Ci sono almeno una quindicina di provvedimenti che il Governo, tuttora in carica, non ha mai assunto in attuazione delle principali norme per la sanità introdotte nell’ultimo anno tra Spending review, Legge Balduzzi e Stabilità. Si va dall’assistenza territoriale, all’aggiornamento dei Lea, al regolamento sugli standard ospedalieri, alla revisione del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco (per ricordare i più rilevanti) sino ai 2 miliardi di ticket che scatteranno dal prossimo anno se non si troveranno altre coperture. In questi provvedimenti in sospeso non c’è però alcuna traccia di indirizzo alle Regioni per procedere ad accantonare i risparmi di settore, come invece ha deciso di fare, in controtendenza a misure del Governo e al comportamento delle altre Regioni, la giunta lucana attraverso l’adozione della deliberazione n. 25 del 15 gennaio scorso che conferma il blocco, fino al 31 dicembre 2014, dei tetti di spesa per le strutture sanitarie private accreditate e al contempo obbliga alle Aziende Sanitarie di non assegnare gli eventuali risparmi di settore. Per comprendere meglio: si tratta dei casi di centri, ambulatori, strutture che pur avendo avuto assegnato un badget non sono stati in grado di coprirlo perché gli utenti hanno preferito rivolgersi ad altri che quindi, a loro volta, hanno superato il proprio badget e “regalano” al Servizio Sanitario Regionale sino ad alcune decine di migliaia di euro di prestazioni realmente erogate e non pagate. Un comportamento, quello della Giunta regionale, che ha il sapore di punire chi si è comportato bene ed ha fatto di più. Permane un mistero, sinora, delle motivazioni di questa scelta come è un autentico mistero la destinazione delle risorse finanziarie “rastrellate” in questo modo e comunque a discapito di altre strutture private accreditate che non hanno negato ulteriori prestazioni e servizi per evitare liste di attesa in strutture pubbliche e comunque per dare risposte efficaci alla tutela della salute dei cittadini. In attesa di saperne di più con la ripresa dell’attività del Consiglio Regionale e il superamento della fase di ordinaria amministrazione della Giunta, a causa del periodo elettorale, ci piace condividere il documento della Public Affairs Association, l’associazione dei professionisti della lobbying che operano nella sanità, articolato in 10 punti. Il documento invita chi si propone di occuparsi di politica sanitaria ad avere il coraggio di apportare modifiche anche sostanziali ai modelli esistenti:
1. una sanità veramente coniugata alla salute, che tenga conto di un sistema di welfare in affanno e che sia attenta alle “fragilità” sociali che stanno emergendo nel Paese; 2. una sanità con meno ingerenza politica nelle scelte gestionali; la scelta dei manager sia fatta sulla base di competenze certificate e non su logiche politiche (c’è in proposito una novità importante che deriva da un dlgs anch’esso sospeso: Niente incarichi di direzione nelle aziende sanitarie locali per cinque anni per chi si candida, anche se non eletto, «in elezioni europee, nazionali, regionali e locali, in collegi elettorali che comprendano il territorio della Asl»); 3. attenzione agli operatori medico-sanitari, quale volano di crescita e sviluppo del SSN; 4. coinvolgimento dei cittadini nelle scelte in campo sanitario, attraverso le associazioni di cittadinanza e dei malati; 5. coinvolgimento delle società scientifiche nei tavoli di lavoro, nella programmazione sanitaria e nell’adozione di linee guida nazionali; 6. chiarezza nella politica del farmaco, che garantisca sviluppo ai farmaci generici, ma anche ai farmaci innovativi, eliminando le storture gestionali tra Stato e Regioni, con una politica non perennamene vessatoria nei riguardi della filiera del farmaco; 7. investimenti nella ricerca senza i quali non vi potrà essere sviluppo; 8. rilancio del confronto vero in sanità, stimolando tutti a pensare che non è più possibile continuare a deliberare sulla sanità a colpi di decreto, e per giunta con un Ministero della Salute commissariato di fatto dal Ministero dell’Economia; 9. norme e regolamentazioni chiare sull’anticorruzione, affinché i “faccendieri” non abbiano più dimora nell’ambito dei rapporti istituzionali in sanità; 10. l’uscita dal “guado” di una sanità che non rispetta il dettato costituzionale, in cui il mancato federalismo genera difformità tali da compromettere i diritti costituzionali e le più normali regole del mercato.
Antonia Losacco, presidente FeNASP Basilicata