Pasquale Doria (Matera Civica): “Di pessimo auspicio le fiamme che minacciano la scuola materana, luogo di elaborazione della coscienza personale e sociale”. Di seguito
Non ispira buoni auspici il nuovo anno annunciato dall’incendio scoppiato nel cantiere della sede del Liceo Classico in viale delle Nazioni Unite. Episodio vagamente premonitore e, per rimanere nel mondo dell’istruzione, in qualche modo riconducibile all’ardere di un altro particolare falò, un accorpamento scolastico cittadino riguardante 1500 iscritti alla scuola dell’obbligo. Un numero non trascurabile che tuttavia appare alquanto sbilanciato a livello quantitativo e molto meno dal punto di vista qualitativo.
Sintesi drastica. Accade all’interno di una singolare cornice urbana, luogo che lascia sullo sfondo gli antichi rioni Sassi mentre, più in alto lo sguardo si proietta oltre via Lucana, in direzione opposta, verso la collina di Lanera. Contesto in cui spicca una triade di volumi costituita dal monumentale Palazzo Lanfranchi, dalla massiccia sede dell’Amministrazione provinciale e dall’edificio scolastico Padre Giovanni Minozzi.
Colpisce l’aspetto abilmente modellato dell’ex Seminario, più lieve e luminoso, come si addiceva alle architetture di fine Seicento, oggi tornate a nuova vita in qualità di prestigiosa sede museale. Severe, dal punto di vista cromatico e per via dell’uso di materiali lontani dal tufo, le altre due costruzioni. Testimoniano il trionfo dei mattoni in cotto. Una storia, la prima, che va avanti dal 1929 e che porta il nome di un educatore importante, ma non è bastato a tutelare il riconosciuto ruolo di emancipazione pedagogica svolta in città. Analoga sorte, nel senso di tramonti impensabili solo qualche anno fa, la subisce l’ente Provincia, declassato nelle sue funzioni di governo a livello territoriale.
Declassamenti e dimensionamenti. Ma poi, esiste davvero un numero ideale d’iscritti per istituto, dal momento che le scuole elementari Giovanni Minozzi e quelle delle medie Nicola Festa saranno accorpate a quella di Giovanni Semeria? Rispetto al dato numerico, in realtà, non sembra emergere chissà quale scelta di politica scolastica che consiglia una razionalizzazione a tutto spiano centrata sul risparmio della spesa. Tormentone insufficiente a distogliere lo sguardo da parametri distanti dai processi che irrobustiscono l’impresa educativa, parametri più vicini alla solidarietà piuttosto che a esaltare manie di competizione a scapito delle relazioni umane. Relazioni necessarie a garantire i processi di apprendimento, diritto irrinunciabile in una scuola in cui non si confondano i ruoli dei docenti con quelli dei manager, i criteri educativi con quelli vagamente aziendali.
Non è certo casuale e non va trascurata la preoccupazione della Federazione Logopedisti: un italiano su tre è analfabeta funzionale. Ovvero, un terzo della popolazione non possiede più le abilità necessarie a comprendere del tutto e a usare le informazioni quotidiane che ha sua disposizione. Un’allarmante regressione, insomma. Al punto tale da rendere attuale più che mai una citazione di Rocco Scotellaro: «l’analfabetismo esiste, trae origine dall’insufficienza della scuola, opera come fattore qualificato della inferiorità civile ed economica della regione».
I tempi cambiano, eppure si discute della impellente necessità di una nuova alfabetizzazione, che non consiste solo nella capacità di leggere, di scrivere e fare di conto. È specialmente una forma di educazione permanente strettamente connessa alla tenuta sociale e all’educazione ai diritti civili, di qualunque individuo e di ogni comunità. Un diritto spesso negato anche a livelli d’istruzione superiore, percezione netta quando in città si prova a ragionare sul ruolo dell’Università della Basilicata.
In piena transizione digitale è decisivo superare il divario tra chi dispone di mezzi adeguati, e quindi matura maggiori competenze, rispetto a chi non è sostenuto nel concretizzare il superamento di molteplici divari. In questo specifico ambito, i temi dello sviluppo sociale ed educativo, poi, suscitano più di qualche perplessità se finanche i gap materiali appaiono insormontabili.
Basterebbe pensare alle bibliche attese riguardanti il completamente del Campus universitario a Lanera, l’odissea della riqualificazione del padiglione Stella, la Casa dello studente, oppure alla devastante vicenda della mensa universitaria realizzata, inaugurata e, purtroppo, da anni consegnata a un desolante stato di abbandono. Di più, in una condizione di oggettiva debolezza, è davvero pensabile che l’istituzione Unibas possa gestire con pubblica efficacia operativa la Biblioteca provinciale di Matera? Niente di ufficiale, per carità. Ma, al contrario delle nefaste fiamme del Liceo classico, l’effetto di simili proposte non è forse quello contrario, ovvero di spegnere il rogo di un legittimo ardore riducendo una serie di battaglie di civiltà a una triste fiammella di candela, mentre la cera si consuma e la luce si fa sempre più fioca? Tanto quanto basta per non mollare e credere con giudizio in una comunità che non ha nessuna intenzione di rimanere al buio.