I Sassi di Matera in Arabia Sudita
Il 1 giugno 2010 su invito di Sua Eccellenza l’Ambasciatore italiano in Arabia Saudita, Eugenio d’Auria si terrà nella capitale Ryiadh, presso gli spazi di Oasitalia, una conferenza per raccontare i Sassi di Matera. A relazionare sul percorso degli Antichi Rioni, da vergogna nazionale a patrimoinio dell’umanità, saranno l’arch. Massimiliano E. Burgi e l’antropologa Ilaria d’Auria. La scelta dei Sassi di Matera da parte dell’Ambasciatore d’Auria, non si esaurisce nella sua fierezza di essere lucano di nascita, ma nella consapevolezza della proposta di un modello di città che risponde alla attuali esigenze di sostenibilità ambientale.
I Sassi di Matera, nati attraverso una relazione armoniosa e sapiente, tra uomo e natura, rappresentano il modello vincente per la città del futuro. I Sassi sono una città di pietra, dove le tecniche tradizionali materiali e immateriali, sono l’unico elemento che può assicurare a questo insediamento un perpetuarsi nel tempo. Come i Sassi di Matera molte altre città del Mediterraneo e della stessa Europa sono nate dal rapporto equilibrato tra uomo e natura, li dove anche la natura antropizzata si trasforma in una seconda natura. Antiche civiltà hanno espresso queste grandi doti nei loro insediamenti, Petra in Giordania, Lalibela in Etiopia ecc., che con l’avanzare della modernità sono state distrutte o abbandonate perché rese atrofiche da una falsa modernità. I Sassi di Matera invece nonostante le notti oscure, lo spopolamento degli anni ’50, continuano ad essere un luogo abitato, uno spazio che è abitato da più di 2000 anni. Matera quindi conserva nel suo DNA tutti i geni che l’hanno portata ad essere la città che ora è conservando quegli elementi che in altre città, in altre civiltà si sono perse.
Quindi Matera può essere considerata la madre di tutte le città. Il modello dei Sassi diventa il modello di città abbandonate o in crisi i cui modelli attuali risultano incompatibili con la città che li ospita.
Il successo dei Sassi di Matera sta nell’affermare il modello tradizionale come un nuovo paradigma tecnologico, nel mostrare come le condizioni svantaggiose possano essere ribaltate in risorse rinnovabili così che i luoghi di maggiore rudezza e difficoltà ambientale divengano quelli di più grande armonia e organizzazione ecologica. Utilizzare le acque di pioggia, riabitare le caverne, gestire in modo armonioso le risorse locali della natura non rappresenta un ritardo rispetto alla modernità è una proposta per un futuro sostenibile.
Come sostiene Pietro Laureano “I Sassi di Matera sono una città antichissima, una città del passato che è una proposta per il futuro, una città che è portatrice di una tecnologia antica avanzatissima che supera gli errori della modernità e ci proietta verso il futuro.”
I Sassi di Matera: una città scavata per l’acqua
Matera è una città ubicata nell’Italia Meridionale precisamente nella regione Basilicata, sua grande particolarità è l’eccezionale centro storico chiamato i Sassi, per questa sua particolare struttura è una città simbolo per la cultura italiana. Il suo riconoscimento ufficiale avviene con l’iscrizione nella lista del Patrimonio dell’Umanità UNESCO effettuata nel 1993, grazie allo studio effettuato dall’arch. Pietro Laureano, consulente UNESCO per le zone aride e presidente di Ipogea.
Le motivazioni dell’inserimento riconoscono nei Sassi un sistema urbano geniale prodottosi nel corso dei millenni grazie alla capacità di utilizzare in modo armonioso le rare risorse locali: l’acqua, la pietra, la luce.
I Sassi sono la testimonianza della vicenda lunghissima dell’abitare umano dai primi fossati neolitici, allo scavo delle caverne, alla loro trasformazione in architetture. Gli antichi Rioni di Matera sono stati resi celebri dallo scrittore Carlo Levi nel libro “Cristo si è fermato ad Eboli” e da numerosi registi tra i quali Pier Paolo Pasolini che vi ha girato “Il vangelo secondo Matteo” e Mel Ghibson che ha ambientato “La passione di Cristo”.
I Sassi, che vuole dire pietra, sono una città scavata nella roccia calcarea, localmente chiamata “tufo”. Costituiscono un sistema abitativo primordiale abbarbicato lungo i pendii di un profondo vallone dalle caratteristiche naturali singolari e grandiose, la Gravina. Questi antichi rioni riproducono la persistenza nel tempo di un passato preistorico, ma qui ancora presente. Quello che si percepisce ad una visione panoramica dei Sassi è solo una parte della loro complessità, dietro ogni ingresso, infatti, si articolano, a più piani, una serie di ambienti labirintici scavati nella roccia: caverne, cisterne, cortili, neviere e lamioni. Si superano i dieci piani di grotte sovrapposte con decine di cisterne a campana riunite fra di loro da canali e sistemi di filtro dell’acqua.
I primi insediamenti nella zona di Matera si attestano fin dal periodo Paleolitico, testimoniati dai numerosi attrezzi di pietra rinvenuti nella Grotta dei Pipistrelli e dal ritrovamento di uno scheletro intero di ominide in una cavità carsica nei pressi di Altamura databile intorno ai 250.000 anni fa.
Con il neolitico appaiono le tecniche di scavo dell’altopiano calcareo e di raccolta delle acque che hanno nei Sassi continuità fino all’epoca contemporanea. Cisterne a forma di campana, tracciati di capanne, canalette sono racchiusi in profondi fossati formanti cerchi e ellissi e per questo chiamati villaggi trincerati. I fossati , secondo studi condotti dall’arch. P. Laureano, non avevano, uno scopo difensivo, erano drenaggi, raccoglitori di acqua e di humus, funzionali alle pratiche neolitiche di allevamento e coltivazione.
L’età dei metalli fornisce i nuovi strumenti che facilitano lo scavo di grotte e cavità. Queste diventano un riparo più sicuro l’insediamento umano rispetto al peggioramento ambientale. Nella grotta l’uomo trova riparo da pioggia e vento, dalle bestie feroci, conservazione del fuoco e percolazione di acqua.
Il clima vede l’alternanza di inverni freddi e di estati torride. La carenza di acqua, assente completamente in fiumi o in falde e presente solo in piogge violente e concentrate rende indispensabile le pratiche di raccolta meteorica e di conservazione sotterranea. Originato nelle tecniche neolitiche di scavo delle miniere si afferma il tipo abitativo delle corte a pozzo da cui si diramano le gallerie radiali. Questo modello lo troviamo diffuso in altre aree del pianeta come a Matmata in Tunisia e nelle pianure aride cinesi è all’origine della casa a corte utilizzata dai Sumeri, nel mondo classico e islamico. La corte funge da impluvio per l’acqua e da spazio aperto e assolato, ma protetto perimetralmente, per le lavorazioni alimentari. La parte terminale, utilizzata per raccogliere i rifiuti e creare l’humus, è il giardino scavato nella pietra indispensabile a causa della povertà dei suoli e della necessità di riparare le piante. Le cavità hanno temperatura costante durante tutto l’anno, costituiscono i ricoveri ideali per gli uomini e per gli animali, per lo stoccaggio dei grani e la conservazione dell’acqua.
Sono in rapporto con pratiche di raccolta dell’acqua a scopo funzionale e rituale anche strutture a forma di tumulo formati da semplici ammassi di pietra o coperti da false volte come i trulli. Esse costituiscono antichi metodi di raccolta dell’umidità e della brina e si rapportano a culti collegati a tali pratiche. Allo stesso scopo possono essere interpretati i muri di pietra a secco che delimitano i terreni nei quali i massi di roccia calcarea assorbono la brina notturna e riforniscono di umidità il terreno. Infatti le radici di ulivi centenari sono tutti rivolti verso i muretti che caratterizzano il paesaggio agrario.
Sono quindi strutture di condensazione e conservazione dell’acqua i muri, i tumuli, i trulli e gli ammassi di pietre chiamati specchie. I dispositivi assolvono la loro funzione sia di giorno che di notte. Sotto il sole cocente il vento con tracce di umidità si infiltra tra gli interstizi del cumulo di pietre le quali hanno una temperatura inferiore nella parte interna perché non esposta al sole e raffrescata dalla camera ipogea sottostante. L’abbassamento di temperatura provoca la condensazione di gocce che precipitano nella cavità. La stessa acqua accumulata fornisce ulteriore umidità e frescura amplificando l’efficacia della camera di condensazione.
Sviluppando queste originarie tecniche preistoriche si realizza nei Sassi di Matera un sistema di habitat adattato che utilizza in modo combinato i diversi princìpi di produzione dell’acqua: la captazione, la distillazione e la condensazione. Durante le piogge violente terrazzamenti e sistemi di raccolta dell’acqua proteggono i pendii dall’erosione e convogliano per gravità le acque verso le cisterne nelle grotte. Nella stagione secca le cavità scavate funzionano durante la notte come aspiratori di umidità atmosferica che si condensa nella cisterna terminale degli ipogei, sempre piena anche se non collegata con canalette esterne. Si creano molteplici piani di ipogei sovrapposti dalle lunghe gallerie che si affondano obliquamente nel sottosuolo. L’inclinazione permette ai raggi del sole di penetrare fino in fondo quando c’è più necessità di calore. In inverno, infatti, i raggi sono più obliqui e penetrano gli ipogei. Nella stagione calda il sole più vicino allo zenit colpisce solo gli ingressi degli ipogei lasciandoli freschi e umidi.
I Sassi di Matera sono il risultato dell’evoluzione e saturazione urbana della struttura arcaica agro pastorale di raccolta delle acque. Con gli stessi blocchi di calcaree scavati dall’interno delle grotte si costruiscono strutture di tufo dalla volta a botte, i lamioni, che costituiscono una proiezione all’esterno degli ambienti ipogei. Di un complesso di grotte sono quelle laterali ad essere prolungate in avanti con i lamioni così si tende a chiudere a ferro di cavallo la radura terrazzata e si realizza uno spazio centrale protetto. Quello che era l’orto irrigato e l’aia pastorale si trasforma nel luogo di riunione della famiglia allargata e di scambio comunitario e sociale: il cosiddetto vicinato. Nella corte è scavata la grande cisterna comune che raccoglie ora le acque dai tetti. Questi per rispondere a tale scopo non hanno mai le falde che sporgono esternamente alle abitazioni. Il tetto è compreso nelle murature che permettono di non sprecare una sola goccia di pioggia e di convogliarla tramite discendenti di terra cotta nella cisterna. Il gradone sovrastante si trasforma in giardino pensile. Le linee di scorrimento laterali delle acque divengono le scale e i collegamenti verticali del complesso urbano. La trama dei percorsi e delle stradine si forma seguendo il sistema di canali e questo ne spiega l’aspetto intricato, apparentemente inspiegabile, ma frutto della originaria matrice idrica.
Il monachesimo medievale fornisce nuova linfa a questo arcaico tessuto. Attorno ai due drenaggi principali chiamati “grabiglioni” che forniscono terreno coltivabile e humus attraverso la raccolta dei liquami, si formano i due comparti urbani chiamati Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Al centro è la Civita, l’acropoli fortificata dove nel 1283 viene edificata la cattedrale.
Lo svolgimento verticale della città permette l’utilizzo delle gravità per la distribuzione delle acque e protegge dai venti che spazzano l’altipiano. Matera si abbellisce di centinaia di chiese rupestri scavate nella roccia e decorate di magnifici affreschi bizantini o edificate sul piano con facciate monumentali scolpite nel tufo secondo gli stili del periodo di costruzione, medievale, classico o barocco. Ma l’intrico delle stradine, la rete delle scale e dei passaggi sotterranei continua a seguire l’antica struttura idraulica.
Nell’epoca moderna scompare la capacità di gestione comunitaria delle risorse ambientali e ne consegue la distruzione della rete di raccolta idrica, la saturazione e la promiscuità abitativa. Negli anni ’50 a causa di queste condizioni di degrado i Sassi di Matera vengono definiti ‘vergogna nazionale’ e tutti i 20.000 abitanti sono trasferiti in nuovi quartieri. Le case abbandonate divengono di proprietà dello Stato e vengono murate per impedire che siano nuovamente occupate. I Sassi di Matera divengono così una città morta: il più grande centro storico completamente abbandonato d’Europa. Le abitazioni non più abitate e aerate degradano rapidamente e crolli e furti coinvolgono anche le chiese scavate nelle rocce decorate da splendidi affreschi medievali.
A seguito della mobilitazione di uomini di cultura nel 1986 lo Stato italiano stanzia dei fondi per il restauro dei Sassi da utilizzare per opere di risanamento e urbanizzazione e per dare incentivi ai privati perché tornino ad abitarvi. Il vero punto di svolta per i Sassi è l’inserimento nel 1993 come primo centro del Sud d’Italia nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Matera diventa meta del turismo nazionale e internazionale e si moltiplicano le richieste di tornare ad abitare nei Sassi. Il Comune di Matera dota i Sassi di rete idraulica, fognaria, gas, elettricità e telecomunicazioni canalizzate sotto le strade così da non disturbare la qualità architettonica e del paesaggio. Nasce, quindi, una nuova economia e tornano ad essere valorizzate forme di artigianato artistico ritenute secondarie. Circa 5000 abitanti vivono ormai nelle caratteristiche case grotta scavate e costruite. Il ritorno nei Sassi è sostenuto da una domanda di abitazioni ormai superiore all’offerta e da una economia legata al turismo culturale in forte crescita. Le presenze turistiche stanno avendo negli ultimi anni un incremento esponenziale.
I Sassi di Matera divengono così la più importante esperienza di recupero urbano del Mediterraneo.
Pietro Laureano, promotore dell’iscrizione dei Sassi di Matera nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, scende in campo in prima persona, decidendo di andare a vivere nei Sassi. Realizzando, così, lui stesso il recupero e il restauro di quella che diventerà la sua casa nella grotta.
L’interveto di restauro da lui eseguito affonda le radici nello studio delle tecniche tradizionali che hanno generato i Sassi. Nella sua casa-grotta recupera e ripropone il sistema di raffrescamento, la raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche, il recupero di pavimenti preesistenti, la realizzazione e posa dell’intonaco coccio-pesto e il riuso in maniera filologica delle cisterne presenti nella sua abitazione. Il coccio pesto, in particolare, risulta essere un esempio molto rilevante per fase di recupero dei Sassi, reintrodotto da Lureano. Questo intonato tradizionale, nato in epoca romana e diffuso in epoca Medioevale, è composto di malta, acqua e mattoni di coccio frantumati. Tale composto con cui erano rivestite le cisterne per la raccolta e conservazione dell’acqua, risulta l’intonaco più adatto a rivestire le pareti di calcare delle parti scavate e delle parti costruite. Laureano, prima dell’inizio dei lavori ha incontrato tutte le figure coinvolte nel recupero della sua casa-grotta e ha trasmesso loro i motivi, il know-how dell’intervento, chiedendo di realizzare, in particolare l’intonaco, l’intonaco coccio-pesto seguendo il metodo tradizionale, realizzando sotto gli occhi e per mano loro una vera e propria opera d’arte.
Casa Laureano diventa un’esperienza di successo un modello sostenibile di recupero delle antiche grotte, conosciuta e studiata in tutto il mondo. La mano d’opera e le imprese che vi lavorano apprendono metodi costruttivi che rischiavano di essere dimenticate perchè travolte da tecniche incompatibili con la struttura dei Sassi.
I Sassi di Matera dimostrano la capacità antica di gestione appropriata delle risorse della natura: acqua, suolo e energia. La problematica è di particolare attualità in riferimento al dibattito internazionale sulla necessità di superare i sistemi urbani contemporanei, accentratori e distruttori di risorse, verso la realizzazione della città sostenibile, progettata per cicli chiusi che utilizzano le potenzialità locali. Per questo il Ministero dell’Ambiente italiano ha scelto Matera come modello di recupero urbano nel quadro delle indicazioni promosse dalla Conferenza di Rio e delle direttive dei Piani di Azione della Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD) e ha lanciato una Campagna Internazionale affinché Matera continui ad avere una funzione propositiva anche nelle nuove problematiche che oggi pone il ritorno degli abitanti.
Obiettivo della Campagna Internazionale è quello di proporre in modo innovativo le tecnologie tradizionali, come il recupero delle cisterne per usare la risorse di acqua di pioggia, l’uso dei terrazzamenti sorretti da muri a secco per evitare le frane e il degrado dei suoli, il ripristino dei giardini pensili per realizzare il verde urbano, il riuso delle grotte e degli ipogei per avere una climatizzazione naturale. L’esperienza positiva di Matera è generalizzabile ai centri dell’entroterra lucano e ai sistemi di habitat delle Gravine che hanno caratteristiche architettoniche e ambientali del tutto simili. Ma soprattutto costituisce un esempio formidabile per i paesi del Sud del Mediterraneo dove processi di modernizzazione distruttivi intaccano gestioni dello spazio millenarie mettendo in pericolo l’equilibrio ecologico del pianeta intero.
Altra esperienza di successo sul fronte del recupero dei sistemi di raccolta dell’acqua è stata eseguita a Matera. Nella proprietà dell’Italcementi s. p. a. di Matera, all’interno del perimetro del Parco della Murgia materna, è presente un esempio di cisterna a tetto. La sensibilità e l’attenzione dell’Italcementi che ha messo a disposizione fondi e operai coinvolti volontariamente, verso questo tipo di architettura rurale intesa come risorsa ambientale, hanno reso possibile, un’azione di pulizia e recupero della cisterna che ha reso la stessa, oggetto di visita e studio per quanti gravitano nell’area dell’Italcementi di Matera (visitatori e/o lavoratori). L’arch. Pietro Laureano e l’arch. Massimiliano E. Burgi hanno seguito l’intero processo di recupero, individuando nella cisterna a tetto un esempio di tecnica tradizionale in disuso.
Le cisterne a tetto sono dispositivi di produzione idrica utilizzati ancora oggi nell’Italia meridionale. Realizzati nel fondo di un leggero impluvio filtrano e raccolgono le piogge meteoriche, i microflussi e l’umidità del suolo. Con il loro tetto a falde e i frontoni formanti quasi un timpano, assumono dignità architettoniche e sembianze di templi e mausolei.
La cisterna recuperata di epoca ottocentesca è costruita in blocchi di calcareniti, seguendo il modello delle cisterne a tetto: la camera voltata a botte interrata, per la raccolta e conservazione dell’acqua; un tetto a due falde che emerge dal terreno, la bocca del pozzo per il prelievo dell’acqua e la vasca per l’abbeveraggio degli animali. La sua funzione era quindi legata al pascolo degli animali, stanziali o di transumanza e particolarmente nei periodi caldi e di siccità, pastori e contadini, potevano disporre di grosse quantità di acqua necessaria per dissetare le greggi al pascolo e per irrigare i campi.
Durante gli ultimi anni una parte del profilo del paesaggio circostante è stato cambiato da interventi antropici. L’avvenuta modifica paesaggistica e idraulica ha originato la rottura dell’equilibrio tra la cisterna a tetto e il territorio circostante, con un significativo abbassamento della quantità raccolta, questo ha generato un lento abbandono della cisterna.
Il recupero è stato eseguito attraverso l’ausilio di sistemi tradizionali, ed è stato articolato in due fasi: il ripristino della cisterna e la riorganizzazione ambientale.
Il ripristino è stato eseguito con blocchi di calcarenite della stessa cisterna a tetto ritrovati all’interno della cisterna o all’esterno. Particolare attenzione è stata dedicata al ripristino delle parti mancanti dell’intonaco in coccio-pesto, indispensabile a conservare l’acqua raccolta nella cisterna. Lo stabilimento Italcementi di Matera con il coordinamento dei progettisti ha deciso di realizzare un intonaco ad hoc. Per questa operazione il laboratorio Italcementi di Matera ha composto un intonaco in coccio-pesto seguendo il metodo di realizzazione dei mastri muratori, sono state eseguite varie prove, sia per la granulosità del coccio, sia per mescolanza tra le parti dei materiali.
Nella seconda fase del recupero si è proceduto alla riorganizzazione dell’assetto ambientale, per poter, malgrado gli avvenuti cambiamenti, captare, nuovamente, consistenti quantità d’acqua.
Questa fase di riequilibrio ambientale è stata sviluppata rafforzando i canali naturali che già contribuivano alla raccolta dell’acqua e ristabilendo alcune pendenze originarie, per favorire il convogliamento dell’acqua piovana.
Al termine dei lavori sono cadute le prime piogge che hanno collaudato il funzionamento della cisterna, che è tornata a raccoglie acqua a pieno regime.
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Il successo dei Sassi di Matera sta nell’affermare il modello tradizionale come un nuovo paradigma tecnologico, nel mostrare come le condizioni svantaggiose possano essere ribaltate in risorse rinnovabili così che i luoghi di maggiore rudezza e difficoltà ambientale divengano quelli di più grande armonia e organizzazione ecologica. Utilizzare le acque di pioggia, riabitare le caverne, gestire in modo armonioso le risorse locali della natura non rappresenta un ritardo rispetto alla modernità è una proposta per un futuro sostenibile.