scardinando la renitenza del timoroso arcivescovo di New York e l’odiosa opposizione delle autorità locali avverse ai pur sfruttati emigranti italiani. Non mancano alla protagonista momenti di intensa interiorità e, citando le parole dell’originale, l’esplicito riconoscimento che, debole, può tutto nel Signore. Non deve dispiacere che Cristiana Dell’Anna impersoni un’ esemplare figura del genio femminile, locuzione di Giovanni Paolo II spesso abusata dalla retorica, lesinando in concreto sul rispetto dei diritti e dei carismi della donna. Quando alla conclusione del film, il sindaco di New York che, a lungo, ha osteggiato l’ospedale della Cabrini, convinto a una resa conveniente dalle sue scaltre argomentazioni, le dichiara : Peccato che lei sia donna, sarebbe stato un grande uomo, e lei risponde : No, un uomo non potrebbe fare quel che facciamo noi, in sala esplodono gli applausi. Così è accaduto lunedì sera al Red Carpet di Matera, per quanto gli spettatori fossero poco più di una quarantina.
Un numero esiguo, se si pensa alla pubblicità fattane dall’Ufficio diocesano delle Missioni presso le parrocchie. Era l’occasione di conoscere una santa le cui opere si sono dilatate planetariamente. Occasione perduta dai nostri cattolici che, secondo tradizione, ingrossano le file delle processioni, dietro i santi di un santorale forse più soggetto al cristianesimo sociologico che illuminato dalla fede , troppo chiuso in confronto alle feste e alle varie memorie dei santi cui ci educa la Liturgia aperta all’universalismo. Nell’inverno della fede che attraversiamo, la devozione ai santi non dovrebbe costituire una manifestazione folclorica una tantum, ma un’espressione sempre irraggiante e generativa di redenti. Quando si pensa ai santi, ci si sente ardere da grandi desideri, sosteneva san Bernardo. Le gesta dei santi dovrebbero puntellare le catechesi troppo smorte. Si provi a curare il bullismo incipiente nei bambini con gli esempi dei santi. Nel vuoto delle case dove si acquatta l’impulso ad annientare se stessi e i propri cari, introduciamo l’ammirazione per i santi. A detta di papa Giovanni XXIII, i santi lasciano sempre un segno dove passano. Chi, l’altra sera, ha raccolto l’immaginifica e vivida testimonianza di Cabrini deve mettere a frutto la lezione della grande santa, la sostanza, non gli accidenti, scriveva ancora il Papa Buono, insomma la potenza divina del bene.
Basilio Gavazzeni