Michele Cataldi di Sanità Futura sollecita in una nota governabilità e cambiamento nella Sanità nazionale e regionale. Di seguito la nota integrale.
Tra i nodi della ingovernabilità del Paese che il risultato elettorale ci trasferisce c’è anche il nodo della ingovernabilità del “sistema salute” del Paese e di conseguenza della nostra regione. Un esempio ravvicinato viene dall’ennesimo braccio di ferro tra un Governo (dimissionario) e le Regioni, ossessionate dal controllo dei costi e prive di una linea unitaria, sulla questione del regolamento degli standard ospedalieri. Un rituale che procede immutato come se il voto di febbraio non avesse detto niente all’uno ed alle altre.
Tutto ciò accade perché la politica non ha percezione e dunque alcuna consapevolezza che gli italiani bocciano il Servizio sanitario nazionale, secondo quanto emerge dall’indagine ‘La sanità in Italia: opinioni e giudizi della popolazione’, realizzata da Doxa, dandogli un voto insufficiente: 5,7. I livelli di insoddisfazione, però, appaiono molto diversi sul territorio nazionale. Se nel Nord Est e nel Nord Ovest il voto è 6,4, nel Centro è 5,3, mentre il giudizio precipita a 4,9 al Sud e nelle Isole.
Il 42% del campione definisce pessima la qualità delle cure, un dato che sale al 57% al Sud, mentre il 26% la considera ottima. Per il 76% degli intervistati la responsabilità dei problemi della sanità è da attribuire alla cattiva politica e alla corruzione, mentre per il 57% all’organizzazione del sistema e per il 29% anche ai cittadini che si approfittano del sistema sostanzialmente gratuito. Più della metà dei cittadini (53%) pensa che le competenze in materia sanitaria debbano tornare sotto la diretta responsabilità dello Stato. Una percentuale che sale al 73% al Sud e nelle Isole.
Gli italiani sono contrari nettamente all’introduzione di nuovi ticket: l’86% dice no a quelli per accedere al medico di famiglia, il 76% a quello sul pronto soccorso, l’81% a quello sul ricovero e il 59% sui farmaci. Nove italiani su 10 (89%) pensano, inoltre, che i politici debbano dire con chiarezza come intendono affrontare la riorganizzazione del Ssn. Per il 39% del campione il primo intervento del nuovo Governo in materia sanitaria dovrebbe riguardare la tutela del diritto fondamentale alla salute. Per il 24% il nuovo Esecutivo dovrebbe intervenire sulla cattiva politica e sulla corruzione, mentre per il 20% sull’assistenza e per il 12% sui ticket. Il 61%, infine, crede che debbano essere confermati i principi di universalità e solidarietà su cui si basa il nostro Ssn e il 57% vuole un sistema sanitario pubblico finanziato dallo Stato, mentre cresce il gradimento, specie al Sud per un sistema misto pubblico-privato convenzionato e sempre finanziato dallo Stato (30%).
Come associazione di tutela delle imprese della sanità privata lucana accreditata al SSR non possiamo che auspicare la più rapida soluzione del problema governabilità del Paese con la composizione di un governo, interlocutore istituzionale essenziale per affrontare le troppe questioni che il Governo Monti ha lasciato in una situazione di “sospensione”. Così come non possiamo che auspicare la ricomposizione della Giunta Regionale per il suo rilancio di attività.
Abbiamo già dato prova di responsabilità, accettando i tagli ai budget per le nostre strutture e continueremo a fare la nostra parte quale autentico contributo al contenimento della spesa sanitaria, ma altrettanto chiediamo che avvenga sul fronte pubblico. Se prima di battere cassa al nuovo Governo non si fa della lotta contro l’anti economicità, e quindi degli sprechi esistenti soprattutto nel sistema ospedalizzazione, una priorità strategica si rischia di rifinanziare sia la buona che la cattiva sanità.
Le Regioni, di fronte ai tagli lineari, sono oggettivamente in grave difficoltà, e con l’ordinaria amministrazione non riescono ad incidere sulle storiche anti economicità del sistema, per cui, se non rifinanziate, senza un progetto di cambiamento rischiano tutte (anche quelle meno esposte come la nostra) di essere obbligate ai piani di rientro e di perdere i poteri amministrativi acquisiti. Ma la strada oggi non è semplicemente rifinanziarle: è quella di riparare il secchio bucato e se è il caso di cambiare secchio.
La “lezione” delle urne, per noi, dal punto di vista della sanità, è la sottovalutazione dell’impatto sociale delle politiche di austerità, che sommandosi alla mancanza di sensibilità civile, si traduce in una crescente rinuncia a curarsi. Tutto il contrario di quel “Ammalarsi meno, curarsi meglio” che è lo slogan della strategia sanitaria della Regione Basilicata.
Serve cambiare pagina e smetterla di utilizzare in maniera strumentale la sanità se si vuole aprire un confronto vero tra tutti gli attori coinvolti nel sistema e rispondere meglio alle attese di salute di cittadini stremati da una crisi economica che sembra non avere fine.