Si terrà a Matera lunedì 20 dicembre, alle ore 16:30 presso Palazzo Viceconte in via San Potito 7, la conferenza stampa di presentazione della mostra fotografica “Sud Simboli Sguardi – fotografie 1966-1980”, di Pino Settanni, e dell’omonimo catalogo, con prefazione di Vittorio Sgarbi, distribuito in mille copie numerate.
Saranno presenti la regista Lina Wertmuller, il sociologo Mimmo De Masi, Monique Gregory Settanni, Giovanni Viceconte. La conferenza stampa precede l’inaugurazione ufficiale della mostra, che avverrà alle ore 18:00 alla presenza delle autorità locali.
A poco più di tre mesi dalla morte del grande artista Pino Settanni, (1949- 2010), saranno esposti 164 scatti, rigorosamente in bianco e nero, di quel Sud che Pino Settanni tanto amava e nel quale era nato. Le fotografie, realizzate dal 1966 al 1980, sono il lavoro dell’artista da giovane, quando, diciassettenne innamorato della fotografia, andava in giro con una Zenit a catturare immagini della sua terra, la Puglia, che di lì a poco avrebbe lasciato per trasferirsi a Roma. Le immagini degli alberi anneriti dai fumi dell’Italsider di Taranto si mescolano, così, ai ritratti degli scugnizzi dei bassi napoletani, alle immagini della Sicilia, agli abitanti ed ai paesaggi della Basilicata e della Puglia in un realismo che talvolta si diverte a sfociare nel Surrealismo, come nell’immagine della macchina per scrivere in primo piano sullo sfondo del mare. Sono fotografie che testimoniano del nostro passato, che spaziano dalla denuncia sociale alla citazione colta, con la maestria che è solo dei grandi artisti. Il libro “Sud Simboli Sguardi – fotografie 1966-1980” costituisce l’ultima opera di Pino Settanni. La testimonianza di un grande artista che, nell’impossibilità di realizzare nuovi scatti, ha continuato a “fotografare” con la mente, regalandoci quest’ultimo capolavoro.
La mostra sarà aperta a Palazzo Viceconte di Matera dal 20 dicembre 2010 al 20 gennaio 2011 e potrà essere visitata gratuitamente tutti i giorni dalle ore 10:00 alle 13:00 e dalle ore 16:00 alle 19:00.
Matera, 18.12.10
Info:3332928933 (Giovanni Viceconte)
Biografia
Pino Settanni, nato a Grottaglie (Taranto) il 21 marzo 1949, ha iniziato a fotografare nel 1966. Nel 1973 si trasferisce a Roma e diviene professionista collaborando con i più importanti giornali. Oltre 50 le mostre che dal 1975 hanno presentato le sue opere. Nel 1978 conosce Renato Guttuso e gli propone di reinterpretare fotograficamente in bianco e nero la Sicilia alla quale si era ispirato per i suoi quadri. Il pittore accetta e rilancia: invita Settanni a diventare suo assistente e fotografo personale. Nel suo studio romano di via Ripetta 226, Settanni ha ritratto i principali personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo come Moravia, Fellini, Mastroianni, Baj, Wertmuller, Benigni, Troisi, Morricone, Leone, Manzù, Bolognini, Cucchi. Il grande fotografo pugliese pensava alla macchina fotografica come a un pennello. Diceva che senza aver approfondito lo studio degli artisti del Cinquecento non avrebbe saputo come realizzare i suoi ritratti. Per lui non c’era buon fotografo che non avesse imparato dai grandi pittori l’uso della luce. La fotografia di Settanni è assolutamente personale e la poetica della sua creatività rappresenta il classico esempio della complicità emotiva del ritratto, dove l’artista coglie non tanto e non solo la personalità del soggetto, quanto la sua reazione nei confronti dell’osservatore e della situazione in cui questo l’ha inserito. Dal 1998 Pino Settanni ha realizzato le immagini delle campagne istituzionali dell’Esercito Italiano con fotografie dall’Italia, Bosnia, Kosovo, Albania, Afghanistan. I ritratti e i reportage fotografici realizzati in luoghi “caldi” come l’Afghanistan ne hanno aumentato la fama a dismisura, ma l’arte di Pino Settanni era da tempo riconosciuta in ambito nazionale ed internazionale. Lo testimoniano le fotografie pubblicate sui più noti giornali e riviste, il calendario Piaggio del 1993, le acquisizioni della Maison Européenne de la Photographie di Parigi, considerato il più importante Museo fotografico europeo. Tra i riconoscimenti più prestigiosi, il Premio Lubiam nel 1995, il Premio Lido Azzurro Ricognition a Taranto nel 1997, il Pericle d’Oro per la fotografia nel 1997, il Premio Pisa per la fotografia nel 2000. Un male implacabile gli ha strappato la vita il 31 agosto 2010.
Dalla Prefazione di Vittorio Sgarbi a “Sud Simboli Sguardi – fotografie 1966-1980”:
Sapeva che la vita si avviava a finire, lo sapeva e lo diceva, e io preferivo non credergli. Ma che egli ne fosse certo, si vede dallo straordinario viaggio, a ritroso nel tempo, nei luoghi delle sue origini. Aveva fatto ricerca, sperimentazione, nella sua opera di fotografo. Aveva conosciuto artisti, attori, registi, a Roma aveva vissuto gli ultimi fuochi della “Dolce Vita”. E sembrava non avere più alcun legame, nella sua attività creativa, con i luoghi e le condizioni della sua infanzia, della sua adolescenza, in un meridione arcaico e immobile. Così arcaico e così immobile che, nel ritornare a guardare uomini, strade, case, sembra di essere ritornati, e non per uno spirito proustiano, agli anni ’50. Mi sono arrivate le fotografie di questo ritorno in Puglia, Basilicata, Sicilia e Campania, rigorosamente in bianco e nero, e mi è sembrato di vedere immagini dell’epoca del neorealismo, e comunque non oltre la ricognizione memorabile di Mario Cresci nei Sassi di Matera. Ho pensato per un attimo che fossero soltanto fotografie dei primordi di Pino Settanni, un recupero di immagini d’archivio, pietosamente ripescate dopo la morte. Leggo invece una lettera della sua compagna Monique, che mi scrive quanto gli stessero a cuore queste fotografie che documentano un affannoso viaggio della memoria compiuto da Pino in tempi diversi e fino agli ultimi mesi. Chiamato da un istinto incontenibile, Pino era risalito fino alle fonti del lungo viaggio della sua vita, attraverso lo sguardo curioso su una realtà salvata dalla arretratezza, dalla povertà. Io non credevo ai miei occhi. Pura poesia sono queste immagini, anche ripescate in un archivio senza tempo dove processioni, feste popolari, abiti al vento, interni domestici, documentano un meridione d’Italia che il progresso non può alterare, immutabile nelle sue consuetudini e nella sua inerzia, e con una naturalezza che è difficile trovare nelle fotografie dei colleghi siciliani, così dense da apparire teatrali, o di un altro grande pugliese, di Lucera, Giuseppe Cavalli, così depurato e lirico da trasformare le immagini in idee, togliendo loro sudore, odore e sangue; ciò di cui invece sono cariche le fotografie di Pino, anche le più formalistiche, le più compiaciute, vive di colore locale: la gabbia per gli uccelli su un balcone sospeso davanti al mare; i fiaschi di vino accatastati; la chiave su un muro con un riflesso di luce, i panni al vento… Non mancano i ritratti, come la versione dell’Ignoto marinaio (con mozzicone di sigaro) di Antonello; o l’omaggio esplicito al ritratto del padre agrimensore e alla Vucciria dell’amico Guttuso. Pino Settanni sembra volerci dire che l’estrema, e insieme primaria, umanità sta nel meridione; e che altrove, dove l’uomo ha trovato benessere e fortuna, si è perso il senso delle cose, della vita, della dimensione misurata e protettiva del cortile, dove il mondo non si vede ma si racconta. In quella dimensione c’è una poesia, la sopravvivenza di antiche consuetudini, la rassegnazione e la certezza che tutto è vano. Visti di spalle i vecchi si incamminano per strade deserte, o osservano, in un silenzio impenetrabile, il profilo delle case degradate del paese. Quando Pino li mette in posa per un ritratto, le espressioni sospettose o beffarde sembrano voler negare l’evidenza di una condizione di umiliazione e di miseria. Ma non è questa la condizione di ogni esistenza? Che differenza c’è tra un presidente del Consiglio e un mangiatore di fuoco? la fine li attende senza sconti e differenze. Pino non ne ha un presagio, ma la certezza. E una lunghissima agonia attraversa anche le pietre. Investe i centri storici anche apparentemente integri, ma inevitabilmente degradati, perfino nella bella, incontaminata Matera. Settanni non altera, non edulcora la realtà; ma la dolcezza esce oltre all’umiliazione, oltre alla miseria; ed è forse la dolcezza dello sguardo che carezza la realtà senza farsene travolgere, in un disarmato candore, in una infinita nostalgia, in una sensazione che neppure la morte potrà arrestarne il rimpianto. Pino se ne è andato, ma i suoi luoghi restano attraverso i suoi occhi.