Al tempo del Concilio Vaticano II (CVII) ero un bambino ancora in età pre-scolare che stava trascorrendo un lunghissimo periodo in “colonia” dalle suore nella città di Gianburrasca-Rita Pavone. Il primo impatto visibile e concreto del CVII fu il passaggio dalla messa in latino a quella in Italiano. Bambino, forse vivace ben oltre misura, imparai a dire tutta la messa in Italiano che infliggevo ai miei compagni di “colonia” ed ad animare in modo forse pirotecnico e creativo la celebrazione eucaristica tanto da far apparire Giamburrasca un diligente ed obbediente scolaretto.
Un II impatto con il CVII lo ebbi quando a 16-17 anni iniziai a fare l’educatore dell’Azione Cattolica Ragazzi (ACR). Avevo lasciato a 11 anni l’AC quando ero fascia rossa ed il catechismo consisteva nell’ingoiare nozionisticamente ed a memoria quello di Pio XI. In pochi anni si era passati da quel catechismo “scolasticamente” impartito ad una ACR che aveva adottato il brillante e ricco metodo esperienziale. Se prima del Concilio il bambino era ritenuto un otre da riempire nozionisticamente con i contenuti della dottrina cristiana, con l’ACR nata dopo il CV II si partiva dalla ricchezza che il ragazzo esprimeva nella sua esperienza quotidiana per far comprendere come, in questo suo vissuto, potesse incontrare e conoscere Dio facendo passare così i contenuti del catechismo scritto dai vescovi italiani che intanto aveva soppiantato quello di Pio XI.
Un terzo momento nel quale ho avuto modo di capire la portata del CV II è stato durante gli studi universitari quando aderii alla FUCI. Era a quei tempi molto sentito lo “scontro” fra due diverse modalità di rapportarsi al mondo quali quella della “Mediazione Culturale” assunta dalla FUCI, ispirata proprio da quella scelta religiosa sancita nel CVII, e quella della “Presenza” cara a Comunione e Liberazione. Sono anni in cui ebbi modo di approfondire il senso vero della Scelta Religiosa fatta dalla Chiesa e la conseguente riscoperta e valorizzazione della “Laicità”. La Chiesa in tutto il periodo della storia moderna aveva subito l’offensiva della secolarizzazione e della laicizzazione che smontò poco alla volta quell’ ”ermeneutica tomistica” che concepiva le varie discipline umane come “Ancilla Theologiae”. Machiavelli così riscattò la Politica dalla Teologia, Galileo la Scienza, l’Illuminismo e Kant la Morale, Il Positivismo l’Economia e la Sociologia. Questo processo di secolarizzazione, rivendicando l’autonomia di vari ambiti dell’agire umano, aveva visto la Chiesa arroccata sulla difensiva rispetto alla modernità. Con la Scelta Religiosa fatta dal CVII la Chiesa rompe l’accerchiamento. In virtù del suo mandato spirituale e meta-temporale di lavorare per il “Regno” che si compirà “oltre” la storia del mondo, esige che la sua missione non sia mescolata e non si esaurisca in obiettivi e progetti che si spendono dentro il perimetro della storia umana. Così con il Concilio è la Chiesa che esige la piena autonomia (non separazione!) della sfera religiosa rispetto ai vari ambiti dell’agire laicale.
Oggi a distanza di 50 anni il CVII ancora non è stato completamente attuato. Molto per esempio c’è ancora da fare perché i Laici comprendano appieno la portata della loro ministerialità che viene loro affidata con il battesimo. Con il battesimo i laici diventano partecipi delle funzioni Regali, Sacerdotali e Profetiche affidate al popolo di Dio. Se sono chiari gli ambiti e le modalità con i quali può essere esercitata la regalità e la profezia, non è altrettanto chiaro quali quote delle funzioni sacerdotali possano essere estese ai laici. Viene per esempio mal tollerata l’idea che ci possa essere una elaborazione teologica dei Laici che invece la Chiesa istituzionale confina quasi esclusivamente nella produzione magisteriale od in scuole gestite gelosamente dall’ordine presbiteriale.
Francesco Vespe