Il tumore del colon accelera nei giovani. Di seguito il 6° intervento del nuovo ciclo di appuntamenti con il dottor Nicola D’Imperio per “Medicina Live”, il nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Il cancro del colon è sempre più frequente e sta raggiungendo, nelle statistiche, un triste primato: il primo posto tra tutti i tumori. Il cancro del colon retto è in crescita numerica tra i giovani e, addirittura possono crescere più rapidamente di quanto avviene in quelli insorti in età avanzata. Questo è quanto sostiene uno studio italiano condotto da Ifom e dall’Oncologia Falk dell’ospedale Niguarda di Milano e pubblicato su Cell. Questa teoria apre nuovi scenari sulla diagnosi precoce e potrebbe portare ad un ripensamento, se non un annullamento, degli attuali programmi di screening diffusi ormai in tutto l’ambito nazionale. Il gruppo di ricerca, coordinato dai professori Alberto Bardelli e Salvatore Siena, ha integrato competenze di genetica molecolare, bioinformatica ed oncologia medica per analizzare le caratteristiche biologiche di queste neoplasia. Lo studio ipotizza che, nonostante i tumori giovanili del colon seguano lo stesso percorso genomico di quelli ad insorgenza tardiva, il loro sviluppo ed evoluzione potrebbero essere più rapidi con conseguenze disastrose per la sua cura radicale, per la sopravvivenza e i risvolti psicologici e sociali, se si considera che si tratta della fascia di età che decorre dai 18 ai 40 anni. Secondo il prof Siena, docente di oncologia medica all’Università degli Studi di Milano, se questi tumori nei giovani crescono con una velocità superiore alla norma, potrebbero sfuggire ai normali protocolli di prevenzione che scattano ai 50 anni di età se il paziente non ha familiarità di primo grado e 10 anni prima se, al contrario, qualche consanguineo è stato affetto da cancro del colon. Qualcuno ha già proposto di anticipare l’età di chiamata allo screening, ma potrebbe non essere sufficiente perché, l’attuale screening è una prevenzione secondaria mirata alla diagnosi precoce del tumore e alla diagnosi ed asportazione endoscopica del suo precursore (almeno nel’85 dei casi), il polipo adenomatoso, la cui trasformazione da benigno in maligno potrebbe anche essa, verosimilmente, essere accelerata. Si è sempre sostenuto, negli ambienti della ricerca scientifica, che un polipo benigno di 1 centimetro impiega anni, forse 10, per la trasformazione in tumore maligno. Ma questa ipotesi non ha potuto avere delle chiare prove perché non sono studi che possono mettersi in atto per motivi deontologici; più facile è studiare l’evoluzione del polipo verso il tumore in laboratorio, ma non sempre il modello animale è estrapolabile all’uomo per motivi genetici e di meccanismi di difesa. Nel caso che si volesse studiare, nei giovani, una supposta accelerazione dei tempi di trasformazione da polipo benigno a cancro, lo studio diverrebbe ancora più complesso e di difficilissima attuazione. I ricercatori del Niguarda propongono nuovi approcci allo screening basati sulla biopsia liquida e su testi genomici avanzati per stimare l’età del tumore e strategie diagnostiche più avanzate. Vediamo di cosa si tratta. La biopsia tradizionale, detta anche tissutale, consistere nel prelevare un frammento del tessuto neoplastico ed esaminarlo al microscopio dove viene fatta la diagnosi di tumore in base all’architettura cellulare. La biopsia liquida viene così chiamata perché viene invece eseguita sul sangue, quindi attraverso un comune prelievo di sangue in cui si ricerca e si analizza il DNA tumorale o le cellule neoplastiche metastatiche, cioè quelle che si sono staccate dalla fragile architettura tumorale e si distribuiscono nel sangue andando poi a colonizzare in particolare gli organi “filtro”, il fegato ed il polmone. Attualmente la biopsia liquida viene utilizzata solo per seguire e monitorare l’evoluzione del tumore e avere quindi informazioni utili per valutare l’efficacia di una terapia oncologica, un po’ come si fa anche con i markers tumorali attuali. Inoltre la biopsia liquida non è invasiva, consistendo in un semplice prelievo di sangue e quindi può essere ripetuta periodicamente.08:25
Attualmente la biopsia liquida ha applicazione solo per monitorare alcuni tumori, come quello del polmone e quello del seno, in particolare in oncoterapia. Molto promettente è lo studio Pathfinder, in corso, con l’arruolamento di più di 6000 persone per un periodo di 30 anni, che sta indagando sulle possibilità diagnostiche della biopsia liquida, in particolare si cerca di rintracciare nel sangue i primi segnali di tumore, rendendo così la diagnosi precoce. I primi risultati sono veramente incoraggianti e hanno dimostrato la positività nell’1,4 % delle persone e nel 40% di questi si è ritrovato un tumore iniziale, confermati con i metodi diagnostici tradizionali. Il 40% è ancora basso per poter essere un test diagnostico precoce, ma sicuramente i miglioramenti tecnici aumenteranno questa percentuale sino a rendere la biopsia liquida di utilizzo affidabile. I test genomici avanzati consistono nei nuovi studi intergenetici che riescono ad analizzare oltre 350 geni nelle malattie che, come il cancro del colon, hanno anche origine genetica. Anche questi sono in fase di rapido sviluppo.