Basilio Gavazzeni: Paul Claudel, hélas! Di seguito la nota integrale.
Ricorrendo 70 anni dalla morte di Paul Claudel (1868-1955) è uscito il libro Claudel ou la conversion sauvage di François Angelier, edito in Francia per i tipi di Salvator. Me ne accorgo per caso, sfogliando in ritardo Avvenire del 23 febbraio. Nulla che già non sapessi affiora nella presentazione del valoroso Roberto Righetto perché della vita e dell’opera del grande scrittore francese conosco pressoché tutto. I lettori di Sassilive ricorderanno che quando Notre Dame, rinverginata, è stata restituita a Parigi, alla Francia e al mondo, ho proposto appunto il racconto di quella memorabile conversione avvenutavi il 25 dicembre del 1886, Natale, al canto del Magnificat.
Nel paginone di Avvenire il non meno valoroso Giuliano Vigini offre la traduzione di alcuni stralci di Ma conversion (1913) dello stesso protagonista. Righetto en passant afferma che L’annuncio a Maria di Claudel drammaturgo è il più grande dramma sacro contemporaneo assieme a Miguel Mañara di Oscar Milosz. Anche Vigini lo cita fra le opere maggiori di Claudel. Mi stupisce, tuttavia, che entrambi i critici ignorino Le Soulier de Satin (1924), opus mirandum come lo definì lo stesso drammaturgo. Il dramma è poco noto in Italia. Hans Urs von Balthasar, uno dei massimi teologi cattolici del Novecento, lo tradusse mirabilmente in tedesco. Joseph Ratzinger che, per il suo tramite, lo lesse nella giovinezza, ne valorizzò alcune intuizioni nella classica Introduzione al Cristianesimo.
Le Soulier de Satin è una sfida al teatro. La sua rappresentazione integrale realizzata in Francia e in Germania richiede nove ore. È un dramma monstre che io conosco perfettamente perché, vent’anni fa, con una buona dose di improntitudine se non di follia, l’ho tradotto alla meglio e, negli anni, l’ho ritradotto almeno una decina di volte e, periodicamente, ne ho ripreso e rifinito la versione che, ora, non sono più in grado di migliorare con il mio bagaglio culturale e, comunque, mi sembra almeno decente. Nessuno si meravigli: Claudel è difficile, e tradurre è un’operazione infinita. Per casualità, proprio in questi giorni, una persona me l’ha estirpata dal geloso cassetto. Sono cinquecento pagine in cui ormai c’è semplicemente da mettere qua e là alcune parentesi tonde alle indicazioni sceniche.
Ma chi è questo Paul Claudel di cui Benedetto Croce, Carlo Bo e gli intellettuali di sinistra ostacolarono l’ingresso nella cultura italiana? Il poeta Giovanni Raboni, gran traduttore di Marcel Proust, di Charles Baudelaire e di altri sommi scrittori francesi, ricordando la fulminea risposta di André Gide a quelli che gli chiedevano chi fosse, a suo avviso, il più grande poeta francese d’ogni tempo: Victor Hugo, hélas! (Victor Hugo, purtroppo!), alla domanda: dunque chi è il più grande poeta francese del Novecento, passando in rassegna parecchie facce, per esempio quelle di Valéry, Apollinarire, Ponge, Éluard, Char, Bonnefoy, rispondeva: Ma alla fine, per quanto mi riguarda, non ho dubbi: il più grande è lui, il massiccio, l’enorme, l’ingombrante Claudel! Paul Claudel, hélas! Ne riparlerò un’altra volta.