Su Fenice si è versato un mare di inchiostro prima che la struttura si impiantasse ed ora da quasi due anni.
Fenice era di proprietà della FIAT e fu visto come una pertinenza della SATA.
Non a caso doveva servire per l’incenerimento di alcuni rifiuti industriali della Fiat di Melfi e dell’indotto ed in percentuale ridotta, delle fabbriche Fiat dell’Italia centro-meridionale.
L’attività era destinata anche all’ incenerimento dei rifiuti solidi urbani dell’area.
Da quando Fiat ha venduto quelle attività non strategiche al gruppo, abbiamo di fronte una multinazionale (EDF-Fenice) che fa quello che vuole sia perché ci considera moscerini, sia perché siamo pochi e con poco peso, sia perché ci muoviamo male e senza fare squadra.
Tra l’altro anche delle ceneri che sono a loro volta rifiuti industriali da avviare in discarica non si sa che fine facciano.
La VIA 1790 del 93 va completamente riscritta perché tutti i presupposti sono cambiati e la stessa valutazione prevedeva alcuni anni di monitoraggio intensivo per verificare il reale impatto e l’ipotesi di riduzione di certi fattori inquinanti.
Inutile dire che tutto questo non è accaduto perché all’epoca sia l’opinione pubblica lucana sia la macchina amministrativa regionale ignoravano completamente le problematiche ambientali.
Basta dire che in quella VIA si faceva rifermento ad inceneritori da impiantare a Venosa ed nella zona industriale di Tito.
Tutta roba da marziani rapportato ad oggi.
Solo nel 1999 la Regione Basilicata approvò un piano di monitoraggio con rilevazioni a carico dell’azienda ed altre a carico della regione stessa.
Il punto forte per il controllo pubblico erano le tre centraline dell’aria poste non si sa quanto “a capocchia” quasi di sicuro non già per rispondere ad esigenze reali e studi delle correnti ma più semplicemente individuate sulla base di logiche di campanile.
Del resto rilevare i dati della qualità dell’aria dalle centraline industriali è un po’ come cercare l’ago nel pagliaio.
Dovrebbero essere impiantate sottovento rispetto a quelli dominanti e bisognerebbe essere in grado di misurare correttamente la forza del vento stesso per collocare le centraline alla distanza più giusta dall’impianto per avere delle ricadute valide.
Fenice dovrebbe avere impiantato 4 centraline dell’aria, come indicato nel piano di monitoraggio, si mettano in rete anche quelle.
Molto più attendibili sono le centraline che rilevano le emissioni ai camini, quelle rilevano, se regolarmente funzionanti, tutto ciò che viene immesso nell’aria., si mettano in rete.
Questi dati sono tutti rilevati e forniti oltre che all’Arpab quasi di sicuro anche all’ufficio ambiente della Regione ed a quello della Provincia di Potenza.
Il dubbio è che questi dati siano finiti e finiscano in un apposito cassetto per essere conservati senza che nessuno li consulti.
Il piano di Monitoraggio prevedeva 10 pozzi di rilevamento interni nella piattaforma, in rete- l’Arpab- ne ha messi solo 9 che non ci sia qualcosa di anomalo nei dati di quella ultima centralina?
Come si vede c’è molto da lavorare per fare chiarezza ed a questo punto l’intervento non può che essere politico e del massimo livello anche perché pare che la linea del tutto appostismo sembra tramontata. E’ recentissima la dichiarazione dell’assessore Mancusi che prevede di innalzare i livelli di controllo nonché di rigore per la valutazione e la verifica degli impatti ambientali nei principali siti e insediamenti industriali.
Bene il cerchio si sta chiudendo, diamo priorità alle problematiche relative a Fenice e cominciamo a lavorare.
Si costituisca un organismo, anche solo temporaneo, che faccia chiarezza sulla gestione dell’impianto e si faccia mettere a regime questo ultimo. Qualora l’inceneritore non rispettasse i valori di emissione consentiti non c’è bisogno dell’intervento del magistrato per ordinare la sospensione o la riduzione dell’attività, basta il normale organo di controllo amministrativo.
Per il resto, quello cioè che accadde lo scorso anno, è pertinenza della magistratura sia per la ritardata comunicazione a chi di competenza da parte di Fenice degli avvenuti splafonamenti e sia per la mancata vigilanza da parte dell’Arpab, art. 242 e 244 del decreto ambiente 152/06.
Bisogna dare atto al Dr. Sigillito che finita la politica del tutto appostismo non considera più atti riservati quei dati relativi a sostanze che inopinatamente immesse nell’ambiente possono nuocere alla salute dei cittadini e li mette a disposizione della collettività. E’ davvero bastato poco perché le cose cambiassero?
Pio Abiusi