In vista delle prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013 il “politologo” materano Franco Vespe prova a fare il punto sulla politica italiana e sul futuro che attende il nostro Paese.
Per le prossime elezioni nazionali si prevedono grandi stravolgimenti tanto che, più di un autorevole analista, ha parlato della fondazione di una III repubblica. Solitamente i passaggi da una “repubblica” all’altra sono sempre dovuti a traumi di portata storica e/o a fragorosi fallimenti. Due i fallimenti che in questi ultimi due anni si sono registrati. Il tradimento evidente e farsesco -tanto da far rivoltare nella tomba come una trottola il povero Gobetti- di quella Rivoluzione Liberale che ci si era illusi di poter realizzare con Berlusconi. Il secondo, forse ancora più grave, è quella di aver urtato con un’architettura Europea e dell’EURO che invece di essere fondata su sussidiarietà e solidarietà, si è avvitata nel cercare difficili equilibri fra i diversi egoismi nazionali. Questi due fallimenti hanno tuttavia prodotto due interessanti risposte: il grillismo ed un ulteriore tentativo di riorganizzazione di un’area moderata nel nostro paese ancorata al popolarismo europeo. Il grillismo sta avendo la grande funzione di “parlamentarizzare” e temperare la protesta ormai diffusa e veemente nel nostro paese. Per quanto riguarda il popolarismo europeo (PPE. non diciamo sturziano altrimenti mi tacciano di essere un patetico nostalgico!) nel nostro paese esso fu spazzato via in gran parte dalla discesa in campo di Berlusconi (tutt’altro che un Popolare!). Il resto lo fece la poca credibilità dei suoi rappresentanti. Monti o non Monti occorre oggi seriamente interrogarsi su quali possono essere oggi i motivi perché ci possa essere una rifondazione di un nuovo PPE oggi in Italia ? Un primo punto riguarda il rilancio delle politiche di riequilibrio territoriale (mai sia nominare il Mezzogiorno!). Si parla tanto di crescita, ma una crescita robusta la si può avere nel nostro paese solo e soltanto se si porta sviluppo nelle aree più arretrate (checché ne dicano quei testoni dei leghisti !). Non deve essere questo un vago impegno “collaterale” ma un imperativo etico scritto nel DNA degli italiani, una “Terra Promessa” da raggiungere con priorità massima così come è stata per la Germania la sua riunificazione. Per capire l’importanza anche economica di questa “meta biblica” basti pensare che se il Sud fosse sviluppato come il Nord, l’Italia avrebbe un PIL paragonabile a quello della Germania che conta 20 milioni di abitanti in più! Un secondo obiettivo riguarda una ridefinizione del ruolo dell’Italia nel contesto europeo. E’ vero che gli ultimi eventi politico-economici europei stanno facendo balenare nella testa degli italiani che sarebbe forse più opportuno recidere i legami con l’EURO e l’Europa. Una reazione più che giustificata alla luce della triste constatazione che la crisi europea gran parte è dovuta ad egoismi nazionali. La riprova di ciò non è stata tanto la telenovela dello “spread” quanto il rifiuto gravissimo di alcuni paesi del nord Europa, con in prima fila la Germania, di liberare i fondi per riparare i danni del terremoto dell’Emilia. L’Italia invece, piuttosto che “ritirarsi”, dovrebbe fare propria la missione di affermare quei principi di sussidiarietà e di solidarietà sul quale si dovrebbe fondare la convivenza europea e combattere ferocemente quei grotteschi, farseschi mini-imperialismi franco-tedeschi che bloccano di fatto la Comunità Europea (CE). Però è anche vero che se l’EURO si è ritorto contro l’Italia, ciò è dovuto al fatto che il nostro paese ha lasciato spazi in Europa che altri hanno occupato. Basti solo fare alcuni esempi. Nel VII programma quadro Ricerca e Sviluppo della CE, a fronte di una contribuzione dell’Italia del 14 % circa, solo il 9,2 % è ritornato al nostro paese! Altro esempio sono le (in)capacità del nostro paese di intercettare e spendere con efficacia i fondi strutturali che la CE mette a disposizione. Molte delle nostre regioni (soprattutto quelle del Sud) non riescono ad intercettare nemmeno il 40% di questi fondi! Occorre da questi pochi dati capire che, invece di piagnucolare e ripiegarsi ad ammirare il proprio ombelico gossipparo, il nostro paese si debba attrezzare al meglio per poter essere più presente con la testa e con i piedi in Europa. Questa è una sfida che si deve ricongiungere intimamente con la prima. Chi scrive sogna una nuova classe dirigente per il Sud (anche giovane ma soprattutto nuova!) che prenda a calci quella attuale che fonda meschinamente le sue fortune sulla sola capacità di fare patronato per i propri “clientes” e che chieda, invece di “royalties”, infrastrutture e centri di eccellenza per trattenere o importare giovani cervelli capaci poi di ideare e realizzare progetti innovativi e vincenti, magari capaci di intercettare finanziamenti in Europa. Chi scrive ha fondati motivi per credere che Monti, insieme alla nuova classe dirigente che saprà trascinarsi dietro (Casini & C. sono anche loro da rottamare!), possano avere quella credibilità e quelle giuste competenze per mettere nelle condizioni il nostro paese ed il Sud di cogliere queste grandi sfide con margini di successo non trascurabili.
Francesco Vespe