Dal 22 al 25 settembre 2022 la città di Matera ospiterà il 27° Congresso Eucaristico Nazionale. Di seguito le riflessioni di Padre Basilio Gavazzeni, presidente della Fondazione Lucana Antiusura “Monsignor Cavalla”.
Che giorni incandescenti e tumultuosi e che storia maiuscola si rovesciano sulle nostre teste! Ognuno si ritrova come a inseguire con la bicicletta un Frecciarossa. Peccato sarebbe estraniarsi, non pensare, ammutolire, non essere partecipi della sorte comune.
Dal 22 al 25 settembre, a Matera, irraggia il XXVII Congresso Eucaristico Nazionale. Si immilla – il neologismo è coniato da Dante Alighieri – cioè si moltiplica per mille sui volti degli abitanti e dei pellegrini che accorrono da ogni parte d’Italia.
All’evento aderisce anche la Fondazione Lucana Antiusura “Mons. Vincenzo Cavalla”: non può mica star solo a ponzare davanti agli usurai e ai loro clienti, ai sovraindebitati e ai giocatori d’azzardo che spesso sono egualmente impietriti dalla faccia medusea del denaro peggiore.
Implacabile idolo l’iniqua ricchezza, ora frutto di corrompimento e speculazione, ora cavata dal sangue e dalla rovina altrui, ora asservita a voglie inessenziali, ora sottratta alla condivisione, alla fine prova di un’abissale stupidità. Forse ne parliamo troppo a vanvera e non scorgiamo che, assurta a complessa usurocrazia globale, sottende le maggiori atrocità dalla fame alla guerra.
Da decenni sono convinto che la quête e l’accumulo smodati del denaro sono un quaerere Deum, fame e sete di Dio dirottate e implose come ogni inginocchiamento davanti a un idolo. Schiavi divengono gli adoratori della “ricchezza disonesta” (Lc 16,9) che Gesù condannò.
Scorato, talvolta confido di essere stufo della battaglia antiusura. Manifesto insoddisfazione pur nella cerchia di valorosi che vi si stringono. Mi frulla in capo il sospetto che siamo contagiati da una inconsapevole ammirazione per i più sotterranei manigoldi che esistono. Arrivo a dubitare che le nostre manovre di prevenzione sciolgano davvero qualche nodo e a ritenere inconcludente la nostra testarda perorazione a favore della cultura antiusura e dell’uso responsabile del denaro. Mi chiedo se, contro la malabestia dell’usura, acquattata nel più nero carsismo, la verità che libera debba abbattersi con l’irruenza di un missile o discendere con la pluriforme sapienza dello Spirito Paraclito. L’esperienza mi ripete che occorrono insieme la scossa e la suavitas. I nostro simili non mutano grazie alla nostra dedizione, di noi tutt’altro che adeguati e indefettibili, di noi che, al riparo, con eccessiva presunzione, ci illudiamo di raddrizzare gli usurai e di svincolare le vittime dal loro fitto viluppo.
E allora bisogna aprirsi alla scena divina e umana del Congresso Eucaristico che fa di Matera una stazione di salute e grazia soprannaturali. Anche al combattimento e alla prevenzione antiusura è necessaria l’ulteriorità redentiva e gratis data dell’Eucaristia, perché il mistero che non proviene dall’alto, in specie il nostro male, non è proprio illuminato dalla sola propria luce, come pretenderebbe l’estremo aforisma di Karl Kraus.
Eucaristia: Qualcuno, sulla cui autorevolezza non c’è nulla da eccepire, ci ha fatto un dono irrevocabile, ordinandoci di perpetuarlo in sua memoria. Dentro le trame di un tradimento in atto – Getsemani e croce in vista – ha istituito per tutti e per sempre un banchetto di cibi basici divinamente transustanziati nel suo Corpo e nel suo Sangue. Rito imparagonabile, unico a essere salvifico, che ha segnato la fine del sacro che si fondava sulla violenza e sull’uccisione sacrificale di una vittima. Eucaristia, apice del nuovo ed eterno patto, comunione di Dio con l’uomo e fra gli uomini, del cielo con la terra.
L’Eucaristia svela il senso della nostra fame profonda che è fame di vita altra e, nel mentre stesso che la sazia, smaschera anche quella che Virgilio chiamava l’auri sacra fames – la maledetta fame-sete dell’oro-denaro –, l’irrazionale appetito che tormenta molta umanità, nella fattispecie gli usurai e i loro stessi sventurati clienti. Smaschera l’oscura deviazione, ma anche ci propone un percorso di luce per “non essere di peso alla terra”, come meditava Dag Hammarskjöld spartendone i beni nell’uguaglianza e nella fraternità.
L’amplificato Corpus Domini che è un Congresso Eucaristico Nazionale è un’imperdibile occasione per riscuoterci dalla sonnolenza e dall’accidia del nostro provincialismo e per ricentrarci sull’epifania – bagliore originario e assunzione di responsabilità – della missione antiusura che ci ha scelti.
Il vicinissimo Dio dell’Eucaristia ci conceda forza e puntiglio nella peculiare conversione cui ci attende. In sua compagnia faremo la nostra parte, uomini e donne che, a imitazione di Ignazio di Antiochia si considerano “frumento di Cristo” e desiderano diventare “pane puro di Cristo” nella testimonianza della donazione, spighe ben granite e pane provvido per gli affamati che ci interpellano, anche noi ostensori dell’Eucaristia, paracliti e generativi nella nostra città panettiera.
Haec dies, quam fecit Dominus: exsultemus et laetemur in ea.
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