8 associazioni lucane hanno sottoscritto dossier e proposte di modifica al Decreto Semplificazioni. Di seguito la nota integrale.
«Il Decreto-Legge “Semplificazioni” contiene norme che ritardano o addirittura annullano le bonifiche dei siti inquinati, dimezzano i tempi già oggi molto risicati per la partecipazione dei cittadini nelle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, favoriscono le opere “fossili” in piena emergenza climatica, moltiplicano le poltrone con l’istituzione di una seconda commissione VIA nazionale».
Questo in sintesi l’appello di 8 associazioni lucane (Città Plurale Matera – Coordinamento Nazionale No Triv – Cova Contro – GECO Basilicata – Mamme Libere per la tutela dei figli – Mediterraneo No Triv – Movimento Tutela Valbasento – No Scorie Trisaia) che hanno condiviso l’appello di oltre 170 realtà associative italiane che in questi giorni hanno inviato a tutti i parlamentari italiani un corposo dossier dal titolo “Decreto Semplificazioni: così sono Devastazioni!” (con l’analisi “comma per comma”) e 34 proposte di modifica al DL n. 76 del 16.07.2020, ora approdato in Senato per l’avvio dell’iter di conversione in Legge.
Queste nel dettaglio le principali criticità del DL dal punto di vista ambientale:
Clima
Sotto il paradossale, ma accattivante titolo “Semplificazioni in materia di green economy”, il DL Semplificazioni introduce norme che favoriscono le opere “fossili” come, ad esempio, i nuovi gasdotti. Basti pensare agli articoli che fanno venire meno i diritti, costituzionalmente protetti, degli usi civici. Si semplificano, poi, anche i rifacimenti; essendo di 50 anni la vita tecnica media di un gasdotto, ciò vuol dire mettere un’ipoteca sul proprio futuro, visto che nel 2070 evidentemente dovremo usare ancora le fossili, alla faccia dei cambiamenti climatici.
Valutazioni Ambientali
Invece di scommettere sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, si tagliano pesantemente i termini per poter presentare Osservazioni ai progetti sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) per il loro potenziale impatto sulla salute e sull’ambiente di intere comunità. Prima del decreto, se un’azienda avesse voluto realizzare una raffineria o un pozzo di petrolio, i cittadini avrebbero avuto 60 giorni di tempo per accorgersi dell’esistenza del progetto, esaminare la documentazione (costituita da centinaia di elaborati tecnici di migliaia di pagine) e scrivere le osservazioni. Tempi già molto risicati.
Se il Parlamento confermerà il testo varato dal Governo, i tempi saranno addirittura dimezzati, scendendo a soli 30 giorni, assolutamente insufficienti ai volontari per difendere i propri diritti, in considerazione dell’impatto che queste opere possono avere sulla qualità della loro vita. Per le procedure regionali, che riguardano cave, discariche, impianti chimici ecc. si scende da 60 giorni a 45, con il paradosso che per progetti di carattere regionale si avrà più tempo rispetto ai progetti di potenziale impatto nazionale.
Questi i nuovi termini:
– nella verifica di Assoggettabilità a V.I.A. da 45 giorni a 30
– nella V.I.A. nazionale tramite conferenza dei servizi simultanea, da 60 a 30 giorni
– nella V.I.A. regionale si passa da 60 a 45 giorni.
Il vero problema della V.I.A. nazionale sono i 30 giorni da togliere alle associazioni per esaminare i progetti oppure la burocrazia ministeriale che tiene le carte ferme nei cassetti per anni? Come mai non vi è alcuna norma che attacchi i dirigenti su merito e responsabilità? Eppure basta andare sul sito del Ministero e prendere un qualsiasi progetto per verificare dove sono i tempi morti!
Diversi codicilli, poi, erodono in molteplici casi l’efficacia della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, dalla realizzazione delle indagini archeologiche che potrà essere fatta “a posteriori” (quando la Direttiva comunitaria impone di accertare preventivamente proprio con la V.I.A. l’impatto sul patrimonio culturale) ai rifacimenti di impianti, al potenziamento delle opere stradali, ferroviarie e idriche esistenti.
Nel Decreto sono state introdotte norme che eludono la direttiva comunitaria sulla Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.), in particolare per le opere in variante ai piani già approvati: ci chiediamo a questo punto perché produrre piani se poi si possono fare tranquillamente deroghe “in automatico”.
Paradossalmente, le “semplificazioni” portano alla moltiplicazione dei possibili percorsi amministrativi di valutazione, come, ad esempio, quello aggiuntivo confezionato per le opere del PNIEC (il Piano Clima–Energia che, a dispetto degli slogan, è basato su opere fossili come gasdotti e centrali a metano) e alla moltiplicazione delle “poltrone” con il varo di una seconda commissione V.I.A. che affiancherà quella già esistente, per la cui nomina ci sono voluti oltre due anni.
Insomma, tutte norme che cercano di rendere la procedura di V.I.A. un mero orpello, un timbro in più da mettere sui progetti, svuotandola del suo significato originario fissato dalla Direttiva comunitaria che la istituisce: la valutazione dei reali impatti su salute dei cittadini e ambiente dei progetti.
Bonifiche
Con l’art. 53 del Decreto può, di fatto, venire addirittura meno la bonifica delle acque sotterranee, una vera e propria emergenza del Paese con falde contaminate da sostanze tossiche o cancerogene con concentrazioni spesso decine di migliaia di volte superiori ai limiti di legge. La norma prevede, infatti, per le aziende responsabili di poter ottenere il certificato di avvenuta bonifica anche per il solo suolo, qualora si dimostri che l’acqua inquinata non lo influenzi, con contestuale svincolo delle garanzie finanziarie che gli inquinatori devono versare per assicurare che le attività di ripristino siano effettivamente svolte, anche in caso, ad esempio, di fallimento dell’azienda. Tolta pure la deterrenza economica, si realizzerà così un autentico “tana libera tutti” per i grandi inquinatori delle acque sotterranee, ossia un vero e proprio incentivo a non bonificare che si applicherà solo ai Siti di Interesse Nazionale (come i SIN di Valbasento o di Tito) e non già agli altri siti contaminati “normali”.
Un vero e proprio paradosso, insieme a quello rappresentato da altri articoli che escludono, per i Siti Nazionali di Bonifica, l’applicazione delle procedure semplificate che erano state introdotte nel 2014 (come l’art. 242-bis del D.Lgs. 152/2006) proprio per ripulire velocemente tutte le aree contaminate senza ricorrere alle lungaggini (e alle bonifiche più blande) determinate dall’analisi di rischio.
Per quanto riguarda i Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche (SIN), cioè le aree più inquinate del paese, non si procederà più – come si fa oggi – direttamente alla cd. “caratterizzazione delle aree”, ossia al delicato e stringente processo di ricostruzione della contaminazione avvenuta. Con l’art. 53 del DL, infatti, si permetterà agli inquinatori di partire presentando, invece della caratterizzazione, una più semplice e blanda “indagine preliminare”, come avviene per un sospetto di inquinamento in qualsiasi altra area del paese. Come se una raffineria fosse una pompa di carburante, insomma!
Si aggiungono così ulteriori lungaggini e un passaggio burocratico in più, con un Ministero dell’Ambiente che è già vergognosamente indietro con le procedure di bonifica di questi luoghi. Il ruolo del Ministero sempre di più ci sembra quello dello stopper delle bonifiche, con risparmi miliardari per le aziende che hanno inquinato. Anche in questo caso, invece di chiedere conto ai dirigenti e alle aziende per i ritardi, si scarica tutto sui cittadini e sulla loro salute.
Il DL andrà ora in Parlamento per la conversione in legge. Abbiamo preparato 34 emendamenti per confermare il nostro approccio propositivo, sia per abrogare gli articoli e i commi che sono veri e propri regali agli inquinatori, sia per suggerire l’introduzione di norme (alcune già operanti da anni in determinate Regioni) che rendano le procedure di bonifica e di valutazione ambientale realmente efficaci ed efficienti e che rafforzino la cooperazione tra i diversi livelli dello Stato. La partecipazione dei cittadini, la trasparenza e la tutela della salute sono i capisaldi; se il DL rimarrà invariato, la politica italiana troverà pronte alla mobilitazione le realtà firmatarie di questo comunicato per difendere territori e cittadini.