LA PRIMA AL CINETEATRO DUNI DEL FILM UN GIORNO PER LA VITA.
Il cast è quasi al completo ma naturalmente l’attesa in albergo è tutta per la star femminile che interpreta il ruolo di mamma Amelia, Maria Grazia Cucinotta. Bellezza mediterranea che non viene scalfita con il passare degli anni e professionalità confermata anche in questa produzione cinematografica. Prima di raggiunge il teatro Duni a piedi in compagnia degli attori locali Domenico Fortunato, Pascal Zullino e Nando Irene, Maria Grazia Cucinotta si concede volentieri alle telecamere e ai taccuini per le domande di rito dei giornalisti. “Quando il regista Giuseppe Papasso mi ha proposto di lavorare per questo film ho accettato con grande entusiasmo perchè ho letto una storia stupenda, dalla quale è scaturito un film stupendo.” Come ti sei trovata ad interpretare mamma Amelia. “In questo personaggio c’è mia madre. Anche Amalia come lei ama stare a casa e fa sempre un passo indietro a favore di suo marito, anche se sa tirare fuori la grinta al momento giusto. Questo è un film “no-budget” ma durante le riprese non abbiamo sentito la mancanza di niente. I luoghi dove abbiamo girato sono fantastici e anche Matera, che ho avuto modo di scoprire da poche ore, è uno dei piccoli gioielli di questo territorio. Si fa fatica ad arrivare ma quando arrivi ti illuminano con la loro bellezza. Durante le riprese tutti gli attori hanno dato il massimo e questo accade ogni volta che partecipo ad una produzione. Solo se tutti danno il massimo si può offrire un bel film al pubblico. Una nota di merito speciale va rivolta ai bambini di questo film, che sono stati fantastici. E poi ringrazio il regista perchè durante le riprese ci ha permesso di lavorare in un clima bellissimo, a tal punto che non mi sembrava di essere sul set per un impegno di lavoro.” Osservando i Sassi ha pensato ad un prossimo film da girare proprio qui? “Se capita l’occasione sarò felicissima di accettare una proposta”. Felici anche i giovani attori alla prima esperienza in una produzione cinematogrifica. I tre ragazzi Matteo Basso, Amedeo Angelone e Francesca D’Amico frequentano il terzo anno di scuola media e per la prima volta hanno avuto l’opportunità di fare cinema. “Da grande non so ancora cosa farò – confessa Matteo Basso – ma so già che per diventare un bravo attore si deve studiare. Su questo film posso dire che nonostante fosse la nostra prima esperienza sul set credo che tutti lo abbiamo vissuto come un gioco”.
Poi tutti al Duni per la prima ufficiale. In sala ci sono i piccoli protagonisti e la bambina di Potenza che al momento delle riprese aveva appena otto mesi. Anche lei è cresciuta, come sono cresciuti i giovani attori sui quali ha scomesso il regista Papasso. La Cucinotta coccola la bimba e poi raggiunge sul palco i colleghi con i quali ha condiviso l’esperienza in questa produzione che racconta una Basilicata degli anni 60 ancora lontana dal boom economico che ha segnato il riscatto sociale di altre realtà italiane. Il film si apre con Carlo Lombardi, alias Alessandro Haber che interpreta il ruolo di un giornalista di provincia che ha deciso di raccontare la storia di Salvatore, un giovanissimo rinchiuso nell’istituto di osservazione minorile di Potenza per aver rubato dei soldi dalla sezione di Melfi del partito comunista. Attraverso una storia corale il documentarista Giuseppe Papasso prova a far emergere i valori di una volta, sbiaditi con il passare del tempo e poi praticamente annullati da una società schiava della tecnonologia e di un benessere che in questi anni è stato solamente attenuato dalla crisi economica e occupazionale. Evidenti i riferimenti al cinema di Don Camillo e Peppone e a quello nostalgico e romantico di Nuovo Cinema Paradiso, emozionanti le musiche originali di Paolo Vivaldi, anche se le note tradiscono chiari riferimenti alle colonne sonore di Ennio Morricone. Deliziosa la fotografia che esalta le distese di grano del melfese, già mostrate da Gabriele Salvatores in “Io non ho paura”. Non è sfuggita anche la camminata di “Malena” interpretata da Mia Benedetta, che sul set è l’amante di Aurelio (Daniele Russo), uno dei due militanti “vegetali” della sezione locale del Partito Comunista. Il film si apre con la scena del dodicenne Salvatore che sarà costretto ad abbandonare la sua famiglia dopo i soldi rubati per acquistare un proiettore, che sarà utilizzato per avviare una piccola sala cinematografica nella chiesa guidata da don Michele La Porta, interpretato da Ernesto Mahieux. La passione per il cinema è il filo conduttore della storia sceneggiata da Giuseppe Papass. I giovani del paese sono disposti anche a viaggiare in bicicletta per cinque chilometri pur di raggiungere la saletta più vicina per assistere ai film in uscita. Salvatore deve fare i conti con l’ostruzione di un padre accecato dalla supremazia congenita dell’uomo sulla donna. Papasso esalta anche la figura di Palmiro Togliatti partendo dal giorno dei suoi funerali mentre Matera si potrà osservare solo nel finale, attraverso un’immagine che viene mostrata dal giornalista Carlo Lombardi, che risulterà decisivo per anticipare l’uscita dal carcere del piccolo Salvatore. Un film coraggioso quello di Giuseppe Capasso, che saprà certamente conquistare il cuore di chi lo andrà a seguire al cinema. E nel periodo dei cinepanettoni e dello tzunami Checcho Zalone, la storia di Un giorno della vita permette di fare una scelta alternativa per sostenere il cinema indipendente made in Basilicata.
Michele Capolupo
PRESENTAZIONE UFFICIALE DEL FILM “UN GIORNO DELLA VITA” A MATERA PRESSO LA SALA GIUNTA DEL COMUNE
Dopo la presentazione alla stampa avvenuta martedì 11 gennaio a Roma presso la Casa del Cinema il lungometraggio “Un giorno della vita”, opera prima del regista calabrese Giuseppe Papasso ambientata nella Basilicata del 1964 e girata tra Melfi, Barile, Forenza e Rionero in Vulture. Il film è stato presentato in mattinata nella città di Matera: la prima è prevista venerdì 14 gennaio al Teatro Duni alle ore 20 e alle 22. Dopo il saluto dell’assessore comunale Elio Bergantino è toccato al regista calabrese Giuseppe Papasso il compito di presentare la sua prima opera in uscita nelle sale cinematografiche di tutta Italia a partire da venerdì 14 gennaio. “Usciamo in mezzo ad un ciclonevisto che ci sono molti film che sono sostenuti in maniera molto forte rispetto alla nostra produzione. Il nostro è un film indipendente e per darvi un’idea si può paragonare ad un sandwich schiacciato da mostri. Per me “Un giorno della vita” è una favola sul cinema, che racconta un mondo che non c’è più. Quando ho scritto questa storia avevo in mente “Quattrocento colpi di Truffeau”, (un film del 1959 diretto da François Truffaut – ndr), al suo primo lungometraggio, perchè per motivi professionali ho studiato la storia del cinema internazionale. La mia storia è ispirata alla nouvelle vague francese, che ho amato molto. Certamente i miei motivi ispiratori sono stati il Guareschi con Peppone e Don Camillo e Tornatore con Nuovo Cinema Paradiso, anche se a differenza di quanto accade in quest’ultima pellicola nel mio film il padre impone la sua visione della vita al figlio e questo atteggiamento impedirà di poter seguire la sua passione. Il film è ambientato nel potentino, tra Melfi, Barile, Forenza e Rionero in Vulture ma la città di Matera è rappresentata da immagini vere e posso dire che Matera è il plot del film Un giorno della vita. Sono contento di aver ambientato questo film in Basilicata anche se sono calabrese perchè qui ho trovato una luce straordinaria, quella che piace ai registi e ai direttori della fotografia, la stessa che si trova anche in Puglia. Quando mi domandano perchè ho scelto questa terra rispondo sempre che rispetto al territorio calabrese, deturpato negli anni dalla cementificazione selvaggia, semplicemente mi piace molto di più. Questo film è arrivato in seguito alla mia esperienza in Rai nella produzione dei documentari: il lavoro che condotto per Quark ha influito sicuramente sul taglio antropologico che ho dato al film anche se quando si parla degli anni 60 è normale ricevere delle critiche su quello che ho deciso di mostrare e di raccontare attraverso la mia storia. Ora vi racconto qualcosa sugli attori, che sono per me fondamentali assieme alla scrittura per produrre un bel film. Maria Grazia Cucinotta è perfetta nel ruolo di Amalia. Alessandro Haber interpreta invece il ruolo di un piccolo giornalista di provincia animato da una grande professionalità in contrapposizione ad un padre ostile che ostacolerà la sua voglia di approfondire questa sua passione e inclinazione naturale. Pascal Zullino (uno dei tre attori materani assieme a Fortunato e Irene -ndr) è un cuore del film. Di Pascal ho apprezzato molto la sua umanità e la sua capacità di comunicare, qualità molto difficili da trovare in un attore. Domenico Fortunato ha girato poche pose ma tutte di grande forza e professionalità. Il film, ambientato nel 1964 è uno spaccato di costume, società e politica italiana. Nel film racconto in particolare la morte di Togliatti, che al di là del suo impegno nel partito comunista, è stato un perno della politica italiana. Quando guarderete il film scoprirete perchè mi serviva questo presupposto. Racconto il Conciio Vaticano II, i primi topless in Italia, che all’epoca erano proibiti, la massima espansione delle sale cinematografiche, che favorirono la distribuzione del cosiddetto cinema indipendente con le pellicole 13 mm che si affiancavano alle più note 35 mm. Nella sceneggiatura sono stato coadiuvato da un grande amico, Mimmo Raffaele, che ha lavorato a produzioni importanti come Il Giudice Borsellino e la Piovra. E’ un film semplice, dove non ci sono trucchi. Nel cast c’è anche un altro attore materano, Nanodo Irene, che assieme a Pasquale Sorrentino interpreta il ruolo di un comunista un po’ tonto, di quelli che fanno finta di non capire, che sono pronti a raccontare pettegolezzi tipici dei paesi di provincia. Nel cast ci sono anche altri attori importanti come Daniele Russo e Mia Benedetta.”
Domenico Fortunato non nasconde l’emozione di ritrovarsi in conferenza stampa nella sua città per un film in cui è stato coinvolto grazie all’amicizia con un altro grande attore materano, Pascal Zullino. “Mentre il regista raccontava il suo lavoro mi è salita l’emozione. Siamo a casa e sento in modo davvvero particolare questo appuntamento. Una sera Pascal mi ha chiamato e siamo andati insieme a mangiare una pizza sulla via Magliana con Giuseppe Papasso, che aveva visto un cortometraggio che avevo girato a Matera. Credo che questo film può dire la sua e può incassare, anche se non ha dietro un major che può investire in pubblicità nazionali come accade per le grandi produzioni. Sono convinto di questo perchè il regista Papasso ci ha messo il cuore nel raccontare una storia lucana che si svolge in particolare a Melfi.” In proposito il regista interviene per precisare che nel film non c’è mai un riferimento preciso al luogo in cui è stato girato proprio perchè l’intenzione era quella di raccontare una storia di un qualsiasi paese lucano ambientata negli anni 60. Per esempio quando viene annunciato un film al cinema di Barile, la città viene sostituita con “Basile”, un nome di fantasia scelto proprio per questa ragione”. Poi Fortunato precisa: “Questo film esalta bellezza e la civiltà della nostra terra. Me ne sono accorto quando abbiamo girato davanti alla Cattedrale di Barile: a seguire la scena c’erano tante persone davanti alle scale della chiesa e tutte erano sempre in silenzio. Io sono rimasto molto colpito da questa cosa. Spesso il cinema arriva nelle città in modo invadente, dalle nostre parti invece c’è grande civiltà e compostezza e sono molto orgoglioso di questo. Con questo film si è realizzato un piccolo sogno.”
Emozionato e presente in compagnia della sua piccola figlia anche Pascal Zullino: “Recitare in questo film è stata un’emozione forte perchè ho ritrovato molto della mia vita. Nel bambino che va in bicicletta ho rivisto la mia infanzia perchè anch’io mi divertivo con una bicicletta e interpretando quel padre ostile ho rivisto mio padre che mi baciava solo quando si accorgeva che mi ero addormentato. Io invece amo molto mia figlia e sono convinto che bisogna mostrare l’affetto verso chi si ama. Nel film ho ritrovato anche l’amore per il cinema che ho sempre avuto sin da piccolo, anche se non immaginavo che avrei lavorato in questo campo. Devo dire che è stato un onore lavorare per me in questa storia, che mi ha commosso molto. Stasera per la prima sarà una grande emozione presentare questo film alla presenza dei miei genitori.”
Nando Irene preferisce affrontare nel corso del suo intervento anche il tema caldo della “film commission”: “Sul mio ruolo ha già anticipato tutto il regista. Posso aggiungere che mi sono definito un vegetale del partito comunista. Oltre a recitare ho dato il mio contributo per favorire la prima proiezione di questo film a Matera e per questo ringrazio il sindaco Adduce, l’assessore regionale materano Luca Braia (entrambi presenti alla conferenza stampa – ndr) e Patrizia Minardi, responsabile dell’ufficio regionale che si occupa del Por 2007-2013. Siamo qui a presentare un’altra produzione cinematografica girata in Basilicata e siccome bisogna battere il ferro quando è caldo credo che sia giusto ribadire la necessità di favorire la costituzione di una film commission per aprire un ufficio che possa rispondere alle nostre esigenze. Non importa dove sarà localizzata la sede, l’importante è passare dalle parole ai fatti su questa richiesta avanzata da tempo”.
Prezioso il lavoro svolto dalla scenografa Nunzia Decollanz, originaria di Miglionico. “Vengo dal teatro, visto che ho fatto lirica per otto anni a Firenze. Ora sono tornata nella mia terra e ho deciso di investire su questa professione. Ringrazio il regista Giuseppe Papasso che ha creduto in me e sono molto felice di aver partecipato a questa produzione cinematografica”.
Nel film sono presenti anche diversi bambini, un’altra scommessa vinta dal regista Giuseppe Papasso: si tratta di Matteo Basso di Melfi, Francesca D’Amico di Barile e Amedeo Angelone di Rionero in Vulture. Hanno partecipato anche un bambino down di Potenza , Orazio Cammarota e una bambina di appena otto mesi, con tutti i problemi che una piccola può determinare visto che quando piangeva non potevamo interrompere la scena.” Sulla presenza di un bambino down abbiamo chiesto al regista perchè ha deciso di mostrare un disabile visto che all’epoca queste persone erano rinchiuse in casa perchè secondo la mentalità dell’epoca non potevano essere visibili in pubblico. “Questa scelta è motivata dal fatto che non ho voluto prendere la parte “più stronza” dell’essere umano, la presenza di un down è di buon auspicio affinchè le cose cambino, come in effetti sono cambiate in merito all’integrazione e all’inclusione sociale di queste persone diversamente abili”.
Il sindaco Adduce in chiusura ha ricordato che la città ha nel cinema una delle carte da giocare la film commission avrà sede sicuramente a Matera. Sugli anni 60 credo che sono stati troppo enfatizzati su certi aspetti e meno studiati di altri, per questo credo che il regista non deve preoccuparsi troppo dei giudizi che arrivano dalla critica cinematografica. Il periodo degli anni 60 ha segnato il maggior numero di riforme: la legge sulla casa, quella sulla scuola media, gli investimenti in cultura ed in particolare sull’università. Non è arrivata perchè c’era stato il Maggio francese.”
La dichiarazione del sindaco ha anticipato la nostra domanda al regista: “Come mai nel film non viene affrontato il tema del boom economico? “Nel sud le cose quando arrivnao arrivano sempre in ritardo. Quelli del Sud, e questa è una cosa che mi fa incazzare, sono sempre uguali e ragionano allo stesso modo anche venti anni dopo. I personaggi, come si vedrà nel film, sono chiusi nel loro campanilismo e come spesso succede chi è incapace di amare non sorride. Per questo il messaggio che lancio è che non c’è differenza tra cattolici, comunisti e socialisti quando i cittadini sono vittime della logica di paese.”
Domenico Fortunato ha ricordato infine che negli anni 60 è stato prodotto il più grande cinema italiano e il mio pensiero va al grande Mario Monicelli, che ci manca molto”.
Michele Capolupo
La fotogallery dedicata alla conferenza stampa del film Un giorno della vita nella sala giunta del Comune di Matera
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PRESENTAZIONE UFFICIALE DEL FILM “UN GIORNO DELLA VITA” A ROMA PRESSO LA CASA DEL CINEMA
E’ stato presentato martedì 11 gennaio a Roma presso la Casa del Cinema il lungometraggio “Un giorno della vita”, un nuovo film ambientato nella Basilicata del 1964 girato tra Melfi, Barile, Forenza e Rionero in Vulture e in uscita nelle sale cinematografiche venerdì 14 gennaio e che vede impegnati anche tre attori materani: Pascal Zullino, Nando Irene e Domenico Fortunato (nella foto in basso con il regista Giuseppe Papasso, Maria Grazia Cucinotta e Alessandro Haber).
Il lungometraggio “Un giorno della vita” è un film ambientato nella Basilicata del 1964: è stato girato tra Melfi, Barile, Forenza e Rionero in Vulture e uscirà nelle sale cinematografiche il 14 gennaio 2011. Per la prima proiezione prevista a Matera è annunciata la presenza di Maria Grazia Cucinotta, una delle protagoniste femminili del lungometraggio.
Girato in provincia di Potenza, nelle splendide campagne di Melfi (“Quando ho visto il film di Salvatores Io non ho paura – dice il regista – ho pensato che fossero i luoghi più suggestivi per questo tipo di storia”), il film esce il 14 gennaio distribuito dalla Iris Film in 30 copie, con la speranza che il passaparola possa portarne una cinquantina in tutta Italia.
4 settimane di riprese, e le partecipazioni amichevoli di attori di vaglia come Alessandro Haber, Maria Grazia Cucinotta ed Ernesto Mahieux, anche se il grosso del lavoro è affidato a un attore poco noto ma bravissimo come Pascal Zullino, e al debuttante dodicenne Matteo Basso. Siamo nel 1964, anno di grande eventi, che il regista ha scelto come emblematico di una storia nostalgica ma non stereotipata.
“Il 1964 è un anno molto interessante dal punto di vista della cultura, della politica e della vita sociale italiana, che vede non solo la morte di Togliatti, ma anche fenomeni di costume come i primi topless, e la massima espansione delle sale cinematografiche parrocchiali, che proiettavano film a passo ridotto, a 16 mm, un fenomeno importantissimo per la diffusione del cinema in Italia. Il mio obiettivo era quello di raccontare una favola sul cinema in modo molto semplice, e di parlare di un mondo che non c’è più. Amo tutto quello che c’è dietro di noi, ho avuto a volte paura di farmi prendere la mano per cui ho scelto la strada di una grande sobrietà. Quando scrivevo il soggetto avevo in mente I quattrocento colpi di Truffaut, un cinema che tutti abbiamo amato. Lì il ragazzino rubava una macchina da scrivere e veniva chiuso in un riformatorio, qua Salvatore coi suoi amici ruba dei soldi per comprare una cinepresa e realizzare il suo sogno di portare il cinema in paese. Mano a mano che scrivevo, mi sono reso conto che noi abbiamo anche altri modelli, e i miei punti di riferimento sono stati Giovanni Guareschi, con le storie di Don Camillo, e Giuseppe Tornatore. Ma se il protagonista di Nuovo cinema Paradiso riesce a concretizzare la sua passione per il cinema, il mio è prigioniero di un padre che vuole imporgli la sua visione della vita”.
Se la storia è dichiaratamente favolistica, il contesto è raccontato con realismo. E’ un’Italia divisa in due schieramenti, dove i contrasti sono ancora molto forti. Pascal Zullino, il padre-padrone di Salvatore, ci dice di aver riconosciuto in questa figura paterna un modello tipico del periodo, in cui i comportamenti autoritari non derivavano tanto dall’ideologia, ma erano passati e accettati di padre in figlio, “come il fatto che un padre potesse baciare i figli solo quando dormivano. Forse io proprio per contrasto coi miei figli sono estremamente affettuoso, ma era un modello molto diffuso negli anni Sessanta, non soltanto nel Sud”. Quanto all’alchimia che si è creata col piccolo protagonista, Zullino racconta di essere rimasto estremamente colpito dalla capacità del bambino di piangere a comando, nella scena finale, per ben 6 volte. A Matteo Basso, paralizzato dall’emozione in conferenza stampa, chiediamo, non appena si è ripreso, a cosa pensasse in quei momenti: “siccome era l’ultima scena e l’abbiamo girata proprio l’ultimo giorno, pensavo che presto sarebbe finito tutto e mi veniva da piangere”.
Ad Alessandro Haber spetta il compito di fare da narratore alla storia del piccolo chiuso in riformatorio. Il suo è un giornalista e, come ama definirlo, “un angelo custode”. Di sicuro è una persona che sa ascoltare, “una dote che oggi, con Facebook, internet, computer e varie, si è persa. Ascoltare è importantissimo, e oggi non comunichiamo più. E bisogna conoscere il nostro passato, ho adorato la sceneggiatura, mi piaceva questo tema del ricordo in un momento in cui tutto viene dimenticato troppo facilmente”.
Sempre sincero ai limiti dell’autolesionismo, Haber rivendica il fatto di essere “uno dei pochi attori di un certo “livello”, diciamo, che ha fatto tantissime opere prime. Io mi metto in gioco, mi piacciono le sfide. Quando ho letto la sceneggiatura, Papasso mi ha detto che aveva pensato a me per quel ruolo, non so se è vero ma avrei accettato anche nel caso che fossi stato la terza o la quarta scelta. L’idea di mettermi allo stesso livello di chi comincia, come il regista, mi dà la carica, ripenso a me quando ero agli inizi. E’ quasi un gioco d’azzardo, io non ho mai fatto calcoli come attore, tanto ci si dimentica di noi, è bello giocare adesso finché ci siamo, ed essere generosi è importante. E’ facile fare film con De Laurentiis, si sa che incassano, ma non so se Bentivoglio o Rubini o Ghini, che sono amici, persone a cui voglio bene, si sarebbero messi in gioco per fare un film del genere. C’è gente nel nostro lavoro che fa troppi calcoli, che pensa se una cosa gli conviene o meno in base a una serie di criteri. Ma cosa c’è da difendere in fondo? Con una provocazione, ho detto che per salvare il nostro mestiere, la cultura, dovremmo fare un gesto eclatante, bruciare un cinema o un teatro per salvarli tutti. Questo è un film coraggioso, che sembra di un’altra epoca, è una bella favola che ci permette ancora di sognare”.
Altrettanto entusiasti gli altri partecipanti al film a titolo amichevole (dunque con compensi minimi): Maria Grazia Cucinotta – che è stata coinvolta nel film dall’amico Ernesto Mahieux – è una madre di 4 figli le cui opinioni in apparenza non vengono considerate, ma che in fondo è in grado “di difendere i figli e la sua famiglia, e di fare sentire il proprio peso al momento giusto. A parte quando il marito le dice “tu sei donna, che capisci?”, una battuta su cui io e Pascal abbiamo scherzosamente litigato, mi piace calarmi nei panni di una donna degli anni Cinquanta e Sessanta, me la sento molto affine. Le donne dell’epoca non rinunciavano mai alla propria femminilità, non si mettevano in competizione con l’uomo sul suo stesso piano, non avrebbero mai sacrificato la famiglia o la possibilità di avere un figlio alla carriera. Dal mio punto di vista questa che si è verificata è una grossa perdita. Questo film è una favola bellissima che fa tornare bambini e parla di sogni, ti riporta alla semplicità con cui un bambino guarda alla vita. E’ tutto visto attraverso gli occhi di Salvatore, e perfino i suoi piccoli furti sono fatti in modo talmente puro e semplice che la madre lo perdona. La madre in fondo capisce questa sua passione, tutti si innamorano del cinema e lo usano, la politica e la chiesa, che se ne serve per riportare al suo interno gente che magari se n’era allontanata, e il bambino che all’inizio è il peccatore diventa l’artefice di questo grande movimento. Questo è un film capace di farti sognare, ho letto la sceneggiatura in un’ora e l’ho adorata, e a volte quando vedi il risultato resti delusa perché è un po’ meno bello di come te lo aspettavi. Beh, dopo aver visto il film sono felice e orgogliosa di aver fatto parte di questa famiglia. Pensa che con alcune persone di Melfi, che senza conoscerci ci hanno aperto le loro case per farci cambiare (non avevamo roulotte per farlo), e non ci hanno fatto mancare nemmeno i cornetti caldi la mattina, sono ancora in contatto, ci scriviamo”.
A concludere la rosa dei protagonisti, oltre a Mia Benedetta che interpreta una donna moderna, senza marito al fianco e additata dal paese come dultera, c’è il piccolo ma grandissimo Ernesto Mahieux, che con vigore e divertimento interpreta il prete del paese. “Il prete mi mancava tra i miei personaggi, e l’ho voluto fare anche perché ho fatto molti cattivi. Mi è piaciuto subito moltissimo, anche perché mi ricordava Don Camillo. E poi adoro gli anni Sessanta, li ho vissuti, e mi piace tutto di quel periodo”. Ti sei ispirato a qualche sacerdote che hai conosciuto? “Certo, erano proprio così, duri, scostanti, mi ricordo che il prete, a Napoli, voleva obbligarmi a prendere la tessera dell’Azione Cattolica perché potessi andare a giocare al pallone in parrocchia. Ma io non la presi, scavalcavo e giocavo lo stesso. Non ho mai preso tessere di nessun genere, sono sempre stato un uomo libero, l’arte dev’essere libera, non ha senso che ci voglia una tessera per la cultura”. E riandando indietro nel tempo, ricorda “mio padre, un uomo religiosissimo, tanto che quando morì aveva un portafoglio gonfio così, pieno di… santini. Un giorno il prete gli chiese quanti figli avesse, e lui rispose “due”. E a che età ti sei sposato? E lui “a 14 anni”. E il prete “mica te la posso dare l’assoluzione allora”. Ma per concludere con una battuta, il vulcanico attore sottolinea che Un giorno della vita “è anche un film educativo, perché di questi tempi fa vedere che i comunisti non mangiano i bambini. Ce n’erano un sacco sul set, pure una bambina di 8 mesi, e sono tutti sopravvissuti!”.
Ecco il trailer già inserito su Youtube
Il dato curioso è che nel cast di “Un giorno della vita” ci sono ben tre attori materani, Pascal Zullino, Nando Irene (nella foto in basso la coppia Irene-Zullino) e Domenico Fortunato.
Scheda film “Un giorno della vita”
Regia: Giuseppe Papasso (opera prima)
Anno di produzione: 2010
Durata: 87′
Tipologia: lungometraggio
Genere: drammatico
Paese: Italia
Produzione: GFC Production
Formato di proiezione: 35mm, colore
Sinossi: Basilicata 1964. A dodici anni Salvatore finisce in riformatorio a causa della sua divorante passione per il cinema. Una passione che lo spinge a raggiungere ogni giorno in bicicletta, insieme agli amici Alessio e Caterina, il paese vicino al suo per poter assistere ai film di una saletta di terza visione. Salvatore deve poi affrontare quotidianamente l’ostilità di suo padre, un contadino comunista che vede come fumo negli occhi la passione del figlio. Un giorno, l’annuncio della vendita di un vecchio proiettore 16 mm fà nascere in Salvatore l’idea di creare un piccolo cinema. Il progetto però ha una falla: la mancanza assoluta di denaro.
Salvatore acquista il proiettore sottraendo alle casse della locale sezione del Partito comunista i soldi raccolti tra i militanti per inviare una delegazione ai funerali di Togliatti… (continua). La felicità dei ragazzi dura poco: le faccende degli adulti, le beghe politiche del paese, andando a intrecciarsi con il loro ingenuo sogno, portano alla scoperta del furto di Salvatore…
Ambientazione: Melfi, Barile, Forenza, Rionero in Vulture
Interpreti
Maria Grazia Cucinotta (Amelia)
Alessandro Haber (Carlo Lombardi)
Pascal Zullino (Pietro)
Nando Irene (Rocco)
Ernesto Mahieux (Don Michele La Porta)
Mia Benedetta (Virginia)
Daniele Russo (Aurelio)
Massimo Sorrentino (Ciccio)
Matteo Basso (Salvatore)
Amedeo Angelone (Alessio)
Francesca D’Amico (Caterina)
Orazio Cammarota (Cesare)
Domenico Fortunato (Rizzo, il Segretario)
soggetto: Giuseppe Papasso
sceneggiatura: Giuseppe Papasso e Domenico Raffaele
montaggio: Valentina Romano
costumi: Sandra Cianci
scenografia: Nunzia Decollanz
fotografia: Ugo Menegatti
suono: Federico Tummolo
aiuto regista: Tiziano Grasso e Nicoletta Osci
produttore: Geo Esposito
Produttore Esecutivo: Geo Esposito
Organizzatore: Demetrio Loricchio
Biografia Pascal Zullino (nella foto in basso)
Pascal Zullino è nato a Matera il 26 agosto del 1964. Figlio unico di una famiglia semplice, papa’operaio e mamma casalinga, comincia ad interessarsi attivamente al teatro quando aveva poco più di 14 anni. Frequentando i laboratori di Enrico Annecchino e contemporaneamente lavora attivamente in alcune radio e tv locali.
Dopo aver conseguito il diploma parte per Roma dove frequenta “La Scaletta” con Pierfederici e Diotaiuti avviando così numerose collaborazioni finalizzate alla scrittura e alla regia teatrale.
Nel 1985 nasce così il primo spettacolo scritto e diretto da Pascal Zullino: “Diario di un pazzo” liberamente tratto dall’opera di N. Gogol.
1987 fa parte del progetto “Federico II re di svevia” di e con Giorgio Albertazzi
1990 ritorna alla regia con “Lo strano mondo di Alex”
1992 il gatto in tasca di George Feydeau
Nel 1996 parte per Londra dove si fermerà per un anno lavorando per la fiction “Sorry” diretta da Sally Fieldman
1997 gira il suo primo cortometraggio dal nome “Arturo” conquistando oltre 40 premi in Italia e all’estero
1998 E’ uno dei protagonisti del film opera prima “Incantesimo Napoletano” di Minieri & Genovese
2000 “Oltre il confine” di R. Colla
2001 Partecipa, in qualità di attore al film di G. Albanese A.A.A Achille con Sergio Rubini
2001 protagonista ne “Il gobbo” il pluripremiato corto di E. Pitzianti
2002 “Nessun messaggio in segreteria” di Minieri & Genovese
2003 “Quelle piccole cose” di F. Cattani
2004 “Benzina” di M. Stambrini
2005 ritorna alla scrittura firmando diverse sceneggiature
2006 scrive e interpreta “Il rabdomante “ di F. Cattani. Ruolo che permetterà a Zullino la possibiltà di vincere diversi riconoscimenti fra i quali il prestigioso premio come miglior attore al Temecula valley international film di San Diego
2007 “Tutto torna” di E. Pitzianti
2007 “La squadra” – RAI 3
2007 “Ris” – Canale 5
2008 “Priscilla cabiria e le altre” di M. Celestini
2009 “Neve sporca” della serie “Crimini” di Davide Marengo
2009 “un giorno nella vita “ di G. Papasso
2010 “Una musica silenziosa” – serie in sei puntate per RAI 1 diretta da A. Logiudice
2010 “il bene dal male” di F. Cattani
2010 E’ in preparazione il suo primo lungometraggio “Il gusto della felicita”.
Biografia Nando Irene (nella foto in basso)
Nando Irene è nato a Matera il 10 giugno 1973.
Materano di origini salandresi, da giovanissimo frequenta il Teatro dei Sassi diretto da Massimo Lanzetta. Dopo aver partecipato a numerose produzioni di cortometraggi ha lavorato come aiuto regista e attore nel film The Passion of Christ di Mel Gibosn per poi approdare in produzioni cine-televisive di successo come Distretto di polizia, Il commissario Rex, Il giudice Mastrangelo, “La Scelta di Laura”. Ha recitato anche nei film cinematografici Il rabdomante del 2007 e Un giorno della vita del 2010 e a teatro nell’opera L’histoire du soldat nel 2010. Assieme all’altro attore lucano Enzo Saponara, in collaborazione con la Blu Video e Allelammie, partecipa da protagonista al mediometraggio Giallo, opera girata interamente in Basilicata tra i comuni di Pisticci e Craco.
Di seguito il suo curriculum artistico integrale
Formazione: Laboratori ETI diretti da Simone Capula, Massimo Lanzetta, Paolo Baroni, Vincenza Modica, Mario Biagini e Thomas Richards del Workcenter di Jerzy GROTOWSKI.Corso di teatro “Naturale” diretto da Massimo Lanzetta, 2004.
Premi: Premio miglior interprete maschile al Lucania FILM Festival (Pisticci, Luglio 2003), con “METTILO LI”. Premio miglior recitazione al Videofestival Favolando (Colleredo di Monte Albano-Udine, Ottobre 2003) con “METTILO Lì !”.
TEATRO
Dal 1999 al 2002 fa parte della Compagnia “Teatro dei Sassi” di Matera, diretta da Massimo Lanzetta, con cui mette in scena vari spettacoli e varie sperimentazioni.
CINEMA
L´UOMO DELLE STELLE regia di G. Tornatore, 1996
THE PASSION regia di Mel Gibson, 2003
IL GARANTE regia di Antonio Andrisani, 2003
IL RABDOMANTE regia di F. Cattani, 2005 (uscito nel 2007)
NATIVITY regia di K. Hardwick, 2006
BASTARDI di Andres Arce Maldonado, 2006
IL VASO DI PANDORA regia di Geo Coretti, 2007
FRA DOLCINO L´ERETICO regia di Fabrizio Ruggirello, 2007
ORO NERO regia di Geo Coretti, 2008
UN GIORNO NELLA VITA regia di Giuseppe Papasso, 2009
TELEVISIONE
LUISA SANFELICE regia dei F.lli Taviani, 2003
IL GIUDICE MASTRANGELO regia di Enrico Oldoini, 2004
ROME II prodotto HBO, 2006
ARTEMISIA SANCHEZ regia di Ambrogio Lo Giudice, 2006
DI VITTORIO regia di Alberto Negrin, 2007
HOPITAL – CHIRURGIA D´URGENZA regia di Alessandro Piva, 2008
IL COMMISSARIO REX 2 regia di Marco Serafini, 2008
DISTRETTO DI POLIZIA 10 regia di Alberto Ferrari, 2010
CORTOMETRAGGI
ARTURO regia di Danny Zullino, 1998
STORIA DI UN TUFO regia di Geo Coretti, 1999
MURI regia di Geo Coretti, 2001
METTILO LI´! regia di Geo Coretti, 2003
INCUBOSS regia di Vincenzo Peluso, 2005
IN ATTESA DEL COLLOQUIO regia di M. Grazia Gemelli, 2005
31 regia di Antonio Andrisani, 2005
LE LONTANANZE regia di Sibilla Barbieri, 2006
THE OBSCURE BROTHER regia di Linda Di Franco, 2006
L´AMORE E´ UN GIOGO regia di Andrea Rovetta, 2008
GIALLO regia di Pinangelo Marino, 2008
L´UOMO DEI SOGNI regia di A. Mascia e A. Capitani, 2008/9
L’attore materano continua anche la sua battaglia per favorire l’apertura di un ufficio del cinema all’interno del Comune di Matera per dare la possibilità ai giovani registi presenti a Matera di investire nel set a cielo aperto presente sul nostro territorio. La film commission, più volte annunciata da diversi rappresentanti delle istituzioni locali, stenta ancora a trovare attuazione e in attesa che il progetto annunciato recentemente dalla Camera di Commercio possa decollare Nando Irene invita nuovamente gli amministratori locali a favorire le produzioni cinematografiche locali attraverso l’istituzione di uno sportello ad hoc per discutere e valutare le iniziative che possono dare risposte anche in termini occupazionali e portare benefici dal punto di vista economico e sociale in un momento particolarmente difficile per le nuove generazioni.
Biografia Domenico Fortunato (nella foto in basso)
Domenico Fortunato è nato a Taranto l’11 aprile 1964 ha origini di Montalbano Jonico ma ha sempre vissuto a Matera sino all’età di 19 anni. Nella città ddei Sassi impara a suonare la chitarra classica e apprende l’inglese, lo spagnolo e il tedesco. Quindi si trasferisce all’esterno e compie i primi studi di recitazione negli Stati Uniti d’America con Susan Batson dell’Actor’s Studio di New York nel 1981. L’anno successivo rientra in Italia e frequenta la scuola teatrale La Scaletta a Roma, dove segue le lezioni del maestro Antonio Pierfederici. In seguito fa ritorno a New York per altri stage con Susan Batson. Inizia dunque la sua carriera di attore teatrale, televisivo e cinematografico.
Nel 1992 segue uno stage di sceneggiatura presso l’Università della California di Los Angeles, con il maestro Robert McKee.
Come attore raggiunge la popolarità con l’interpretazione del capitano dei carabinieri Mario Zannoni nelle serie Gente di mare e Gente di mare 2, grazie alla quale riceve anche alcuni premi.
Dal 2006 Domenico Fortunato è il testimonial ufficiale di Goletta Verde, una campagna ecologista di Legambiente.
Nel 2010 gira la quattordicesima stagione de Il commissario Rex.
Filmografia
Cinema
Il male oscuro, regia di Mario Monicelli (1990)
Dimenticare Palermo, regia di Francesco Rosi (1990)
Sì, ma vogliamo un maschio, regia di Giuliano Biagetti (1994)
Assassini dei giorni di festa, regia di Damiano Damiani (2002)
Un giorno della vita, regia di Giuseppe Papasso (2010)
Televisione
Il giudice istruttore, regia di Gianluigi Calderone e Florestano Vancini (1987)
Classe di ferro, regia di Bruno Corbucci (1989)
La Piovra 5 – Il cuore del problema, regia di Luigi Perelli (1990)
Vento di mare (1991)
Se non avessi l’amore, regia di Leandro Castellani (1991)
Una questione privata, regia di Alberto Negrin (1991)
Nonno Felice (1995)
In fondo al cuore, regia di Luigi Perelli (1997)
Il primo estratto, regia di Gianpaolo Tescari (1997)
I misteri di Cascina Vianello, episodio Pericolo sul filo di lana, regia di Gianfrancesco Lazotti (1997)
Ultimo, regia di Stefano Reali (1998)
Il commissario Raimondi, regia di Paolo Costella (1998)
La forza dell’amore, regia di Vincenzo Verdecchi (1998)
Operazione Odissea, regia di Claudio Fragasso (1999)
Ricominciare, regia di Marcantonio Graffeo, Vincenzo Verdecchi, Tonino Zangardi (2000)
Le ali della vita 2, regia di Stefano Reali (2001)
La stagione dei delitti, episodio Una voce nel buio, regia di Claudio Bonivento (2004)
Gente di mare, regia di Alfredo Peyretti e Vittorio De Sisti (2005)
Questa è la mia terra, regia di Raffaele Mertes (2006)
Don Matteo 5, episodio Le elezioni del cuore, regia di Elisabetta Marchetti (2006)
A voce alta, regia di Vincenzo Verdecchi (2006)
Gente di mare 2, regia di Giorgio Serafini e Andrea Costantini (2007)
Il bene e il male, regia di Giorgio Serafini (2009)
Rex 4, regia di Andrea Costantini (2011)
Riconoscimenti
Domenico Fortunato ha ricevuto vari premi per l’interpretazione del capitano dei carabinieri Mario Zannoni nelle serie Gente di mare e Gente di mare 2:
2006 – Premio Idea, Palermo
2006 – Premio Artemare
2007 – Premio Rombiolo, «per aver tracciato la figura del capitano Zannoni in Gente di mare, strenuo difensore della legge ed attaccato ai valori della lealtà, della famiglia, del rispetto della legge e delle regole della civiltà»
2007 – Festival del Corto teatrale e cinematografico, nona edizione, Sabina – premio speciale come miglior attore
Cinemadamare – vincitore di un premio e ospite d’onore
Premio Apoxiomeno, San Filippo del Mela
Premio Promontorio d’Oro, Milazzo
2007 – Magna Graecia Film Festival, Soverato – premio della giuria popolare per l’interpretazione del magistrato nel film Anima Nera
Ha vinto anche altri premi per i ruoli di:
Gianni Filo in La Piovra 5 – Il cuore del problema
Fiorentini in Ultimo
Gabriele D’Anna in A voce alta
Il piccolo lord