Meno male che c’è il Vescovo
Nonostante il freddo e nonostante siano ormai mesi che il Comitato di agitazione pro- ospedale di Tinchi sia sul tetto dell’ospedale, chiedendo che di esso ci si occupi come tra persone serie, nessuna voce arriva dalle forze politiche che sembrano ignorare che un governo ha il dovere di dialogare anche con chi dovesse aver torto. Per quanto ci riguarda abbiamo più volte chiesto che la politica lucana abbia il coraggio di un confronto. Nel mese di agosto, quando sotto il solleone, a piedi, un gruppo di protestatari si diresse, con una marcia di 100 chilometri, da Pisticci a Potenza, scrivemmo che non era folklore né quei dimostranti erano paragonabili ad una armata Brancaleone, come si intendeva farli passare.
In un successivo intervento facemmo presente che non si potevano trattare quei dimostranti come gli assediati di forte Apache, da prendere per fame e per sete, e per freddo. In quella circostanza scrivemmo, letteralmente, che principio fondamentale è che a tutti i cittadini lucani, già puniti per molti aspetti (disoccupazione, povertà, scarsezza e inefficienza dei mezzi di trasporto, emigrazione, spopolamento, ecc.) vada assicurato il diritto elementare alla salute, cui certo non rispondono ospedali superspecializzati, affidati, chissà perché, a organizzazioni private.
Continuavamo dicendo che, sancito tale principio di base che, a nostro parere, dovrebbe reggere la politica di un partito che si rifà a radici socialiste e cattoliche (proprio come facevano Rocco Scotellaro e il vescovo delle Nocche), nello specifico si poteva anche aver diritto a mettere in discussione l’obiettivo perseguito dai manifestanti. Quello che, invece, non si poteva assolutamente accettare era che la classe politica lucana lasciasse che le cose andassero per proprio conto Ciò significava non avere coraggio e senso di responsabilità sufficienti per amministrare, e significava, anche, ignorare i più elementari principi del socialismo, del cristianesimo e della civiltà democratica.
Ancora di recente, quando già si era mossa la Questura imponendo agli occupanti lo sgombero, scrivemmo che questa classe politica, nel mentre utilizzava inopportunanente e dispendiosamente assessori esterni (tra i quali quello alla sanità), faceva invece morire la chirurgia nell’ospedale di Tricarico, assegnato ad una società privata, e lasciava deperire gli occupanti dell’ospedale di Tinchi, logorandoli.
La nostra voce e il nostro richiamo alla coscienza socialista e cristiana dei nostri amministratori regionali trova ora una eco importante e un implicito monito nel Vescovo Ligorio che fa visita agli occupanti dell’ospedale di Tinchi, i quali – vale la pena dirlo –
a differenza dei politici e degli amministratori ASL- mai daranno appalti, mai faranno acquisti, mai venderanno o svenderanno, mai faranno assunzioni o distribuiranno alte cariche a questo e a quello. Semplicemente chiedono che siano garantiti i servizi sanitari di base, talché almeno gli riconosciuta buona fede e onestà di intenti.
Si dice che la fede religiosa è autonoma dalla fede politica. E va bene. Ma che la fede politica debba oscurare o schiacciare il sentimento religioso non ci piace. Né si può essere cattolici a corrente alternata o solo in campagna elettorale, quando si chiedono voti in nome della propria fede religiosa. Meno che mai ci piace che il contingente e il “particulare” facciano tacere il sentimento sociale o socialista o comunista in chi sul socialismo e sul comunismo costruì le sue fortune. Perciò, in tutta sincerità e con tanta gratitudine diciamo: meno male che c’è il Vescovo!
Giuseppe Pace, Presidente del CIACP
Giovanni Caserta, Responsabile culturale del CIACP