Martedì 18 marzo 2025 alle ore 12.00 nella sede del DIUSS – Dipartimento per l’Innovazione Umanistica, Scientifica e Sociale dell’Università degli Studi della Basilicata in via Lanera 20 (Sala “Acquario”, secondo piano) a Matera , alla presenza del Direttore del Dipartimento Francesco Panarelli, sarà inaugurata la mostra dal titolo Quasi a Casa. Antropologia e cittadinanze rituali, a cura degli antropologi Vincenzo Padiglione e Sandra Ferracuti con le scenografie di Carmela Spiteri e la collaborazione dell’artista sonoro Francesco Medda. La mostra, organizzata da Impact Hub Sicilia, pertiene alle attività di ricerca e comunicazione di un Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) diretto da Berardino Palumbo (Responsabile Scientifico Nazionale – Università di Messina) sul tema: Migrazioni, spaesamento e appaesamento: letture antropologiche del nesso rituali/migrazioni in contesti di Italia meridionale. Il progetto, appena concluso, ha coinvolto antropologhe e antropologi attualmente attivi presso le Università della Basilicata, di Catania, di Messina, di Napoli Federico II, di Palermo e di Roma Sapienza. Si basa sulle ricerche effettuate nel corso del PRIN da Berardino Palumbo, Osvaldo Costantini, e Giuliana Sanò per l’Università di Messina (con il coordinamento scientifico di Berardino Palumbo); da Giovanni Cordova per l’Università di Catania (con il coordinamento scientifico di Mara Benadusi); da Eugenio Giorgianni per l’Università di Palermo (con il coordinamento scientifico di Gabriella D’Agostino) e da Domenico Copertino e Vita Santoro per l’Università della Basilicata (con il coordinamento scientifico di Ferdinando Mirizzi). Le ricerche si sono svolte rispettivamente presso: il Centro di culto ebraico a Trani in Puglia (Ex Sinagoga Scolanova convertita nella chiesa cristiana di Santa Maria di Scolanova); a Napoli, tra i cattolici srilankesi nel quartiere Sanità; a Campobello di Mazara (Trapani), presso i precari luoghi di vita e lavoro di migranti perlopiù provenienti da Touba (Senegal), città santa del Muridismo e centro del pellegrinaggio (Grand Magal); a Messina presso la comunità di fede cattolica singalese, in particolare nella Rettoria di Sant’Elia; a Palermo, presso le comunità di fede induista, in particolare presso il Mariammen Kovil, tempio tamil induista mauriziano; in Puglia, in particolare a Bari, tra i migranti musulmani durante il Salat al-jumu‘ah, rituale di adorazione collettiva nei centri di aggregazione per migranti provenienti da Bangladesh, Pakistan, Nord Africa, Medio Oriente e Balcani; a Metaponto (Bernalda, in provincia di Matera), presso comunità e gruppi di preghiera di fede musulmana. L’allestimento, già ospitato dall’Università di Messina, sarà vistabile nella Sala “Acquario”, al secondo piano del campus materano dell’Università della Basilicata fino al 31 marzo. L’inaugurazione si terrà nei locali della mostra, alla presenza del Direttore del DIUSS, Francesco Panarelli, e di Ferdinando Mirizzi, coordinatore dell’Unità di Ricerca dell’Università della Basilicata per il PRIN, composta da: Domenico Copertino, Monica Dell’Aglio, Sandra Ferracuti, Francesco Marano, Maria Aurelia Mastronardi, Vincenzo Padiglione, Vita Santoro e Luigi Stanzione. Saranno anche presenti i curatori, la scenografa e, per l’UR dell’Unibas, anche Francesco Marano insieme a Domenico Copertino e Vita Santoro. Questi ultimi, autori delle ricerche che sono al cuore di due delle installazioni che compongono la mostra. 19:21
L’evento di inaugurazione è realizzato in collaborazione con Dario Tomasello, coordinatore del Corso di Studi in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo dell’Università di Messina e Direttore del Centro Studi Universiteatrali che, per l’occasione, ha coordinato la realizzazione la performance originale dal titolo Riti, riti (Breviario piccolo borghese contro l’epoca che cambia), in collaborazione con Maria Rita Chierchia. “Ci ha interessato sondare in che modo i rituali religiosi dei gruppi migranti stiano contribuendo ad una migliore integrazione sociale o lascino invece immaginare una incipiente contrapposizione culturale”, spiega Vincenzo Padiglione, “in tal modo ci interessa documentare, da dentro l’università, come la ricerca sia attiva e si mostri efficace nell’esplorare tematiche che sono particolarmente attuali e problematiche e che necessitano al tempo stesso di uno sguardo sereno e acuto, di una comprensione articolata e specifica. Abbiamo inteso sperimentare la rappresentazione dei risultati della ricerca attraverso la forma espositiva mista dell’installazione etnografica, che unisce la dimensione testuale a quella visuale e multimediale, per sollecitare nell’interpretazione la messa a fuoco e a problema di zone d’ombra talvolta conseguenti alla scrittura saggistica. In un certo senso, questo passo in avanti è stato favorito dalla collaborazione maturata con il DAMS di Messina, ovvero dal riconoscimento che fatalmente ci muoviamo dentro un fitto dialogo tra ‘Arte’ e ‘Scienza’, in una matura fase post-positivista dei nostri studi”. L’installazione sonora che fa da incipit alla mostra è stata realizzata dall’artista Francesco Medda a partire dalla documentazione audio prodotta dai ricercatori e dalle ricercatrici e annuncia la mostra incentrata sul nesso rituali/migrazioni attraverso un insieme di paesaggi sonori composti da musiche e canti, preghiere e processioni, chiacchiericci, suoni e rumori che si formano durante i preparativi delle feste e di cui riti e i rituali sono intrisi. “Una sorta di ‘caos babelico’ accoglie i visitatori invitandoli a mettere a problema il multiculturalismo diffuso, seduttivo e frammentario, talvolta minaccioso”, afferma Vincenzo Padiglione, curatore e ideatore dell’esposizione con Sandra Ferracuti, “una sorta di indizio del contemporaneo, una presenza inaspettata, più o meno piacevole o fastidiosa, discreta e ingombrante al tempo stesso”. L’installazione si impone infatti come “un’esperienza forzata di temporanea convivenza creata appositamente per suscitare una riflessione sulla presenza dell’estraneo fra noi, mentre il percorso espositivo che segue ne prende distanza per sottolineare l’approccio etnografico come prospettiva che permette di comprendere la specifica metodologia di indagine e di restituzione/disseminazione attivata”. La struttura portante del percorso espositivo è costituita da un’impalcatura simbolica costituita da sette trabattelli edilizi, metafora del processo di costruzione della casa e della comunità. Alcune palanche creano connessioni e rimandi alle tematiche rappresentate in ciascun trabattello che, adeguatamente “vestito”, accoglie, evocandoli e raccontandoli, gli elementi essenziali della ricerca nelle originali composizioni realizzate da Carmela Spiteri, scenografa dalla spiccata sensibilità teatrale. Oggetti simbolici, fonti storiche, fotografie e video distinguono la specifica tematica individuata o, in alcuni casi, più tematiche esposte contemporaneamente. “La sperimentazione tenta di realizzare oltre il resoconto testuale, fotografico e audiovisivo delle ricerche, solo parzialmente riprodotto nelle installazioni etnografiche, un nuovo dialogo con le comunità indagate, le loro pratiche rituali e le modalità di ricerca proprie dell’antropologia.19:21
In questo senso, ci spiega Vincenzo Padiglione, “con Sandra Ferracuti abbiamo proposto ai ricercatori di condividere questa non facile formula espressiva di disseminazione dei loro risultati con l’intento di allargare e restituire a un pubblico più vasto il dialogo da loro aperto per coinvolgere, laddove possibile, le stesse comunità protagoniste che hanno partecipato alle ricerche”. Ferracuti precisa che si tratta di “una mostra-cantiere, che occupa lo spazio in modo ingombrante e imprevisto per ‘dare corpo’ alla densità e alla complessità delle ricerche antropologiche da cui è nata. Che evoca e vuole rendere omaggio tanto alle fatiche dei ricercatori quanto a quelle delle dinamiche e prismatiche comunità di fede con le quali lavorano. Che vuole ‘contagiare’ chi lo percorre con una laboriosa passione di ricerca, con l’attitudine antropologico-culturale che ci porta a guardare, ad ascoltare, a studiare, a prestare attenzione, ad entrare in relazione… con cura e consapevolezza, nel continuo sforzo di decodificare i modi e i mondi in cui viviamo e a cui quotidianamente ognuno contribuisce a dare forma”.
Mar 17