Si è svolto nel tardo pomeriggio nella sala convegni della Camera di Commercio a Matera è l’incontro-dibattito sul tema “Il diritto a partecipare per orientarsi nel futuro – Matera Città d’Arte e di cultura – Una sfida per la comunità” organizzato dal Movimento Civico “Marcia per la Cultura e il Lavoro”.
I lavori sono stati introdotti e coordinati da Eustachio Nicoletti, segretario Spi Cgil Matera.
Il documento è stato realizzato con il contributo di Loredana Paolicelli per La Casa della Cultura; Marianna Dimona per il turismo culturale; Michele Saponaro per i comitati di quartiere e servizi pubblici collaborativi, Michele Di Gioia per sport e terzo settore, Lorenzo Rota per Urbanistica e Rioni Sassi e Leo Montemurro per le Attività Produttive.
Il Movimento Civico La “Marcia per la cultura e il lavoro”, al quale aderiscono rappresentanze del mondo sindacale, imprenditoriale, professionale, associativo, personalità della cultura e liberi cittadini, preso atto che:
con la decadenza del Consiglio Comunale di Matera, e l’insediamento del Commissario Prefettizio, si è aperta una nuova strada di costruzione politica e programmazione del futuro della città;
la “Marcia” si è fatta portatrice, sin dal 2018, di iniziative volte a dare consistenza e forza al ruolo di “Matera-città d’arte” attraverso il potenziamento delle infrastrutture culturali, della ricerca ed innovazione, dell’accessibilità e del “governo” dell’accoglienza turistica;
ritiene che la ricerca del bene della città passi attraverso la costruzione di futuro con:
• proposte organiche di inclusione sociale, culturale, economica, che rimettano in funzione l’ascensore sociale e generazionale, aprendo prospettive di lavoro e serenità alle sue generazioni più giovani e qualificate, quelle che quel futuro dovranno vivere ed a loro volta continuare a costruire: qui, a Matera, in Basilicata;
• la valorizzazione di aspirazioni, abilità e saperi della sua comunità da un lato, e di vocazionalità, qualità e patrimonio della città fisica e del suo contesto ambientale dall’altro.
L’impegno collettivo fin qui profuso consente di individuare i seguenti orientamenti:
• Una città, per definizione è innanzi tutto un luogo di costruzione della storia di una comunità; e Matera ne è un esempio millenario, ormai riconosciuto a livello internazionale; ma ad una storia si riesce a dare continuità solo se la collettività se ne fa carico “da protagonista”, quale “soggetto” di costruzione di futuro, e non “oggetto” di scorribande altrui;
• Il protagonismo “civico” dei cittadini va perseguito attraverso il coinvolgimento quale fine degli spazi di tutte le componenti sociali, economiche, culturali della comunità, salvaguardate da perniciosi padrinaggi politici, narcisismi e/o egoismi d’interesse, ma aperte a coraggiose innovazioni;
si manifesta in particolare nella produzione di beni e servizi, nell’innovazione, nella formazione e ricerca, nella valorizzazione culturale-turistica, nell’inclusione e nel welfare sociale, nella qualità della vita e della città, nelle interconnessioni territoriali e di sistema.
Nel perseguimento di tale fine emerge in tutta la sua rilevanza il ruolo delle associazioni culturali, sindacali, datoriali, sportive, ambientaliste, sociali, dei comitati di quartiere, che nella condivisione di questa linea d’azione e d’impegno per la città di Matera e nella disponibilità a collaborare sinergicamente hanno elaborato un documento da sottoporre all’attenzione di partiti e movimenti in vista della campagna elettorale per l’elezione del sindaco e del Consiglio comunale nella prossima primavera.
Dopo anni di impegno costante, è giunto il momento per il Movimento Civico “Marcia per la cultura e il lavoro” di dare contenuti programmatici puntuali alle istanze perseguite e disattese da governo nazionale ed amministratori comunali, provinciali e regionali che in questi anni si sono succeduti.
Si è proceduto pertanto a redigere un documento che si articola in Manifesto/Appello, una serie di schede risultatodella riflessione collettiva che ha investito il Movimento e una conclusione.
Di seguito il testo integrale
MANIFESTO/APPELLO MATERA–CITTA’ DEI SASSI
Matera si è resa protagonista, nei decenni passati, di una straordinaria operazione di rivitalizzazione della sua parte più antica, con i Rioni Sassi trasformati, dopo l’abbandono degli anni ’50, in una “città accogliente”, recuperata nella complessità delle sue funzioni.
Operazione che ha visto protagonisti i cittadini materani, che sono tornati ad abitare quegli antichi rioni, e a riattivare le funzioni compatibili con la “città antica”: un “progetto di comunità”, una vera e propria “rivoluzione culturale”, miracolosa sintesi di cultura, politica, economia, ecc. della quale Matera può andare fiera.
L’uso distorto dell’attrattività turistica dei Sassi sta però oggi facendo degenerare la città antica in un “parco a tema” (una “Disneyland contadina”).
Va quindi fermata la deriva del mordi-e-fuggi, che “consuma” il patrimonio e compromette qualità e vivibilità della città senza un ritorno economico e di lavoro di qualità. In tal senso va fortemente tutelata anche la funzione residenziale, minacciata dall’uso accentuato commerciale dei luoghi, quasi che una città antica abitata non sia d per sé un “insediamento culturale”.
E’ urgente pertanto adottare politiche culturali e di gestione dei Sassi e del Centro storico, in ottemperanza alla lettera e allo spirito della legge n. 771/86 e dei suoi Programmi Attuativi.
Con questo “Manifesto-Appello” si chiede alle forze politiche e ai candidati per la carica di sindaco e di consiglieri comunali di:
1. mettere in campo le indispensabili politiche (incentivi-disincentivi) di iniziative e delle attività per tutelare il patrimonio e la qualità della vita nei Sassi e nel Centro storico, facendo tesoro di quanto si sta sperimentando nelle “città d’arte” italiane, alle prese con gli stessi problemi;
2. dare attuazione integrale agli impegni derivanti dal riconoscimento/Unesco, che individua in Matera e nel suo prospiciente altopiano murgiano una città che “illustra un numero significativo di stadi della storia dell’umanità”, ben al di là dellaprevalente valorizzazione della “città rupestre”;
3. mettere in relazione la città con il suo interland e l’intero territorio regionale per la promozione di un turismo colto, che ne sappia apprezzare il valore di “paesaggio culturale”;
4. potenziare le “infrastrutture culturali” della città (Musei, Biblioteche, Archivi, ecc.), al fine di tutelare e valorizzare la storia e la cultura del territorio, a partire dal il Museo Demo-Etno-Antropologico, “istituzione culturale” che paradossalmente, nella “capitale contadina” del Mezzogiorno d’Italia, non si è ancora riusciti a realizzare;
5. assumere precisi impegni per la conservazione, ricerca, valorizzazione e divulgazione del patrimonio artistico e della creatività della comunità materana e lucana che con il 2019 ha avuto modo di esprimersi, valorizzando l’immagine culturale della città (“brand”), e promuovendo “lavoro buono” e gratificante per i nostri giovani, ben oltre l’impiego nel settore legato al turismp; e costruirecosì“nuovo futuro”.
Si confida che le potenzialità culturali già espresse in questi ultimi anni della città possano così assicurare anche all’intero territorio regionale concrete prospettive che scongiurino il “declino”.
SCHEDE TEMATICHE
Scheda n. 1
La carta per MATERACittà d’Arte e di Cultura
Per dare continuità ai risultati raggiunti nell’anno di Capitale Europea della Cultura, è necessario che Matera venga riconosciuta e si riconosca una Città d’Arte e di Cultura nel rispetto delle regole e degli obblighi che ne derivano, cogliendone i benefici relativi.
Per questo è necessario pensare alla definizione della CARTA per MATERA che impegni tutti nella tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e ambientale anche come risorsa economica di pregio, rafforzando il ruolo dei musei come principali testimonidell’identità della città d’arte, ed approntando procedure urbanistiche che tutelino la permanenza dei residenti nel centro storico, accrescano la qualità dell’offerta turistica, incentivinola formazione culturale e professionale diretta ad assolvere i compiti di recupero, conservazione, valorizzazione e governo di questo tipo specialissimo di città.
L’esperienza di MATERA – CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019, se ha generato aspettative e potenzialità per rilanciare lo sviluppo socio – economico di Matera e della Basilicata, non ha però inciso sulle percentuali e parametri di reddito medio, disoccupazione, povertà, spopolamento ed emigrazione intellettuale rilevanti e strutturali rispetto, non solo a quelli dei paesi europei, ma anche a quelli nazionali e per alcuni versi anche a quelli meridionali; perché possa diventare motore trainante l’economia del territorio non solo cittadino, occorre intanto recuperare i ritardi accumulati nella realizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali.
Un esito di più ampio respiro futuro che dovrebbe prevedere:
• la pianificazione e la programmazione per trasformare il patrimonio in valore aggiunto e leva di sviluppo economico strutturato;
• il coordinamento e le sinergie tra i livelli istituzionali comunali, regionali, nazionale;
• la volontà politica a costruire approcci e momenti di condivisione partecipata con le parti sociali, le associazioni datoriali e culturali sulla programmazione e sulle scelte per un successo di lungo periodo.
Una necessità inderogabile, perché MATERA – CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019 non resti una OCCASIONE PERDUTA, impegna a ragionare sulle problematiche che continuano ad influenzare negativamente la condizione complessiva della Città di Matera e di tutta la Basilicata.
Per questo è fondamentale che Matera acquisisca definitivamente una identità di Città d’Arte e di Culturaper diventare punto di riferimento per la creazione della filiera turistica in grado di coniugare l’arte con la tecnologia, il design e l’innovazione per favorire l’evoluzione competitiva dei sistemi economici locali.
Cultura, creatività e innovazione, possono costituire il motore dello sviluppo economico e sociale soprattutto se si interviene su tutta FILIERA della CULTURA (turismo, commercio, trasporti, attività immobiliari, marketing e pubblicistica).
Perché questo si determini è necessario costruire una governance del settore, strategie che focalizzino il prodotto turistico nel suo complesso, politiche per favorire un’occupazione stabile e regolare, pianificazioni ed investimenti nel lungo periodo.
In particolaresi segnalano quattro fondamentali punti di partenza:
• Museo Demo-Etno-Antropologico(concretizzazione della “Istituzione Museale”);
• Biblioteca Provinciale T. Stigliani ed Archivio di Stato (soluzione dei problemi strutturali, organizzativi e gestionali);
• Rete dei contenitori culturali (monitoraggio, completamento ed avvio funzionale delle attività creative e culturali in varie parti della città).
• Parco delle Chiese Rupestri (tutela e fruizione controllata);
Scheda n. 2
RIONI SASSI
Salvaguardia dell’identità, ripresa della progettualità
I Rioni Sassi vivono oggi una “paradossale” condizione identitaria e funzionale: dopo essere stati, per oltre un trentennio, il “motore” che ha avviato la straordinaria avventura di Matera “città di arte e di cultura”, oggi vivono in una situazione di “sofferenza” identitaria e funzionale, che ne compromette la qualità del “patrimonio” e della vita all’interno di esso.
E’ del tutto evidente che sia necessario riprendere a programmare, pianificare, intervenire per ridare un assetto più equilibrato alle modalità di tutela e fruizione del “Centro Storico-Sassi”.
Va innanzi tutto ripristinata la funzionalità dell’Ufficio Sassi Comunale, organismo che la L.n.771/86 pone a base della programmazione, monitoraggio e controllo degli interventi di recupero dei Sassi: un controllo che, alla luce di quando avvenuto negli ultimi anni, deve assumere più incisive valenza culturali (fruizione spazi pubblici, insegne, arredo urbano, materiali utilizzati, ecc.) perché si sta danneggiando pesantemente identità e qualità dell’habitat rupestre dei Sassi, fondamento “patrimoniale” della nostra città.
E vanno avviati anche programmi che risolvano alcune questioni di sicurezza, mai finora affrontati: dalla stabilità dei versanti, alla regimentazione delle acque meteoriche, ecc.
Vanno affrontati e risolti inoltre alcuni nodi giuridici che dopo 40 anni di attuazione della L.n.771/86, stanno venendo al pettine, quali quelli attinenti il regime delle concessioni e sub-concessioni demaniali.
Un’altra questione strategica che va affrontata è quella della realizzazione del “Museo Demo-Etno-Antropologico”: “istituzione culturale” che paradossalmente, nella “capitale contadina” del Mezzogiorno d’Italia, non si è ancora riusciti a realizzare, nonostante decenni di idee, progetti, Concorsi, che hanno visto per protagonisti intellettuali dello spessore di Rocco Mazzarone, Giovan Battista Bronzini, Armando Sichenze e così via.
Infrastruttura/Museo che, com’è noto, ha avuto varie vicende di approfondimento culturale, programmatico e progettuale nell’arco di più decenni, e per la quale è comunque disponibile un “Documento d’Indirizzo” (2009), redatto da un prestigioso Comitato Scientifico Internazionale (Pietro Clemente, Roberto De Mattei, Jochim Pais De Brito, Ferdinando Mirizzi, Florence Pizzorni).
“Documento” che è oggi una “risorsa”, da valorizzare, approfondire, aggiornare, e che contiene pregevoli spunti di “modernità” nell’approccio museale scientifico e didattico/divulgativo: un museo come “memoria in movimento” (Pizzorni).
Il tempo trascorso ha purtroppo fatto disperdere molto del patrimonio testimoniale di quella “civiltà, o cultura contadina” che he stata la matrice dell’insediamento urbano dei Rioni Sassi, fino all’ultima fase del degrado sociale ed insediativo, crudamente descritto da Carlo Levi.
Per fortuna, molti privati cittadini, per amore di quella cultura, hanno salvato dalla dispersione quelle testimonianze, materiali ed immateriali, alcuni organizzandole in densi “musei privati”, ma aperti al pubblico, con funzione di “attrattori culturali” sul tema della civiltà contadina.
Ed anche l’Università ha provveduto ad acquisire e studiare testimonianze “immateriali” di quella cultura, e lo stesso Museo Nazionale Ridola ha di recente istituto una “Sezione demo-antropologica”, della sua organizzazione museale.
Serve assolutamente ora realizzare l’Istituzione Culturale “Museo Demo-Etno-Antropologico” (DEA), che organizzi la “messa in rete” delle iniziative private esistenti, acquisisca i materialigià di proprietà pubblica, od altri che moltiprivati probabilmente affiderebbero ad una Istituzione Pubblica siffatta; promuovendo così la documentazione, su basi scientifiche, delle vicende, tradizioni, usi e costumi della “civiltà contadina” che ha riempito d’umanità i Sassi nell’ultimo secolo della sua sofferta sopravvivenza.
La Marcia per la Cultura ed il Lavoro si è molto impegnata su tale questione negli ultimi anni, ed è riuscita anche a creare le condizioni “istituzionali” perché il disegno suddetto si concretizzasse: con la “Tavola Rotonda” pubblica (settembre 2021 – Piazza San Francesco) organizzata in occasione della Festa della CGIL/2021, alla presenza del Sindaco, del Direttore Generale dei Musei del MIC, di un rappresentante della Regione Basilicata, nella quale è stato preso l’impegno di fare, del realizzando “Parco della Civiltà Contadina” a Casalnuovo, la sede istituzionale del Museo DEA: impegno ribadito nella successiva “Conferenza di Servizi “(novembre 2021), che ha posto le basi per la costituzione di una “Fondazione Museo DEA”, partecipata da Comune di Matera, Regione Basilicata, MIC.
Purtroppo l’inerzia amministrativa non ha consentito di portare a compimento tale impegno istituzionale, ed oggi anche il “Parco della Civiltà Contadina” è entrato nel novero dei mesti “attrattori turistici”, peraltro mai aperto al pubblico.
La prossima Amministrazione Comunale dovrà assumere con impegno questa iniziativa, per dare finalmente a Matera, un Museo DEA chedocumenti con completezza, e rigore scientifico, le radici storiche della sua “civiltà contadina”.
Scheda n. 3
LA CASA DELLA CULTURA
Riflessioni per un dibattito sul futuro delle attività culturali nella città di Matera
(Nota di Loredana Paolicelli, presidente e direttore artistico di “ARTErìa”)
Cosa potrebbe succedere in una famiglia se non avesse una casa dove vivere, operare e far crescere i propri figli?
Il concetto di Casa ha radici profonde in qualsiasi luogo del mondo. La casa è nido, la casa è creatività, intimità, luogo di pace e di conflitto. La casa è il luogo del fare, dell’inventare, del cambiare e del rinnovare, un luogo di ordine e disordine.
Sono concetti intimi ed astratti allo stesso tempo, per definire cosa potrebbe succedere se nella nostra Città di Matera, già Capitale europea della Cultura nel 2019, dovesse continuare a mancare una Casa della Cultura.
Oggi non c’è un luogo dove produrre, crescere, tentare, ordinare e disordinare, incontrarsi, mangiare e dormire insieme, inventare e rinnovare progetti, che siano culturali o sociali.
La mancanza di “luoghi “ in città che possano designare e disegnare il nostro futuro culturale, può solo significare che manca senz’altro una “eredità” tangibile di quella tensione comune, di quella Città / Regione che si appropinquava a diventare il centro ed il modello culturale dell’Europa negli anni 2010/2020, decennio di progettazione e di processi attivati da istituzioni, associazioni, sindacati, comunità della Basilicata, comitati di quartiere, fondazioni, etc. per ottenere un “titolo” che rimane ormai nella storia già millenaria di questo territorio.
Questa tensione comune, oggi senza “Casa”, è stato un processo di crescita emotiva, che ha commosso e smosso profondamente la nostra comunità, vergogna nazionale degli anni Cinquanta, svegliatasi dal silenzio metafisico in cui stava e inventatasi molteplici iniziative sul piano sociale, culturale, artistico, turistico.
Matera oggi è altro da sé, antropologicamente parlando.
Ma parliamo adesso di cosa fare e di come, cercando di riparare al grande errore politico degli ultimi trenta anni a Matera e Provincia.
Mettere in piedi la Casa della Cultura (il simbolo di tante Case del sociale, dello sport, della musica, del teatro, della danza, del cinema, delle associazioni di volontariato) significherebbe prendersi “cura” finalmente di chi per anni ha determinato l’humus culturale e sociale di questa città.
Significherebbe creare un Bene Comune; significherebbe Ri-Abitare le periferie, i rioni Sassi, il centro storico, la provincia, non solo con attività prettamente produttive e ricettive ma anche con spazi che diventano “attenzione comune” dei quartieri e delle parti della città dimenticate da Dio e diventate dormitori ormai da decenni.
Per esempio: far sì che la Casa della Cultura possa diventare l’ex Casa dello Studente di via Lazazzera potrebbe essere una idea da percorrere per diverse associazioni culturali a tutto tondo. Un luogo già destinato all’Università e che darebbe dignità a molti artisti, intellettuali e ricercatori, esperti del territorio, musicisti, attori e via dicendo. Un luogo dove attivare “eventi” ma soprattutto “interventi” sul territorio attraverso residenze, masterclasses, conferenze, foresterie per giovani, un luogo straordinario e multifunzionale, uno stabile da polilaboratorio (per traslare il termine poliambulatorio!) dove ci si cura l’anima e si solleva il livello di attenzione sulla cultura ad ampio spettro.
Ultima valutazione che mette il dito su questioni pericolosissime per noi tutti promotori e operatori culturali.
Le soluzioni sociali per combattere il degrado passano anche attraverso la “volontà politica“ di mettere le mani in pasta a questioni dolorose che vanno affrontate per spalleggiare famiglie in stato di bisogno.
Come offrire, ad esempio, una “Casa “ di quartiere, un luogo che diventi simbolo di legalità, degli spazi verdi dove ricreare aggregazione e comunità dall’infanzia alla terza età con giochi, orti, convivio comune, discussioni, libero sport, e tutto ciò, attraverso le attività di associazioni che nella vita fanno proprio questo: aggregare e far sognare.
Il sogno è una meta che non possiamo abbandonare noi stessi, né possiamo precludere alle nuove generazioni oggi nichiliste (come dice il filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti), tendenzialmente rassegnate e qualunquiste in una vita sociale “liquida” senza punti fermi come anche il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman sottolineava. Manca la seconda Casa dove riconoscersi nuovi e crescere all’insegna di cose operative da fare, da imparare e da inventare.
Sintesi del discorso: per un futuro migliore che ci veda uniti culturalmente, socialmente, politicamente, sociologicamente è necessario sapere “dove” stare. Le piccole piazzette adiacenti a nuovi spazi, potrebbero creare tante piccole comunità, collocate in modo lecito, ordinato e creativo in una comunità più grande, che in fondo dei conti è l’intera nostra Matera.
Scheda n. 4
TURISMO SOSTENIBILE
IDEE, PROPOSTE E VISIONE
La sfida futura della Città sarà quella di generare reddito ed occupazione, ma anche cultura, attraverso un “turismo sostenibile”, che veda tutta la comunità partecipe in questa nuova avventura. Pertanto, superare il conflitto che si crea tra operatori turistici, cittadini e turisti dovrebbe essere il primo punto su cui lavorare seriamente della nuova amministrazione.
A tal fine bisogna progettare un piano turistico sostenibile e responsabile a breve, medio e lungo termine, affinchè la città di Matera non perda la sua millenaria vocazione, non peggiori la qualità della vita dei suoi cittadini, ma continui calorosamente ad accogliere i turisti nel segno della nostra tradizione e della cultura della città.
Fondamentale sarà innanzitutto la dotazione delle infrastrutture essenziali per lo sviluppo di questo ambizioso progetto.
Il piano turistico dovrebbe svilupparsi su due macro obiettivi paralleli:
1- Incremento del soggiorno medio.
2- Destagionalizzazione.
IDEE e PROPOSTE
Vista l’attuale vocazione di Matera, lanciata economicamente verso il turismo e la ricettività, constatata la mancanza di una rete ferroviaria efficiente e verificato che oltre il 95% dei turisti arriva in città attraverso il trasporto su gomma, si impone la necessità, risulterebbe logico, per un efficiente sviluppo responsabile e sostenibile del progetto di dotarsi di queste indispensabili infrastrutture:
• “Terminal bus” unico ed organizzato, autostazione provvista di marciapiedi, stalli e pensiline, visualizzatori di partenze e arrivi, biglietteria, sala d’aspetto, servizi igienici, infopoint;
• Grande Parcheggio Turistico per auto e bus,integrato con il sistema di trasporto pubblico (TPL) su gomma e/o ferro (Metrotranvia) che permetterebbe a Matera la decongestione dell’attuale traffico cittadinoe la salvaguardia dall’inquinamento atmosferico. Infrastruttura che potrebbe ospitare, tra l’altro, l’incoming, il visitor center e tutti transfer cittadini, anche in partenariato con il privato (servizi e spazi commerciali, espositivi o di co-working).
• Area attrezzata per i pic-nic/camperdecentrata con annessi tutti i servizi ricettivi di prima necessità (info point, incoming, bagni, bar, taxi, navette, bus urbani, noleggio bici, assistenza ai mezzi, ecc…).
Naturalmente, queste dotazioni logistiche vanno integrate da:
• ZTL e strade pedonali, come punto di arrivo e non come punto di partenza, in un ampio progetto sostenuto da servizi ausiliari, infrastrutture e parcheggi;
• Organizzazione del traffico cittadino e introduzione della tassa d’ingresso per demotivare ed impedire di saturare le strade delle zone centrali;
• Nuovo piano di viabilità cittadina, incentivando l’utilizzo delle biciclette e di mezzi alternativi all’auto, incentivando la realizzazione di nuove piste ciclabili.
• Implementazione del trasporto pubblico da/per Matera, aeroporto, stazione F.S. e i paesi lucani.
• Tutela e valorizzazione del Parco della Murgia e delle Chiese Rupestri.
Ripristinare l’ambiente originario lì dove compromesso dai lavori che hanno coinvolto una parte del Parco Murgia che hanno portato ad un consumo di spazio ed una alterazione irreversibile del paesaggio, compromettendo negativamente le caratteristiche uniche e speciali del parco stesso. Riorganizzazione della sentieristica, quale unica modalità di visita del Parco, previo accordo con una parte dei proprietari dei terreni presenti all’interno dei confini del parco stesso; ed inoltre messa in sicurezza degli attuali sentieri, e creazione di mappe dettagliate.
Controllo e ticket (cifra simbolica di 2 o 3 euro, gratuito per i lucani) per gli ingressi nel Parco, necessari per sostenere le spese per i servizi forniti ed in qualche modo
selezionare i visitatori, con introduzione dell’obbligo di accompagnamento da parte di una guida per gruppi numerosi.
Pulizia periodica del Parco, e monitoraggio dei livelli di inquinamento dei torrenti Gravina e Jesce. Destagionalizzazione: implementando, programmando e pubblicizzando attività culturali ed eventi durante i periodi di bassa stagione; storicizzando manifestazioni, feste, sagre, fiere, festival, ecc…; creando un sistema di “mercatini” tematici temporanei che promuovano e valorizzino sia i prodotti a km 0 enogastronomici, artistici, di antiquariato e di artigianato, che il territorio;
• Delocalizzazione:
pubblicizzareitinerari turistici alternativi coinvolgendo i rioni e le aree periferiche con itinerari studiati e proposti a seconda delle diverse esigenze (gite scolastiche, trekking, mountain bike, fotografici, artistici, pittorici, naturalistici, religiosi, urbanistici, ecc..) e con la creazione dispazi espositivi e di aggregazione sia all’aperto che al chiuso, nonché di laboratori di artigiani ed artisti.
• Creazione di attività, laboratori ed esperienze per i visitatori, attraverso la collaborazione con attività locali, associazioni e scuole. Incentivare cosìil turismo culturale, lento ed eco-sensibile ed “esperienziale”.
Lotta all’abusivismo che caratterizza il settore, per dare positiva immagine di ordine e sicurezza agli ospiti.
• Creazione di una “Tourist Card” a prezzo vantaggioso, per permettere l’utilizzo dei mezzi pubblici e consentire a prezzo convenzionato e scontato l’accesso a luoghi di interesse e la partecipazione a laboratori ed eventi culturali;
• Educare i cittadini e le nuove generazioni alla cultura, all’ecologia ed alla sostenibilità, come un proficuo investimento sul lungo periodo, attraverso il coinvolgimento e l’interazione con le scuole e le associazioni, la creazione di laboratori, escursioni, didattica ad hoc in modo tale da avere in futuro giovani concittadini già in
grado di tutelare e valorizzare l’immenso patrimonio artistico e naturale che avranno a disposizione.
INFRASTRUTTURE MATERIALI E IMMATERIALI
a) Infrastrutture materiali
Rappresentano i prerequisiti fondamentali per lo sviluppo turistico.
Bisogna pertanto consentire di raggiungere Matera e tutta la Basilicata attraverso un adeguato e efficace accesso alle strutture di collegamento ferroviario e aereoportuali mantenendo e migliorando il servizio NAVETTE, realizzazione il raccordo ferroviario Ferrandina – Matera e programmando il prolungamento a Gioia del Colle, migliorando il tratto ferroviario Salerno – Potenza, Potenza – Foggia e Taranto – Salerno, assolutamente inadeguato e privo di standard minimi e l’ammodernamento ed potenziamento della rete e dei rotabili della tratta ferroviaria appulo-lucane delle FAL per ridurre il tempo di percorrenza.
Per il sistema viario, vanno in particolare previsti:
• La prosecuzione della Bradanica lungo l’itinerario Bradanico-Salentino) in direzione di Mottola-San Basilio (Taranto – Salento)
• raddoppio della SS7 – Ferrandina/ Matera;
• il potenziamento del collegamento Matera-Metaponto.
b) Infrastrutture digitali
Da considerare vere e proprie AUTOSTRADE per lo sviluppo produttivo in grado di rivoluzionare un territorio e supporto fondamentale per la promozione e la governance del turismo.
L’ottimizzazione dell’HUB di San Rocco può rappresentare una opportunità fondamentale per sviluppare le attività imprenditoriali attraverso la realizzazione di un vero e proprio laboratorio della tecnologia mobile di ultima generazione sfruttando le sue potenzialità per accelerare lo sviluppo dei servizi innovativi necessari al rilancio dell’economia del nostro Paese grazie al forte impulso per l’Internet of Things.
Scheda n. 5
SISTEMADIWELFARE LOCALE
Con l’elezione a Capitale Europea della Cultura 2019 nella città di Matera si è innescata una dinamica incrementale dei prezzi dibeni e servizi che in una prima fase ha riguardato i servizi più direttamente connessi alla filiera del turismo e al mercato immobiliare e al mercato delle locazioni e si è poi propagata anche ai cosiddetti prodotti ad alta frequenza di acquisto.
Si è registrata una progressiva erosione del potere d’acquisto dei redditi fissi da lavoro e da pensione, talché sempre più famiglie rischiano di essere sospinte in situazioni di marginalità economica e sociale.
Fondamentale si presenta la sottoscrizione di un Protocollo d’intesa da partiti, soggetti istituzionali e rappresentanze sociali per costruire un sistema di welfare locale rispondenti:
• al criterio della integrazione dei servizi sociali, educativi e socio-sanitari ;
• alla definizione di misure e azioni tese a migliorare la qualità di vita e di salute delle fasce deboli della popolazione, ed assicurare ai medesimi non solo un sostegno economico e sociale, ma anche opportunità concrete di aggregazione, promozione culturale, intrattenimento e svago.
Si propone:
Osservatorio comunale dei prezzi
condiviso da Amministrazione comunale e OO.SS. e con il coinvolgimento delle Associazioni datoriali, professionali, commerciali e dei Consumatori.
La finalità deve essere quella di consentire ai cittadini di conoscere l’andamento dei prezzi dei beni di più ampio interesse collettivo attraverso un “paniere” elaborato in sede locale sulla base della reale composizione del tessuto sociale materano
“Politiche delle entrate e della fiscalità ”
• Un allineamento del sistema di imposte e tributi locali ai principi di progressività e perequazione sociale.
• attivare misure di esenzione e/o riduzione del prelievo fiscale a favore di quella parte di popolazione che versa in condizioni di disagio economico e sociale,con particolare riguardo ai pensionati e alle persone anziane.
• recuperare risorse da destinare alla implementazione di interventi in campo sociale, attraverso la lotta all’evasione e all’elusione fiscale
Ambito socio territoriale e distretto della salute
• L’implementazione dei Piani Intercomunali sociali e sociosanitari dei nuovi Ambiti Socio Territoriali costituisce uno snodo fondamentale del processo di costruzione di un sistema integrato di servizi sociali;
• La costruzione della rete territoriale attiene all’integrazione “socio sanitaria” superando l’attuale rigida separazione tra assistenza sociale e sanitaria.
Promozione e valorizzazione dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni”
LA LEGGE REGIONALE N. 29/2017 – “. Nonni civici e altre attività di interesse collettivo:
• Per l’implementazione degli obiettivi si attivino sul territorio una iniziativa ed una progettualità diffusa attorno alle direttrici dell’”Apprendimento permanente”, “Prevenzione e benessere”,“Cultura e tempo libero”.
• Coinvolgere i NONNI CIVICI ad essere chiamati a svolgere le attività (stazionamenti scuole, vigilanza giardini, ecc.)
Trasporto urbano
• fondamentale strumento di inclusione nella vita sociale e culturale del paese;
• essenziale eliminare quegli ostacoli, principalmente di natura economica, che si frappongono ad una piena fruizione di tale servizio;
• rimodulare le fasce attuali di riduzione delle tariffe del servizio pubblico di trasporto urbano e istituire una fascia di esenzione per i nuclei familiari dei pensionati;
Cure termali
• facilitare l’accesso alle cure termali, per motivi terapeutici adeguatamente certificati, alle persone anziane a basso reddito;
• preservare e salvaguardare il buono stato di salute e favorire l’integrazione, la socializzazione ed il miglioramento della qualità della vita delle persona anziane e dei pensionati;
Sicurezza
La sicurezza è un diritto per tutti icittadini. Un diritto fondamentale in quanto condizione di effettività per tutti gli altri diritti;
• La sicurezza è anche avvertire, la percezione di sentirsi sicuri. Prevenzione;
La condizione abitativa
• La situazione delle case nella città di Matera è diventata più fragile per settori sociali più esposti sotto il profilo economico (giovani, anziani, famiglie con figli che vivono in condizioni di privazione;
• gli affitti privati raggiungono anche il 40% del reddito familiare;
• la povertà energetica che vede percentuali della popolazione non in grado di riscaldare la propria abitazione e di disporre e di disporre di climatizzatori;
• gli sfratti per morosità sono aumentati anche perché sono stati drasticamente ridotti i fondi per il sostegno al reddito per le famiglie in affitto;
• contrastare il preoccupante fenomeno della sottrazione al mercato dell’affitto di quote significative di patrimonio abitativo destinate al mercato del b&b e case vacanze sostenute da piattaforme che facilitano l’incontro tra domanda e offerta;
Edilizia residenziale pubblica
La critica condizione della situazione abitativa necessita un importante intervento pubblico dello Stato e degli Enti Locali:
• garantire il patrimonio esistente intermini manutentivi e di riqualificazione;
• incrementare gli alloggi convenzionati e popolari;
• prevedere una sanatoria agli occupanti gli alloggi pubblici alla data in vigore della vigente L.R. n. 24 del 18/12/2007;
• rilancio delle politiche dell’affitto attraverso il finanziamento in maniera efficace degli istituti di welfare abitativo;
• pianificare a tal fine un sistema di collegamento del capoluogo Matera con i centri viciniori del suo hinterland in un sistema di relazioni proprio di una “città metropolitana” (vedi anche Potenza che utilizza le FAL come servizio metropolitano di trasporto tra comuni viciniori.
Scheda n. 6
SPORT E TERZO SETTORE
“La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.
Da qualche anno è stata trovata un’importante “sintesi” all’interno dell’articolo 33 della Costituzione: possiamo quindi ritenere che si possa oggi parlare di un vero e proprio diritto allo sport costituzionalmente tutelato.
Una educazione civica e alla cittadinanza attiva attraverso lo sport che finalmente la Carta costituzionale valorizza e che la Repubblica si impegna a tutelare e promuovere. Il contenuto dell’attività sportiva sintetizza quindi 3 ambiti molto complessi e strategici: valore educativo, sociale e di beneficio per la salute.
All’interno di questa cornice dev’essere rinnovato ogni giorno l’impegno per contribuire a promuovere una società sempre più inclusiva e sostenibile, che possa trovare le condizioni normative e le risorse disponibili per sviluppare quella dimensione dello sport di base e sociale di matrice europea, presidio di salute, partecipazione, oltre ogni barriera fisica, sociale ed economica, affinché l’attività sportiva diventi davvero diritto di cittadinanza per tutti e per tutte. Al centro di queste azione la vitalità di una comunità e delle centinaia di Asd, con migliaia di associati, praticanti, dirigenti, tecnici, giudici, volontari, già protagonisti, spesso senza rendersene appieno conto, attraverso piccole o grandi iniziative che guardano oltre quel modello per troppo tempo schiacciato su agonismo e ricerca esasperata del risultato.
Il movimento sportivo dilettantistico di base ha ormai acquisito una consapevolezza e una maturità che lo hanno portato a muoversi attraverso nuovi modelli e su nuovi paradigmi, mutuati dalle innovative opportunità che proprio la riforma del terzo settore offre. Stiamo infatti vivendo una situazione di “transito” e tutti gli operatori e operatrici dello sport di base e sociale, sono chiamati, a tutti i livelli, a essere sempre più proattivi nel rapporto con le istituzioni e i portatori di interessi. Non si tratta più e soltanto di chiedere il riconoscimento delle attività sportive in una serie di nuovi ambiti, ma di agire, attraverso lo sport, co-programmando e co-progettando, ai tavoli con le istituzioni, su tematiche più ampie e trasversali, che vanno dalla mobilità e dalla rigenerazione urbana allo sviluppo sostenibile, da una rinnovata cultura del movimento e di sani stili di vita attivi, dal contrasto alla povertà educativa agli interventi sociali più articolati e complessi, fino alla convivenza pacifica. Lo sport sociale è per tutti un terreno d’incontro, un acceleratore di confronto e crescita.
Muovendo da questa premessa, che è anche il riconoscimento di un’evoluzione costante che sta interessando il mondo dello sport, vorremmo cercare di costruire insieme una proposta credibile per la nostra città, partendo dall’analisi oggettiva della realtà esistente, fondata sulla conoscenza diretta del settore di riferimento.
La pubblicazione dell’indagine del Sole 24 ore sulla qualità della vita, che fotografa il benessere nei territori, ha messo in evidenza la marcata concentrazione delle province del Mezzogiorno nella parte bassa della classifica: Matera è all’ottantaquattresimo posto.
Tra i sei indicatori che hanno determinato la classifica finale, quello dedicato alla cultura e tempo libero, ha al suo interno l’indice di sportività: Matera si piazza al novantasettesimo posto.
Un risultato che non può in alcun modo soddisfare la nostra comunità, consapevole della necessità di aprire una riflessione matura che sia in grado di coinvolgere dal basso la base associativa e creare una nuova stagione di partecipazione nei processi decisionali delle politiche sportive della nostra città.
Lo Sport necessita di una programmazione seria, non può essere considerato sempre come una situazione da affrontare in emergenza (il riferimento non casuale è all’impiantistica sportiva della nostra città) e soprattutto, il confronto va sviluppato sui temi della dimensione culturale dello Sport e della consapevolezza del ruolo che deve avere nelle politiche pubbliche (pur non essendo lo Sport una politica pubblica). L’intersettorialità dello Sport e la sua stretta relazione con le politiche della salute, educative, giovanili, sociali, culturali, ambientali, turistiche, del lavoro, dello sviluppo, del territorio, meriterebbero una differente attenzione, per porlo al centro dell’agenda politica. Ecco qui di seguito alcuni spunti per un confronto aperto ai contributi di cittadine e cittadini:
• Riconoscere che lo sport è un’occasione imperdibile di crescita globale, di educazione e di coesione sociale. Tutti dovrebbero avere la possibilità di praticarlo ed avere pari opportunità di accesso. È un grande obiettivo di equità, a maggior ragione in una situazione che vede questo diritto messo a rischio, dall’aumento delle disuguaglianze in termini di salute, di accesso ai servizi e alle opportunità.
• Adottare Politiche di riqualificazione degli spazi pubblici: campi polivalenti di quartiere, piste ciclabili, aree verdi attrezzate, parchi gioco, urbani, piazze e strade, per promuovere attività sportive strutturate e destrutturate. Attraverso lo sviluppo dell’impiantistica sportiva (leggera) di prossimità, su cui gli enti locali devono operare in una logica di sistema con l’associazionismo sportivo (Patti di collaborazione), favorire la risocializzazione degli spazi pubblici intesi come BENI COMUNI.
• Mettere in campo Politiche di riqualificazione e di gestione sostenibile degli impianti sportivi, entro i canoni del risparmio energetico e dell’eco-efficienza, attraverso modelli condivisi tra Pubblico e Privato Sociale. Allo stesso tempo programmare la riqualificazione degli impianti sportivi scolastici e regolamentazione dell’utilizzo degli stessi, per garantire la più ampia presenza dello sport di base, delle reti sociali e del terzo settore, nell’ambito di un’educazione concepita come percorso che accompagna il cittadino attraverso tutto l’arco della sua vita, dall’infanzia all’età adulta (anziana).
• Adeguamento del regolamento di utilizzo degli impianti sportivi che garantisca, accanto alle attività di tipo competitivo, anche la presenza dello sport delle reti sociali e di terzo settore, che si concretizza in progetti sul terreno della povertà educativa rivolti soprattutto ai minori, dei programmi di inclusione delle persone con disabilità, del contrasto al razzismo e alle varie forme di discriminazione, ma anche i gruppi informali di adulti e anziani. Garantire pari opportunità di accesso alle donne (in ogni fascia d’età e anche i gruppi informali) per promuovere lo sviluppo delle attività sportive femminili.
• Promuovere Politiche di educazione alla corretta fruizione del territorio e dell’ambiente. La promozione di comportamenti consapevoli e responsabili verso l’ambiente, attraverso l’organizzazione di manifestazioni sportive ed iniziative che misurino la loro sostenibilità, che si sostanziano anche in occasione di promozione e sviluppo dei territori, in particolar modo di quelli meno conosciuti e logisticamente accessibili con maggiore difficoltà.
• Favorire politiche attive del lavoro in ambito sportivo per le giovani generazioni, creando opportunità tra domanda e offerta di lavoro (utilizzando i PCTO Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, e siglando convenzioni con Università e Istituti d’Istruzione Superiore).
Scheda n. 7
PARTECIPAZIONE
IL DIRITTO ALLA GOVERNANCE DELLA CITTA’
Il governo della Città e del Territorio è un processo integrato e complesso. Che si fonda sulla concertazione e sull’assunzione di responsabilità politiche e amministrative non delegabili; è il luogo in cui convivono le maggiori contraddizioni, ma dove i conflitti possono trasformarsi in partecipazione, dove si possono eliminare le disuguaglianze e praticare la solidarietà, il rispetto e la garanzia dei diritti, primo fra tutti il diritto alla “Democrazia”, alla “Legalità” e di conseguenza alla “Partecipazione” e alla “Trasparenza” dei percorsi e degli atti.
Le associazioni, i movimenti, gli intellettuali e i cittadini, che svolgono quotidianamente attività di cittadinanza attiva, di sensibilizzazione e di attenzione ai problemi e alle questioni legate ai diritti, alla legalità, al lavoro, alla tutela ecologica, alla qualità della vita e alla buona amministrazione di un Paese, di una città, di una comunità, andrebbero valorizzati, ascoltati e coinvolti in processi di partecipazione permanente e di decisione insieme alle espressioni del mondo economico e imprenditoriale che preferiscono, quest’ultime, trattare separatamente con le istituzioni di governo.
Per cui occorre attuare in concreto, quello che molto spesso è solo enunciato, cioè quel processo definito di “governance”. Processo cui dovrebbero partecipare tutte le articolazioni della società con le istituzioni nazionali e territoriali. La partecipazione non è un percorso semplice, ma un percorso impegnativo per tutti (cittadini e istituzioni). Essa deve prevedere un percorso fatto di: comunicazione, proposta, condivisione e decisione. Questo processo se condotto con rigore, con serietà porterà anche ad affermare un altro aspetto fondamentale dei rapporti tra i cittadini e le istituzioni, quello della conoscenza e della trasparenza dei percorsi e degli atti.
Un territorio da riconsegnare ai cittadini attraverso azioni e momenti di incontro, ascolto, informazione, sensibilizzazione, confronto, educazione alla partecipazione e all’assunzione di responsabilità e di decisione, prassi che deve essere inserita nello Statuto Comunale.
Azioni da svolgere attraverso incontri istituzionali, forum, consulte, osservatori, comitati di quartiere. Commissioni di studio e conferenze di servizio (specifiche e generali). Una città e un territorio per le singole persone e per le comunità, dove non esistono “diritti acquisiti particolari” se non quelli di tutti e nel pubblico interesse.
E’ fondamentale che la nascita di un processo partecipativo attecchisca effettivamente nella pubblica amministrazione e nelle sue relazioni con cittadini e categorie. E’ necessario, pertanto, promuovere una Città, una Comunità e un Territorio davvero sostenibili e inclusivi, evitando il rischio di produrre solo una simulazione della partecipazione, un tentativo di recuperare il consenso senza modificare profondamente presupposti e metodi appena eletti. E’ necessario dunque progettare la partecipazione, sensibilizzando i cittadini facendoli partecipi della risoluzione dei problemi e non imponendo scelte e soluzioni precostituite e molto spesso sconosciute.
Esempio di OBIETTIVO CONCRETO
1. RAPPORTO SUL COMITATO DI QUARTIERE SERRA RIFUSA
La scrivente associazione denominata COMITATO DI QUARTIERE SERRA RIFUSA ricostruita a settembre 2019.
Il nostro Direttivo formato dai rappresentanti di Serra Rifusa, Acquarium, Arco, Giada, Via dei Lucani, Associazione iscritta dal 2019 al registro Unico Nazionaledelle ODV (Runts), il nostro intento è di avereundialogo conleAmministrazioni Comunali, in merito alle problematiche dei Quartieri.
In particolarelanostraattenzioneèrivolta al PARCO INTEGRATO DI SERRA RIFUSA avviato nel 1990 dall’Amministrazione ACITO che miravaa dotare Matera di un luogo di eccellenza per lo SPORT, ILGIUOCO, e TEMPOLIBERO,secondo modelli diffusi in Europa.
Unluogo aperto alla totalità dei Cittadini, destinato acrearevaloreaggiunto neiconfrontidelta qualità della vitaedellaospitalità turistica.
ILprogetto generale,checoncentra in un’areaurbanadi16ettari diproprietà del Comune di Matera dotata di valenza PAESAGGISTICA ed AMBIENTALE, otre a numerose attività LUDICHE e CULTURALI, e difruizione NATURALISTICA,inmododafarneunluogodiattrazioneper laCittà e il territorio.
Nella parte(A) delprogettooriginaleredattodell’lng.PIEGIORGIOCORAZZA doveerastata realizzatauna piscina Olimpionicaconannessilocali spogliatoi, (vandalizzati anch’essi), modificando il progetto, l’AmministrazioneComunalehapresentato alla cittadinanza unnuovo progetto che prevedelarealizzazionediuncampodiCALCETTO,duecampiPADEL,uncampoda BASKET, aree attrezzateper CALlSTENICS, e areeLUDICHE per Bambini. Al momento nessuna realizzazioneè in corso pur avendo adisposizionefondiper 2.425.598 Euro.
L’AssociazioneComitato di quartiereSerra Rifusa, ad Aprile 2021 presentaun progetto di riqualificazionefunzionale deilocali Comunali sitiinviaDElLUCANI, chiedendo l’affido temporaneo deilocalisemivandalizzati,conimpegno aripristinare aspese dell’Associazione. IntentoeradicreareunluogodisocialitàincuisviluppareprogettidiSPORT,CULTURALE,TEMPO LIBERO. Civienenegatol’affidoinattesadelREGOLAMENTODEI BENICOMUNI (mai approvato).
NelPARCO INTEGRATO DISERRA RIFUSA èprevisto ancheun’area CAMPERATTREZZATA munita di impianto di illuminazione con servizi di carico acque bianche, scarico acque nere, e quadri per alimentazionecorrente elettrica (vandalizzati anch’essi).Sarebbe auspicabile lamessain servizio dell’area affidarlacreandopostidilavoro.E’previstaun’areaPIC-NIC, eORTIURBANIche potrebberofareda
volanoper attuarePoliticheSocialie rivolti prevalentementead anziani del quartiere.
La ScuoladiviaLUCREZIOa SerraRifusamancadasemprediPALESTRAalserviziodeglialunni e un adeguato parcheggioalservizio dei genitori. Rimane incompleta la pavimentazione dei marciapiedi conrelativaeliminazione delleBARRIEREARCHITITTONICHEinalcuneviedelquartiere.Mancano dissuasoridivelocità inviadei Peucezi direzionecentro,invia dei DaunidirezioneviaGravina, primadellarotatoriaincrocioconviaDeiDauni,inviaCadutidiNassiriya.
In ViadeiLucanimancaretefognante,ilcompletamentodellailluminazionePubblica,il rifacimento delmantostradale, ilpassaggiodel minibusnelleorediscuolaelavoro.
2. PROTOTIPO STATUTO COMITATO DI QUARTIERE
– Vista e richiamata la Costituzione della Repubblica Italiana, che all’art. art. 118 riconosce e promuove il “principio di sussidiarietà amministrativa”.
– Rilevato che in forza del suddetto principio immanente nell’ordinamento ad ogni livello, le diverse istituzioni –nazionali e locali – devono tendere a creare le condizioni che permettono in prima battuta alla persona e alle aggregazioni sociali (famiglia, associazioni, partiti) di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività.
– Rilevato che, il legislatore nazionale ha riconosciuto e potenziato il ruolo delle associazioni facenti parte del cosiddetto “terzo settore” giusta D.lgs. 117/2017.
– Considerato che la relazione tra Istituzioni Pubbliche e Enti del Terzo Settore è una condizione necessaria a garantire, in via diretta e in via sussidiaria, un adeguato equilibrio sociale, culturale, di sviluppo socio-economico, di aggregazione, e soprattutto una visione condivisa di benessere condiviso.
– Richiamato lo statuto del Comune di Matera e in particolare l’art. 5 -finalità e funzioni- in forza del quale è stabilito che:
o comma 4 “ ll Comune di Matera esercita le proprie funzioni assicurando il confronto e la partecipazione delle associazioni e delle organizzazioni sociali, economiche e sindacali rappresentative degli interessi diffusi della cittadinanza”
o comma 6 “ ll Comune di Matera esercita i propri compiti e funzioni nel rispetto del principio di sussidiarietà”.
– Considerato inoltre che in forza degli artt. inoltre l’art. 36, 41 e 43 dello statuto medesimo, il Comune di Matera, per la gestione dei servizi pubblici, adotta le forme che assicurano la migliore e più efficiente realizzazione degli stessi, ricercando anche la collaborazione con i privati mediante l’attuazione di accordi di programma, convenzioni e altre forme di collaborazione utili a svolgere in modo coordinato e con reciproca utilità funzioni e servizi determinati.
3. IL COORDINAMENTO CIVICO DEI COMITATI DI QUARTIERE DI MATERA
PROPONE:
• Il superamento e la ridefinizione dei progetti di regolamentazione dei rapporti tra Amministrazione e realtà di quartiere sino ad oggi progettati (e mai attuati) che prevedevano una burocratizzazione del rapporto quartieri Amministrazione non consona alla dinamica socio – aggregativa del territorio materano, né adeguata all’apparato amministrativo comunale ad oggi sussistente;
• Di contro, L’adozione di un Patto/Accordo quadro per l’amministrazione condivisa tra Comune, Terzo Settore e reti civiche cittadine, allo scopo di potenziare l’attuazione del principio programmatico di sussidiarietà orizzontale mediante il metodo dell’amministrazione condivisa nell’ambito della gestione dei quartieri della città;
• L’avvio di processi amministrativi istituzionalizzati, stabili, continui e programmatici, finalizzati ad una crescita dei quartieri della città (e dunque della
• città stessa nel suo insieme) attraverso la partecipazione, il coordinamento e il coinvolgimento diretto degli abitanti e delle associazioni del terzo settore attive sul territorio e nei quartieri nei vari ambiti socio-economico-culturali;
• la creazione di un’unica cornice normativa-esecutiva-attuativa per l’amministrazione condivisa degli spazi di quartiere presenti nel Comune;
• la creazione di un osservatorio permanente tra il coordinamento delle associazioni di settore ovvero le associazioni e i gruppi maggiormente rappresentativi nel Comune impegnate nell’erogazione di servizi e progetti alla cittadinanza, e l’Amministrazione comunale;
• il riconoscimento dellavalutazionee delmonitoraggio dei risultati e degli impatti delle varie azioni pubbliche e private poste in essere nei quartieri come elemento qualificante della progettazione amministrativa futura;
• l’immediata individuazione di spazi pubblici (beni immobili, spazi, aree verdi e non), anche medio termine, da destinarea sostegno della realizzazione di progetti di associazioni impegnate per la valorizzazione dei quartieri e delle attività di quartiere nell’ambito del Comune di Matera;
• la definizione e l’allargamento delle forme di sostegnoa favore della collaborazione civica nella gestione dei quartieri, mediante apposita regolamentazione (tesa a regolamentare concessione di immobili e spazi, percorsi di formazione e affiancamento, promozione dell’autofinanziamento, esenzioni e agevolazioni in materia di canoni e tributi locali, lavoro di pubblica utilità, servizio civile, tirocini, contributi).
Scheda n. 8
PROPOSTA di SERVIZI PUBBLICI COLLABORATIVI
Il forte invecchiamento della popolazione, i legami sociali che si indeboliscono, la solitudine che aumenta, i servizi pubblici che faticano nel dare risposta ai nuovi bisogni che emergono. Sono solo alcuni dei segnali della tendenza alla disgregazione sociale in atto. Esistono ancora strade che portino ad arrestare questi fenomeni e a rafforzare il tessuto sociale? Come ricostruire il tessuto sociale e prendersi cura di chi è in difficoltà?
Che ruolo può giocare la nuova generazione di servizi pubblici collaborativi che sta emergendo negli ultimi anni?
Insomma, quel che facciamo come Cittadinanzattiva, quel che vogliamo fare è già contemplato nell’articolo 3 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, approvato col citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e ss.mm.ii,
[stabilisce che gli enti locali, stante l’autonomia organizzativa degli enti medesimi, sono chiamati a svolgere le proprie funzioni secondo il principio di sussidiarietà, anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate attraverso l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali;
l’art. 8, commi 1 e ss, del ridetto Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali,stabilisce che i comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale e che i rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto;
il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 disciplina ed individua i principali strumenti di partecipazione e consultazione popolare che possono essere previsti all’interno degli statuti e dei regolamenti degli enti locali; in particolare, l’articolo 6, comma 2, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dispone “Lo Statuto stabilisce, altresì, i criteri generali ìn materia di organizzazione dell’ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento,dell’accessodeicittadini, alleinformazioni eaiprocedimenti amministrativi,(…)” mentre ilsuccessivo articolo 8,comma 3,prevede”Nello Statutodell’ente localedevonoessere previsteforme diconsultazione dellapopolazione nonché procedure perl’ammissione diistanze, petizionieproposte di cittadini singoli o associati finalizzate a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi, garantendo il loro tempestivo esame”;
la legge n. 241 del 7/08/1990 e ss.mm.ii., recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” all’art. 11 prevede per la pubblica amministrazionelapossibilitàdiconclusione diaccordiintegrativiosostitutividelprovvedimentosenza pregiudiziodei dirittidei terzi, einogni caso nel perseguimentodelpubblico interesse]
La proposta – per ora ancora implicita nelle “partecipazionattiva che andiamo sperimentando in Città – in sostanza è la Proposta di “SERVIZI PUBBLICI COLLABORATIVI”
Ci sono scuole, biblioteche, case della salute che operano anche come luoghi di aggregazione per nuove forme di comunità.
[Di comunità esistono molteplici definizioni: per gli obiettivi di questo Coordinamento, una comunità è un gruppo di persone che condividono interessi e comportamenti, creando legami sociali che influenzano la loro organizzazione.]
Ci sono case di quartiere e centri sociali e culturali che erogano anche servizi pubblici di prossimità.
Ci sono case della salute che, nella loro evoluzione, generano comunità della cura.
Ci sono poi case di quartiere e spazi culturali e sociali che, con le loro iniziative, funzionano come agenti promotori di comunità.
Nell’insieme, c’è una costellazione di iniziative che mescolano i servizi pubblici come li abbiamo sempre conosciuti con attività collaborative capaci di rigenerare il tessuto sociale, stimolare e sostenere le risorse latenti, aprire terreni di confronto politico e di democrazia sui temi della quotidianità.
Alcuni di questi esempi sono
l’evoluzione di servizi pubblici tradizionali (come le scuole e le biblioteche che si aprono al quartiere),
altri sono iniziative che operano in sussidiarietà con il Pubblico, con finalità civiche e per l’interesse generale.
Alcuni hanno già una lunga storia, altri sono emersi in tempi più recenti.
Presi uno per uno, ciascuno ha le proprie motivazioni e si confronta con specifici problemi e opportunità.
Ma, visti nel loro insieme, mostrano un carattere comune: sono l’intreccio di prestazioni professionali (fornite prevalentemente da operatori pubblici) e di attività collaborative (messe in atto dagli operatori pubblici stessi e da organizzazioni del terzo settore e gruppi di cittadini attivi).
Per delineare meglio questa loro complessa natura, vediamone più da vicino alcuni esempi.
Biblioteche, scuole, case di quartiere e non solo
1. Una biblioteca è al tempo stesso un servizio e un luogo. Un servizio perché rende disponibili al pubblico dei libri e dei materiali audiovisivi. Un luogo perché è uno spazio fisico dove leggere e guardare video, andare a ritirare libri in prestito o anche andare a studiare e a cercare socialità.
Da tempo alcune biblioteche (anche a fronte della necessità di evolvere in un mondo in cui buona parte di ciò che tradizionalmente hanno offerto può essere ottenuto a casa in forma digitale) hanno iniziato ad aggregare attorno alla loro funzione tradizionale altre attività compatibili e complementari: dai gruppi di lettura, ai cicli di conferenze; dalle attività per la riduzione dell’analfabetismo digitale, al supporto alla genitorialità con corsi per neogenitori e consulenze con esperte/i; dalle esposizioni di arte visiva, alle performance teatrali; dai doposcuola per i bambini alle attività inclusive per cittadini di origine migrante, con corsi di lingua e letture nei diversi idiomi materni. Fino all’organizzazione di momenti formativi per supportare i residenti a sviluppare capacità e competenze progettuali.
Non solo, le biblioteche più dinamiche operano anche come punti di riferimento per le associazioni culturali del quartiere. Allo stesso tempo, essendo connesse con altre biblioteche, sono diventate luoghi in cui le reti corte della cultura locale si intrecciano quelle lunghe delle iniziative cittadine e internazionali.
Evidentemente quando la biblioteca evolve in questa direzione, cambia anche il ruolo del bibliotecario: se nel modello tradizionale organizzava procedure a orari predefiniti rivolgendosi a utenti che cercavano servizi precostituiti, nel modello collaborativo non può più essere così. Quando le biblioteche diventano anche presidi culturali e sociali, il bibliotecario deve adottare un approccio flessibile e aperto. E, di conseguenza, devono essere definite nuove basi contrattuali e nuove competenze.
2. Scuole aperte al quartiere e alla società
Alcune di esse, grazie a iniziative locali e al di fuori degli orari scolastici, diventano spazi non solo per il potenziamento dell’offerta formativa a supporto agli studenti, ma anche per ampliare la gamma di servizi educativi, integrando nuove competenze e generando una varietà di iniziative culturali.
Inoltre, introducendo nuove pratiche (come quelle delle comunità educanti e dei patti educativi territoriali), diventano spazi aperti ad attori e idee che provengono dalle reti civiche e dalle organizzazioni del territorio. Tutto ciò porta a generare
una visione della scuola intesa come piattaforma di supporto a una molteplicità di attività in grado di coinvolgere studenti, genitori, insegnanti, realtà associative del loro sistema di prossimità.
[Il termine «piattaforma» viene spesso usato in riferimento alle piattaforme digitali. Qui, e in tutto il libro è invece utilizzato nel suo senso generale di «sistema abilitante»: data un’attività umana, il suo sistema abilitante è l’insieme di persone, servizi, infrastrutture, norme e quant’altro possa renderla possibile e probabile. Si veda E. Manzini, Design When Everybody Designs. An Introduction to Design for Social Innovation, Cambridge (MA), The MIT Press, 2015.]
Come nel caso delle biblioteche, anche in questo caso l’approccio aperto e collaborativo incide sulle dinamiche organizzative, sui contenuti elargiti e sul ruolo degli operatori che animano le iniziative.
Rompendo le tradizionali modalità di funzionamento, emerge la domanda di nuove competenze; evolvono le modalità di lavoro; cambiano la pianificazione, l’inquadramento amministrativo e la comunicazione; si cercano nuove configurazioni degli orari di lavoro e degli spazi (andando a incidere anche sugli spazi esterni: giardini, piazze e parchi circostanti l’edificio scolastico).
3. Case di quartiere.
In questo caso il punto di partenza è proprio la proposta di piattaforme disponibili per una varietà di iniziative di valore sociale e culturale, integrate da servizi orientati verso la soluzione di problemi concreti della quotidianità.
Molto spesso queste case di quartiere nascono in relazione all’opportunità di utilizzare infrastrutture esistenti diffuse sul territorio, trasformandole nelle piattaforme multifunzionali di cui si è detto:
presidi di comunità accessibili a persone anche molto diverse tra loro e mosse da interessi diversi e con diverse disponibilità di tempo, energia e attenzione.
a. La prima fase è allora la creazione di una piattaforma per una varietà di attività di valore sociale.
b. Una volta individuate queste attività ciascuna di esse va seguita e gestita in ragione delle sue specificità.
Ne viene, ancora una volta, la necessità di sviluppare capacità progettuali e gestionali complesse, combinando l’efficienza nell’erogazione delle prestazioni con i tempi e i modi richiesti dalla costruzione e dalla continua necessaria rigenerazione delle reti sociali.
Ognuno degli esempi ricordati all’inizio (case della salute, centri culturali, ma anche negozi di prossimità attivi sul terreno sociale [Seppur siano soggetti imprenditoriali, è utile includere nel nostro ragionamento anche i negozi che operano nella prossimità affiancando alla missione economica uno spirito di costruzione di comunità. Il fatto di essere tutte, in diverso modo, delle entità capaci di cura. E questo in opposizione al carattere dominante della società contemporanea: quello di essere diventata, per l’appunto, una società senza cura.
Una nuova generazione di servizi pubblici
Le iniziative di cui abbiamo parlato, di per sé, non sono una novità.
Se però si mettono in parallelo, e si guardano nel loro insieme, emergono significativi tratti comuni.
A. Tutti i casi osservati si riferiscono ai cittadini come soggetti potenzialmente collaborativi e agiscono di conseguenza per stimolare e supportare queste loro capacità. Pertanto,
B. ogni iniziativa combina prestazioni ben definite (come ogni servizio tradizionale) con attività che emergono dall’interazione tra i cittadini e le loro organizzazioni (operando quindi come una piattaforma abilitante).
C. Ne deriva che ognuna di esse contribuisce a costruire reti sociali e capitale sociale [È utile approfondire la correlazione tra capitale sociale e salute, riprendendo la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: per salute si intende «uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale» e non semplicemente «assenza di malattie o infermità».] e a supportare soluzioni collaborative ai problemi della quotidianità.
Gli attori principali di ciascuna iniziativa sono diversi:
– enti pubblici (come scuole e biblioteche),
– organizzazioni della società civile (come molti centri culturali e case di quartiere);
alla lista si possono aggiungere
– edicole, negozi, bar quando diventano anche luoghi di incontro, di mutuo-supporto, di socializzazione con attività di interesse generale.
In nessun caso un singolo attore può fare tutto: con ruoli diversi, e in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, ne sono sempre chiamati in causa molti e diversi.
In altre parole, l’iniziativa può partire da una scuola, da una biblioteca pubblica, da un’organizzazione del terzo settore – come è stato nel caso del Quartiere Lanera, da un gruppo informale di cittadini organizzati, dal gestore di un bar; ma, per funzionare in modo collaborativo, per produrre valore sociale e per durare nel tempo, ognuno di questi attori prima o poi ha bisogno degli altri.
D. Infine, tutte queste iniziative combinano la ricerca dell’efficienza delle prestazioni che erogano con la cura delle relazioni che permettono di instaurare [all’interazione fra tutto ciò̀ che fa parte della rete della vita]. Perciò sono esperimenti di forme organizzative complesse in cui due economie e due temporalità (quella dell’efficienza e quella della cura) trovano il modo di coesistere.
L’insieme di questi caratteri ci porta a considerare i casi cui si riferiscono (e che fino ad ora sono stati discussi separatamente, come espressione di specifici e diversi campi d’azione), come un’unica tipologia di servizi:i servizi pubblici collaborativi. [Una prima definizione di lavoro potrebbe dunque essere questa:
i servizi pubblici collaborativi sono una nuova generazione di servizi che combinano l’offerta di ben definite prestazioni (in genere erogate professionalmente da operatori specialisti) con quella di piattaforme abilitanti grazie alle quali i cittadini stessi possono collaborare tra loro e con altri attori sociali (enti pubblici, imprese, università, organizzazioni del terzo settore) per produrre valore sociale].
Il Pubblico diventa collaborativo
Riferendosi ai cittadini non solo come soggetti isolati bisognosi di supporto, ma anche come persone dotate di capacità e, potenzialmente, in grado di collaborare per risolvere problemi o aprire nuove opportunità,
i servizi pubblici collaborativi sono espressione di una nuova idea di Pubblico: un Pubblico che ha come missione anche il riconoscere, stimolare, supportare, amplificare queste risorse diffuse nella società.
Vediamo meglio. [Il Pubblico è inteso come l’ente che, tramite i servizi che eroga, offre (o dovrebbe offrire) a ciascuno la possibilità di veder riconosciuti i propri diritti sociali]. Tradizionalmente, parlandone, si è fatto riferimento all’istruzione, alla salute, alla sicurezza sociale, alla casa, alla cultura. Ora i servizi pubblici collaborativi evidenziano la necessità e la possibilità di estendere il campo, includendone uno nuovo: il diritto alla collaborazione.
Il diritto cioè di immaginare e realizzare progetti condivisi, coniugando l’interesse personale con l’interesse generale. Si tratta di
– un diritto da rivendicare perché oggi la società, l’economia e la tecnologia sono congegnate in modo tale che questa collaborazione, cioè questo fare assieme, risulta sempre più difficile, se non impossibile.
Il ruolo dei servizi pubblici si deve perciò allargare fino a comprendere e garantire a tutti la possibilità di partecipare a reti sociali e collaborare per ottenere risultati che ciascun soggetto da solo non potrebbe raggiungere. Anzi,
– se l’intenzione politica è – come dovrebbe essere – quella di ridurre le diseguaglianze, i servizi pubblici dovrebbero privilegiare le aree territoriali in cui si presentano le maggiori difficoltà, cioè quelle dove stanno le persone povere (anche) di tempo, energia e attenzione:
il tempo, l’energia e l’attenzione necessarie per costruire le reti sociali collaborative grazie alle quali la qualità delle loro quotidianità potrebbe migliorare.
In altre parole, i nuovi servizi di cui parliamo sono pubblici collaborativi perché producono ambienti favorevoli alla collaborazione, e perché danno a tutti la possibilità di farlo, ovvero di attivarsi in modo coerente con le proprie disponibilità di tempo, energia e attenzione.
Prestazioni puntuali e piattaforme collaborative
I servizi pubblici collaborativi hanno dunque questa peculiarità:
offrono prestazioni che rispondono a specifiche domande (attività verticale)
e operano come piattaforme capaci di abilitare una varietà di attività collaborative (attività orizzontale).
La coesistenza, o più precisamente l’intreccio, tra questi due modi di funzionare è dunque ciò che fa la differenza tra questa nuova tipologia di servizi e quella dei servizi pubblici cui generalmente si fa riferimento.
Ferma restando l’importanza delle prestazioni che eroga (in una scuola si deve insegnare bene e con passione; in una biblioteca si deve offrire un ricco catalogo di libri e un buon ambiente di lettura; in una Casa della Comunità si devono trovare le cure mediche richieste), è utile mettere meglio a fuoco la natura delle attività collaborative con cui queste prestazioni devono essere integrate, e le caratteristiche delle piattaforme abilitanti che le rendono possibili.
Gli esempi che abbiamo portato nei paragrafi precedenti ci dicono che
il funzionamento di queste piattaforme deriva dalla combinazione di due modalità d’azione:
1. in una la dimensione collaborativa è data dalla capacità del Pubblico di mobilitare altri attori sociali presenti e attivi sul territorio (immaginiamo una biblioteca che si offre come spazio utilizzabile da diverse organizzazioni e gruppi di cittadini attivi);
Perché la prima modalità possa essere messa in atto è necessario che nel territorio in cui si opera e in relazione al tema che si intende trattare vi siano cittadini e organizzazioni dotati non solo di buone intenzioni, ma anche delle necessarie risorse di tempo, energia e attenzione. Quando queste precondizioni ci sono, il servizio pubblico prende la forma collaborativa tipica delle politiche comunemente definite di «cittadinanza attiva», collegandosi ai cittadini che si fanno portatori delle idee e delle energie necessarie.
2. nell’altra invece è il Pubblico stesso che si fa carico di stimolare e sostenere la partecipazione attiva dei cittadini (per rimanere sull’esempio della biblioteca, immaginiamo che siano gli stessi bibliotecari che si attivano per organizzare iniziative in collaborazione con i cittadini). In questo caso, se c’è l’intenzione politica di promuovere delle iniziative collaborative, è l’operatore pubblico che si deve far carico dell’intera piattaforma abilitante e del sistema di opportunità che essa dovrebbe proporre e sostenere.
Le due modalità ora indicate sono gli estremi di un campo di possibilità in cui esse possono combinarsi in forme diverse.
In ogni caso, però, la piattaforma abilitante che ne emerge deve mettere i cittadini in condizione di essere attivi e collaborativi nei modi per loro più adatti, ovvero tali che venga loro offerta la possibilità di partecipare usando le risorse di cui dispongono. Il che rende possibili diverse forme di partecipazione: dall’attivismo di chi vuole e può praticarlo, a forme di impegno più flessibile ed episodico per tutti gli altri.
UNA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI COLLABORATIVI?
Finora – e anche come Coordinamento dei Comitati e Associazioni di Quartiere, ci siamo mossi perché l’istituzione municipale riconoscesse – nello Statuto, nella Regolamentazione, nella struttura amministrativa medesima – l’istituto della democrazia partecipata, attivandone le conseguenti relazioni istituzionali.
– Oggi, anche facendo tesoro delle resistenze frapposte da una malintesa prerogativa esclusivista degli ‘eletti’, riteniamo che tale riconoscimento possa trovare maggior peso ed efficacia proprio attraverso i servizi pubblici collaborativi:
dipendenti come sono dall’attività che pubblico e/o privato vanno quotidianamente svolgendo, evidenziano di per sé spazi e forme delle relazioni in atto e quelle potenziali; così evitando anche burocratismi e superfetazioni nominalistiche (la memoria va ai consigli di quartiere della fine degli anni Settanta, imposti dai movimenti sociali giovanili materani e immediatamente poi traviati in rifugi per aspiranti consiglieri comunali ‘trombati’!).
– In ogni caso, quelle realtà associative effettivamente funzionanti non potrebbero accettare un’idea riduttiva della partecipazionattiva: “chi fa decide!”, almeno fintanto che l’attivismo e il rispetto degli scopi ‘comunitari’ restano la bussola dell’azione civica; non soltanto, quindi, l’essere abitante del quartiere – magari nelle simpatie di qualcuno ancora in grado di condizionare la politica cittadina.
– I servizi pubblici collaborativi – riconosciuti al pari dei “patti collaborativi” – nella regolamentazione municipale della partecipazionattiva e la loro particolare incidenza nella vita di Quartiere, devono assurgere a requisito sostanziale per il riconoscimento istituzionale del Quartiere e degli organismi che autonomamente s’è dato.
RIFERIMENTI NORMATIVI
Premesso che
aisensidell’art. 2della Costituzione, laRepubblica riconosce egarantisce idiritti inviolabili dell’uomo, siacomesingolo, sianelleformazioni socialiovesisvolge lasuapersonalità, erichiedel’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
aisensidell’art.3,comma2,dellastessaCostituzioneècompitodellaRepubblicarimuoveregliostacoli diordine economico esocialeche, limitandodifattolalibertàel’eguaglianza deicittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese;
ai sensi degli articoli 114, comma 2, e117, comma 6,della citata Costituzione, nonché delcombinato dispostodicuiagli articoli 7 del decretolegislativo18 agosto2000,n. 267 e ss.mm.ii.e4della legge 5giugno2003,n.131ess.mm.ii, icomuni sonodotatidipotestà regolamentare inordinealladisciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite;
l’articolo 118, comma 4, della Costituzione, nel riconoscere ai cittadini, singoli o associati, la legittimazione ad intraprendere autonome iniziative per il perseguimento di finalità dì interesse generale, affida alle entità territoriali, e in particolare a quelle di prossimità, in cui la Repubblica si articola, il compito difavorire tali iniziative secondo il principio di sussidiarietà;
la Legge 1° ottobre 2020, n. 133, di ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, sottoscritta a Faro (PT) il27 ottobre 2005, sanciscelaPartecipazionedeicittadini allacuraealla valorizzazione deipatrimoniculturali,materiali e immateriali;
l’articolo 3 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, approvato col citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e ss.mm.ii, stabilisce che gli enti locali, stante l’autonomia organizzativa degli enti medesimi, sono chiamati a svolgere le proprie funzioni secondo il principio di sussidiarietà, anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate attraverso l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali;
l’art. 8, commi 1 e ss, del ridetto Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali,stabilisce che i comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale e che i rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto;
il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 disciplina ed individua i principali strumenti di partecipazione e consultazione popolare che possono essere previsti all’interno degli statuti e dei regolamenti degli enti locali; in particolare, l’articolo 6, comma 2, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dispone “Lo Statuto stabilisce, altresì, i criteri generali ìn materia di organizzazione dell’ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento,dell’accessodeicittadini, alleinformazioni eaiprocedimenti amministrativi,(…)” mentre ilsuccessivo articolo 8,comma 3,prevede”Nello Statutodell’ente localedevonoessere previsteforme diconsultazione dellapopolazione nonché procedure perl’ammissione diistanze, petizionieproposte di cittadini singoli o associati finalizzate a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi, garantendo il loro tempestivo esame”;
la legge n. 241 del 7/08/1990 e ss.mm.ii., recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” all’art. 11 prevede per la pubblica amministrazionelapossibilitàdiconclusione diaccordiintegrativiosostitutividelprovvedimentosenza pregiudiziodei dirittidei terzi, einogni caso nel perseguimentodelpubblico interesse;
ritenuto che
larigenerazionedeibenicomuniurbaninecessita diunprocesso diinnovazione incentratosulprincipio della sussidiarietà e sullo strumento della partecipazione attiva dei cittadini singoli e organizzati alla valorizzazione dei beni stessi ed alla loro condivisionee fruizione quale strumento di perseguimento del pubblico interesse;
il Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni materiali ed immateriali è uno strumentochedisciplina lacollaborazionetraicittadini attiviel’amministrazionefinalizzata amigliorare la fruizione individuale e collettiva dei beni comuni, attraverso la responsabilità della cura, valorizzazione sociale e rigenerazione, in attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale;
ladefinizionedibenicomunicomprendesia:
ibeni”materiali”, ovvero quelliidentificabiliinunospazio fisico, oporzioni diesso, qualiamero titoloesemplificativoma!’10nesaustivo:giardini, strade,piazze,parchi,muri,scuole,biblioteche,centri culturaliepartecipativi, manufatti da sottrarre allo statodiabbandono,pertinenze inutilizzate, edifici in disuso, superfici ed aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze ditutela del patrimonio culturale edel paesaggio, aree utilizzabili per attività sportive; sia
.i beni “immateria_li”, ovvero il patrimonio radicato di valori sociali e culturali posti a base della Costituzione Italiana e dello Statuto Capitolino, costituenti l’identità storica e culturale della nazione e dellanostracittà,quali,amerotitoloesemplificativoenonesaustivo, lasolidarietà, lacoesione sociale, lavalorizzazioneetutela dell’ambiente edelterritorio, delleacque, delsuolo, dellefontienergetiche,le attività intellettuali e culturali, le opere d’ingegno, le attività di recupero della memoria storica e delle tradizioni,leattivitàformativeediistruzione, leattivitàsportive,leattivitàdiinclusionesociale,leattività dicreatività urbana,le attività diinnovazionedigitale, le attività di collaborazione civica;
ilPatto dicollaborazione-checostituisce lo strumentodiattuazione dell’amministrazionecondivisa dei beni come sopra individuati -si estrinsecain un accordo attraverso il quale uno o più cittadini attivi e un soggetto pubblico definiscono i termini della collaborazione per la cura di beni comuni materiali e immateriali;
inparticolare, il Patto dicollaborazionecoinvolge dinorma Organismi non profit quali associazioni del territorio, gruppi informali, comitati di quartiere e soggetti, anche singoli generalmente distanti dalle tradizionali reti associative, uniti dall’interesse nel promuovere la cura di un bene comune specifico; individua il bene comune, gli obiettivi, l’interesse generale da tutelare, le capacità, le competenze, le risorse dei sottoscrittori (quindi anche dei soggetti pubblici), la durata del Patto e le relative responsabilità;
Scheda n. 9
PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Lo sviluppo urbanistico della città, nella seconda metà del novecento, ha conosciuto, una prima fase di pregevole livello, pianificata (PRG/’56) dal prof. Piccinato, e contestualmente realizzata dai quartieri di “Risanamento Sassi” (a firma dei migliori architetti italiani dell’epoca).
Sono seguite fasi di successiva massiccia espansione (PRG/’75 e ‘99), che ne hanno appesantito il disegno, la funzionalità e la “qualità” dell’insediamento urbano: dalla città dell’urbanistica “razionalista” (“scandinava”) si è progressivamente scivolati, anche per effetto di decine di “Varianti” ai PRG stessi, verso una massiccia “periferizzazione” dei suoi quartieri residenziali, con scarse dotazioni di spazi e servizi per i suoi abitanti; l’urbanistica materana si è così progressivamente omologata a quella presente in gran parte delle città meridionali.
Nel 2021, con l’approvazione del Regolamento Urbanistico (RU), si è definitivamente stabilizzata la perimetrazione dell’”Ambito Urbano”, bloccandone ulteriori espansioni.
Ma si sono anche introdotte “premialità” agli indici di fabbricabilità che hanno ineluttabilmente appesantito e densificato i tessuti urbani.
Condizione che è ulteriormente peggiorata per effetto dell’applicazione indiscriminata del Piano Casa Regionale, provvedimento pro-ciclico di sostegno dell’attività edilizia, ma vigente in Basilicata ormai da oltre un quindicennio.
Piano-casa che è divenuto inoltre una sorta di “cavallo di Troia” di incentivazione degli interventi di cosiddetta “rigenerazione urbana”, che in realtà sono interventi di demolizione/ricostruzione, con indici quasi raddoppiati, di fabbricati della città novecentesca.
Si è innescata così una “bolla immobiliare” che stravolge il “paesaggio urbano consolidato” della città, espressione di tecnica e cultura di generazioni di professionisti materani, e delle aspirazioni ed esigenze della comunità che l’ha abitato, vivificato: una significativa “distruzione” di qualità della città!
Si configura così una prima “emergenza” per l’urbanistica materana:
la necessità di porre un freno a tale “degenerazione” urbana, intanto delimitando con maggiore incisività i “tessuti saturi” dei quartieri urbani, che la stessa Legge Regionale consente di escludere dall’applicazione del Piano Casa; e poi chiedendo una revisione regionale della Legge stessa, per meglio regolamentarne l’applicazione, soprattutto in aree ad alta tensione immobiliare, qual’è quella di Matera.
Un altro tema dell’urbanistica materana che va affrontatoè quello della pianificazione dell’intero territorio comunale, ed in particolare della fascia periubana della città.
Territorio di pregevole qualità naturalistico-ambientale (paesaggio, biodiversità, coltivi, boschi, ecc.), ricco di testimonianze della “città storica” (masserie, casini, jazzi, tratturi, ecc.), costituenti il “complemento” rurale e naturalistico ambientale del Sito Unesco.
La redazione del Piano Strutturale Comunale (in itinere, ma del quale non si conoscono le linee-guida), dovrà coniugare tutela del “paesaggio culturale”, con le necessarie opere di “modernizzazione” (prevalentemente infrastrutturali), salvaguardando il territorio stesso da ulteriori espansioni insediative, edificazioni nelle campagne che, oltre a “consumare suolo”, ne comprometterebbero la “qualità ambientale”.
Ciò vale in particolare per le pendici sud orientali della città che degradano verso le “Matinelle”, ricche di testimonianze storiche rurali (oltre l’irripetibile Borgo La Martella); e sia per le “Matine” di Serra D’Alto e Torre Spagnola, che a quella ricchezza aggiungono la contiguità storico-paesaggistica con lo zoccolo murgico, “scrigno” dell’archeologia e dell’habitat rupestre materano.Come può comprendersi, nel futuro dell’urbanistica materana si gioca una partita decisiva del “futuro” dell’intera collettività: un ulteriore peggioramento della qualità insediativa della città, della qualità dei “servizi” che essa è in grado di fornire, delle “infrastrutture” che la devono supportare, ed in sintesi della “qualità della vita” dei suoi cittadini, può divenire la discriminate principale che promuove o esclude la città dal novero di quelle città che aspirano ad una collocazione nel panorama delle “città di arte e di cultura”.
Scheda n. 10
ATTIVITA’ PRODUTTIVE
(Contributo CNA – Leo Montemurro)
E’ indubbio che Matera come realtà produttiva sia uno dei 4 motori di sviluppo della Regione Basilicata, gli altri tre sono: la fascia Jonica Metapontina sull’asse Bernalda-Pisticci-Policoro e paesi viciniori, ilVulture-Melfese con l’industria automobilistica e la viticultura ed, infine, la Città di Potenza quale città terziaria erogatrice di servizi per l’intera Regione.
Matera può orgogliosamente rivendicare il fatto di essere stata la prima Città del Sud negli anni ’70, dopo Bologna, ad aver dato l’avvio alle zone Paip, dapprima il Paip 1 e successivamente il Paip 2, aree che ancora oggi possono considerarsi il vero polmone produttivo della Città atteso che in una recente indagine sono state censite circa 250 aziende insediate con una stima di posti di lavoro complessivi diretti ed indiretti vicina alle 5.000 unità.
Aziende in alcuni casi connesse con i sistemi produttivi non solo locali e regionali ma anche nazionali ed, in alcuni casi, internazionali che tanto lustro danno in primis alla Città ma anche al territorio provinciale e regionale inteso nella sua unitarietà.
Oggi a Matera sono state censite all’incirca 4000realtà produttive dei vari comparti a conferma del dinamismo imprenditoriale della Città con elevate presenze nel comparto turistico che è ormai diventata una realtà affermata che anno dopo anno consolida, sia pure tra mille difficoltà, il suo essere una delle 4 gambe su cui poggia il tavolo del sistema economico cittadino. Le altre tre sono da individuarsi a nostro avviso nell’ecomondo dei due Paip per la manifattura unitamente alle due Zone Industriali di Jesce e La Martella, in quello dei servizi ben presente nei diversi ambiti (professionale, assicurativo, bancario, etc) e in quello della società della cultura e della conoscenza.
Matera anche dal punto di vista economico deve necessariamente ripensarsi e rilanciare il proprio ruolo di protagonista guardando al futuro con rinnovata fiducia ed entusiasmo puntando con decisione sulla valorizzazione dei giovani e delle donne atteso che la Città non è esente da alcuni problemi quali la fuga dei cervelli e la ripresa dell’emigrazione che tanto caratterizzano tante parti di questa nostra Italia e soprattutto le aree più marginali della Regione Basilicata. E’ da rilevare che nell’ultimo anno Matera ha perso più di mille abitanti scendendo al di sotto dei 60.000 cittadini residenti.
Riprendere e valorizzare quelli che sono stati i punti di forza che hanno consentito la crescita di cui abbiamo goduto sino all’inizio degli anni 2000 quali la fitta presenza di imprese
artigianali e commerciali senza tralasciare le potenzialità ancora attuale delle tante aziende insediate nelle zone industriali dalle quali però da tempo si levano ripetute grida di dolore per la carenza di servizi adeguati e per alcune assurdità che sono costrette a subire come l’ingiustificata doppia contribuzione alle casse comunali e a quelle consortile del CSI.
L’imprenditoria materana ha raggiunto una sua maturità da quando sganciatasi dall’unicità del sistema primario e da quello della trasformazione dei prodotti agricoli si è evoluto all’inizio degli anni ’60 cercando di parificarsi a quanto accaduto in altre realtà con lo sviluppo del commercio e dell’artigianato in primis.
Da questa premessa emerge da subito la necessità di:
• Monitorare preliminarmente lo “stato dell’arte” degli opifici esistenti nelle due aree PAIP (attività in essere, attività dismesse, regimi immobiliari, ecc.), per provvedere ad una migliore utilizzazione dei lotti artigianali/commerciali esistenti. E dare attuazione al vecchio programma di attrezzare un’Area Artigianale all’interno dell’ampio comprensorio della Area Industriale ASI de La Martella.
• Ove risultassero carenze di spazi utilizzabili rilanciare l’idea della realizzazione della Terza Zona Paip da inquadrare non quale operazione speculativa di carattere immobiliare ma come occasione di rilancio delle micro e piccole imprese cittadine e dell’intero comprensorio materano.
• Nel contempo lavorare affinché i due Paip esistenti diventino sede dell’Hub energetico cittadino dando concretezza all’assioma che vede l’energia prodotta, consumata e condivisa che a partire dalle due zone Paip porti benefici alle altre zone della città dove non è possibile installare impianti di autoproduzione dell’energia attraverso le CER Comunità Energetiche Rinnovabili.
• dare concreta attuazione e definizione all’asse commerciale Matera-Venusio e riprendere alcuni temi per ridare vitalità all’asfittico settore commerciale quali, ad esempio, la creazione di strade dedicate allo shopping (si pensi all’asse di Via Nazionale- Via Annunziatella- Via XX Settembre) integrandole e valorizzandole all’interno di Centri
Commerciali naturali che potrebbero trovare nuova linfa proprio in questo particolare momento dove le vendite on-line crescono a dismisura ma nel contempo si avverte da più parti l’esigenza di tornare ad avere un rapporto più umano anche con una parte essenziale della vita come quella del comprare e vendere qualcosa non più inteso solo come atto commerciale bensì come consolidamento di un rapporto sociale .
La prossima Amministrazione deve chiedere con forza alla Regione Basilicata la nuova legge sul commercio atteso che l’attuale è vecchia ormai di oltre vent’anni e proporre all’interno della stessa strumenti in grado di rilanciare il commercio nei Paesi e nelle Città quali i DUC Distretti Urbani del Commercio che tanto benefici ha apportato al commercio della vicina Puglia.
• riconoscimento delle botteghe storiche quale testimonianza del passato ma soprattutto quale presenza di qualità nell’odierno sistema commerciale sempre più assediato dal commercio on-line e una reale volontà di combattere l’abusivismo commerciale.
Vanno rafforzati gli sportelli per l’artigianato, il commercio e la Pmi creati in partnership con le Associazioni di categoria di pari passo con l’istituzione di un tavolo permanente di confronto sui temi del commercio e dell’artigianato che affronti anche da subito il costo che rinviene alla Imprese dal sistema di raccolta differenziata in atto e della tematica TARI più in generale. Infine misure per favorire la giusta locazione dei tanti immobili sfitti per finalità commerciali al momento presenti in Città.
• gli antichi Rioni Sassi devono tornare ad essere pensati non solo come un patrimonio da preservare e tutelare ma come luoghi in grado di liberare quella energia indispensabile per rilanciarne il ruolo di motori culturali e produttivi.
Vanno affrontate senza remore alcune questioni che potrebbero determinare una involuzione rispetto a quanto sinora realizzato quali il rinnovo delle prime subconcessioni ormai scadute o prossime alla scadenza e su quali basi e criteri questo debba avvenire.
Non abbiamo problemi di sovraffollamento turistico, abbiamo picchi di presenza in alcuni periodi ben limitati ma nulla che non si possa gestire con una attenta pianificazione e un attento monitoraggio.
Vanno fatte delle scelte per uscire dal buonismo che ci porta a considerare buono e positivo tutto quello che arriva a Matera senza avere la possibilità di effettuare delle scelte in merito a quale tipo di turismo preferire – religioso, fieristico, congressuale, etc agendo di conseguenza – senza voler escludere gli altri atteso che essere turisti in qualsiasi luogo del mondo è un diritto universale e come tale va rispettato.
• Vanno riprese e realizzate alcune idee ambiziose avviatesi e poi arenatesi per problemi non certo attribuibili a chi le aveva proposte quali la Scuola Internazionale delle Arti e dei Mestieri inserita nel contesto del Sasso Barisano nel cosiddetto “Quartiere degli Artieri” (i locali dell’ex incubatore d’imprese di Sviluppo Basilicata) un luogo magico dove arte, artigianato e design dovrebbero trovare la loro più alta sublimazione aperta ad influssi nazionali ed internazionali.
• riprendere le file di un ragionamento mai compiutamente avviato con il proprio territorio provinciale atteso che in poche occasioni ha egregiamente svolto il suo ruolo di capoluogo di provincia perché vittima dello strabismo di Venere che l’ha portata a guardare più intensamente alla vicina Puglia. Non è forse Altamura la Città più vicina a Matera distante solo 14 kilometri?
• creare necessariamente le condizioni per divenire anello di congiunzione tra la ipotetica e mai realizzata Città murgiana dei servizi, concetto molto probabilmente reso obsoleto dalla digitalizzazione spinta che stiamo vivendo e per certi versi subendo, e la nostra provincia creando una connessione virtuosa tra territori diversi e complementari.
• Farci promotori di una connessione produttiva in una logica di network tra le aree artigianali dell’intera provincia e perché no dell’intera regione al fine di creare filiere tutte lucane nei vari comparti produttivi. Matera non è forse stata la prima Città del Sud a dar vita al Paip?
Pensiamo alla reale creazione di connessioni business to business tra operatori turistici del territorio che partendo da Matera da sempre definita la porta d’ingresso del turismo in Basilicata potendo contare sulla unicità dei posti sia dal punto di vista naturalistico che storico ed architettonico creino le condizioni affinché il turismo diventi occasioni di crescita e sviluppo anche per le aree interne. Ma per far questo occorre battersi per collegamenti a mezzo bus frequenti ed adeguati alle esigenze di mobilità non solo dei turisti ma ancor prima dei cittadini resistenti e residenti.
• rivendicare con forza la risoluzione di alcune vere e proprie emergenze infrastrutturali quali il raddoppio della strada statale 7 che da Matera porta a Ferrandina all’innesto sulla Basentana in direzione Metaponto- Potenza
• Rilanciare il ruolo della Casa delle Tecnologie Emergenti in una logica di reale integrazione con il sistema economico e produttivo locale coinvolgendo le scuole non solo cittadine ma dell’intera provincia e regione.
La recente nomina di Matera capitale euro mediterranea per il 2026 ci carica di una ulteriore responsabilità; ancora una volta possiamo e dobbiamo assumere il ruolo di capofila nei processi di innovazione culturale e sociale rilanciando il ruolo della Città e nel contempo della Provincia e della Regione attesa la posizione baricentrica all’interno del Mare Nostrum.
CONCLUSIONI
IL 2025 SIA UN ANNO DI SVOLTA PER MATERA E LA BASILICATA
La “Marcia per la Cultura ed il Lavoro”, giunta ormai al suo ottavo anno di vita, con il presente documento, vuole fare un bilancio delle varie attività di sensibilizzazione di Istituzioni ed Opinione Pubblica, e delle varie proposte, fatte in tutti questi anni.
L’ultimo anno trascorso, il 2024, è stato indubbiamente assai travagliato: ha fatto emergere con chiarezza le contraddizioni dell’assetto socio-economico e territoriale che oggi caratterizza la nostra regione, e la gravità e complessità delle criticità esplose, che ne mettono in forse la sua stessa sopravvivenza.
E’ arrivato il momento, responsabilmente, di fare piazza pulita di inerzie e remore politiche e di governo del territorio, principali responsabili(negli ultimi anni,) dell’incancrenirsi di quelle criticità.
Criticità che partono dalla madre di tutti i problemi della Basilicata: lo spopolamento per emorragia delle migliori energie ed intelligenze giovanili della regione, che cercano altrove ragioni di vita e lavoro: compromettendo così l’indispensabile processo di rinnovo della classe dirigente regionali, cui compete la costruzione del futuro.
Criticità avente matrice comune indotte da fattori esogeni, scelte cioè che si compiono nell’universo globalizzato (decarbonizzazione energetica, iper-capitalismo), difficilmente controllabili a livello locale; il che ne acuisce la complessità e pericolosità sociale (su tutte la crisi dell’automotive – Stellantis e sull’indotto), che indeboliscono fortemente il PIL Lucano.
Ad esse si aggiunge l’endemica carenza di infrastrutture, e l’obiettiva fragilità geomorfologica del territorio lucano: dalla sismicità, alla instabilità dei versanti collinari, al ricorrente rischio alluvioni delle pianure, all’arretramento della costa jonica, alla recentissima crisi idrica provocata dal degrado del Sistema di convogliamento, raccolta e distribuzione della risorsa acqua, che è stato alla base delle grandi trasformazioni territoriali (e socio-economiche) della stagione delle Riforme del secondo dopoguerra.
Ne deriva che c’è da ripensare la Basilicata nei suoi fondamentali (territorio, paesaggio, società, economia, cultura, istruzione, sanità, ecc.) e provare a definire un progetto unitario che tenga insieme unità politica, geografica, socio-economica e culturale della regione; partendo dal governo della risorsa idrica, da trasformare da fattore di criticità (alluvione, siccità), in energia che irriga e feconda il territorio, lo rende produttivo, genera indotto e sostiene la comunità integratacon chi, originario di altri paesi, con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchirla (Mattarella, discorso di fine anno).
Ma veniamo a Matera.
Matera vedrà, nel 2025, le elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale: occasione per ripensare il futuro della città, sempre più “culturale”, superando il “lockdwon” politico-culturale che è seguito alla inebriante cavalcata del 2019.
Esercitando, in coerenza con quanto detto innanzi, il ruolo di “hub culturale”, che alla città compete (per riconoscibilità acquisita), nella ricercata “unità regionale”.
Vanno riprese pertanto le fila di quella tessitura di una “città di qualità”, bella da vivere e da far vivere, che la stagione delle Riforme del dopoguerra aveva riscattato dalla “vergogna nazionale”: tutelando e rammendando il tessuto urbano, patrimoniale, sociale e culturale, da stress e speculazioni che rischiano di strapparne l’ordito, e ridurla in un cencio inguardabile.
Un rammendo paziente che deve confezionare un abito nuovo, che dia alla città il portamento necessario per rappresentare il suo nuovo target di “città d’arte e cultura”.
Ma un rammendo paziente, che non deve esaurirsi nel perimetro delle mura urbane, ma deve ampliare il suo atelier operativo all’intero territorio regionale, valorizzando risorse, eccellenze, saperi e protagonismi di varia natura, capillarmente distribuiti del suo variegato territorio: rafforzandone così unità ed identità, innanzi tutto culturale, e poi geografica.
E’ questo l’obiettivo che la “Marcia per la Cultura ed il Lavoro” intende perseguire con le proposte delle Schede precedenti, e che consegna alla governance regionale e Comunale.
La fotogallery dell’incontro (foto www.SassiLive.it)