Nei primi di settembre un gruppo di esponenti del mondo progressista lucano ha lanciato un appello alle istituzioni locali della regione, invitandole a raccogliere la sfida proveniente dal Collettivo di Fabbrica ex GKN di Campi Bisenzio, da oltre tre anni in assemblea permanente all’interno dello stabilimento. Oggi, il Collettivo è alle prese con il tentativo di opporre, alla desertificazione del sito, un progetto di reindustrializzazione di iniziativa operaia, attraverso la costituzione di una Cooperativa di lavoratori, la GFF, che si propone di produrre cargo bike e pannelli fotovoltaici a bassissimo impatto ambientale e paesaggistico.
Parlare di GKN significa, a tutti gli effetti, parlare di indotto Stellantis. Lo stabilimento toscano, infatti – finché attivo – produceva semiassi perlopiù destinati al sito lucano della ex FCA – FIAT, oggi Stellantis, di Melfi ed è, pertanto, inevitabile collegare le sorti del primo al nostro territorio e al nostro indotto industriale.
Sono migliaia le lavoratrici e i lavoratori lucani, tra sito centrale e indotto, sommati a quelli della ex GKN, che rischiano di essere condannati a perdere il lavoro, come conseguenza delle scelte di delocalizzazione e produzione della multinazionale francese. Già oggi, il sito lucano ha perso oltre 6.000 posti di lavoro, tra questi, molti riferiti all’indotto.
Le lavoratrici e i lavoratori dell’indotto ex GKN si trovano, oggi, a vivere una fase decisiva della loro vicenda, che rischia di esaurirsi in un assurdo paradosso: una fabbrica senza un progetto industriale ostacola un progetto industriale cui manca una fabbrica.
Il 30 settembre scorso, l’obiettivo di un milione di euro in azioni popolari, lanciato dal Collettivo di Fabbrica, è stato ampiamente raggiunto e superato. Più di 1,3 milioni di euro in azioni utili alla creazione della Cooperativa GFF, che vede tra gli azionisti anche quattro tra operaie e operai lucani. Un progetto di reindustrializzazione nato da una mobilitazione creativa ed intelligente, che oggi rischia di sfumare nell’immobilismo o quanto meno nel incomprensibile attendismo delle istituzioni locali, Regione Toscana in primis. Quest’ultima, infatti, tarda a fornire risposte pure doverose.
A questi temi si è riferito l’incontro svoltosi il 28 giugno scorso, quando una delegazione di lavoratori lucani, accompagnati dal Sindaco di Melfi, hanno incontrato il Presidente del Consiglio regionale toscano, Antonio Mazzeo (peraltro nostro corregionale), per sollecitarlo all’approvazione della Legge regionale di iniziativa operaia per la creazione di consorzi industriali, fondamentale per impedire speculazioni immobiliari e agevolare insediamenti produttivi veri. Dall’impegno preso per l’approvazione della Legge, entro il 30 luglio, ad oggi, nessuna attività è stata proficuamente svolta.
Si colpisce l’indotto, per smantellare il resto, proseguendo indisturbati verso la dismissione dell’intero settore automobilistico italiano.
Cos’altro deve accadere in Italia e in Basilicata perché si colga la portata del baratro cui siamo davanti? Quando le comunità e le istituzioni locali comprenderanno la necessità di resistere e reagire a scelte catastrofiche assunte altrove ed indifferenti al destino dei nostri territori?
Man mano che passano i mesi, l’appello di settembre precisa il suo significato: fare a Melfi come a Campi Bisenzio, vuol dire costruire una straordinaria mobilitazione di tutti i soggetti sociali, politici ed istituzionali impegnati a difendere il lavoro. E’ questa l’unica strada perché si possa salvaguardare, oggi e domani, le condizioni per l’esistenza in vita della nostra stessa regione e delle articolazioni essenziali su cui si regge il suo tessuto sociale, civile e produttivo.
Ott 28