Museo Demoetnoantropologico nei Sassi di Matera, Pasquale Doria (Matera Civica): “Scongiurare abbandono e sperpero di fondi pubblici”. Di seguito la nota integrale.
Prima di chiedere che fine abbia fatto, indichiamolo senza sbagliarci. Fermo da tempo a livello di suggestione, è tuttavia giusto chiamarlo con il suo vero nome e non con fantasiose invenzioni lessicali. Il riferimento riguarda il museo Demoetnoantropologico. Un’aspirazione che viene da lontano e già delineata nel corpo dei programmi attuativi della legge che disciplina il recupero dei rioni Sassi, la 771 del 1986.
L’area interessata comprende una vasta parte di Casalnuovo, nel Caveoso, che nel tempo si è ridotta sempre più fino a sfumare in una chiusura e in un nulla di fatto del cantiere fissata lo scorso 18 dicembre del 2023. Poco altro si conosce. Eppure, non mancava un buon sostegno finanziario, così come previsto dal Cis, il Contratto istituzionale di sviluppo ideato a sostegno delle attività collegate a Matera capitale della cultura, oltre 2,5 milioni di euro. A proposito, che fine hanno fatto gli altri 80 milioni che era ancora possibile drenare, appunto come da contratto, per corroborare il programma che avrebbe dovuto essere completato a valle del 2019? Li abbiamo definitivamente persi?
Siamo alla fine del 2024 ma, nel caso specifico di Casalnuovo, all’orizzonte non si scorge alcuna novità, magari a partire dalla necessità di attivare la ovvia competenza di un team di esperti antropologi. Insostituibili figure a sostegno del progetto che avrebbe dovuto raccontare in termini generosi il lungo cammino e l’evoluzione della millenaria storia maturata in un grande bacino di cultura e civiltà come quella del Mediterraneo.
Men che meno sono disponibili notizie sulla costituzione di un Comitato scientifico per la regia complessiva degli interventi. Una cabina di pilotaggio a cui affidare l’attuazione di processi dinamici, capaci di dilatare l’orizzonte turistico e di coniugarlo a fattori culturali proiettati oltre la funzione museale. Connubio di diverse esigenze tramite attività di ricerca e incontro in grado di coordinare momenti d’integrazione e di partecipazione di ampio respiro, azione proiettata quindi oltre la comunità materana. Di più, a tratti, si è sentito parlare anche di una Fondazione per la gestione, l’organizzazione di mostre temporanee e un preciso programma annuale. Ma, ancora una volta, non si hanno notizie di dettagliati piani di gestione che possano coinvolgere il Ministero competente o eventuali collaborazioni con altre realtà operative e rodate già presenti a livello nazionale.
Intanto, i lavori sembrano conclusi. Così è stato fatto intendere a valle di un sopralluogo con i consiglieri comunali avvenuto circa un anno fa. Occasione in cui venne opportunamente fatta notare la necessità di non lasciare i luoghi recuperati abbandonati a se stessi, ma di assicurare una vigilanza pur di non vanificare il lavoro che ha interessato gli ambienti recuperati. Inutile aggiungere – così come fu fatto presente allora – che, a questo punto, una gestione sperimentale, anche se temporanea, potrebbe cogliere in tempi non biblici il doppio obiettivo della fruizione turistica, nonché di utile test attivo, così da programmare con equilibrio e lungimiranza il futuro.
Chiaramente, il Commissario prefettizio non è il detentore di chissà quali magici poteri ma, chissà, bruciando le tappe segnate da tragiche incertezze del passato, si pensi al mancato collaudo, potrebbe tentare di avviare un programma in grado di esplicare pienamente le indubbie potenzialità del Demoetnoantropologico. Potrebbe – l’abuso del condizionale è d’obbligo – concretizzarsi già la prossima primavera, magari dialogando proficuamente anche con l’annunciata nuova direzione dei Musei affidata a Matera. Non sembra impossibile e soprattutto si propone come tentativo che certamente unisce più che dividere, un bisogno assoluto in città, forse anche più delle attività di fruizione attiva a Casalnuovo.
In ogni caso, esistono. Ci sono luoghi in cui si avverano incontri speciali. Accade lì dove il tempo si fa spazio. La questione non è nuova, ma sappiamo di musei fatti bene, dove passione e buona organizzazione si sommano. Il sogno si avvera lì dove non prevale una fugace gita tra oggetti e luoghi caratteristici, ma in quei posti in cui s’impone l’irrinunciabile opportunità di partecipare a una sorta di eternità che è possibile quasi toccare con mano e soprattutto rivivere insieme. La migliore esperienza che facciamo in un percorso che non si svolge mestamente all’obitorio e neppure al camposanto dell’ovvio si sottrae naturalmente al già visto. In fondo, non si tratta tanto di visitare, piuttosto di sentire e vivere un luogo in cui ritrovarsi in una fitta trama di relazioni, emozioni e saperi.