L’AIEA (Associazione Italiana Esposti all’Amianto), rappresentata dalle sezioni di Potenza e Matera, ha incontrato l’Assessore all’Ambiente e alle Attività Produttive, Aldo Berlinguer, al fine di illustrare sommariamente tutto quanto accaduto in Regione a partire dalle scelte di industrializzazione degli anni Settanta, negli insediamenti industriali delle aree di Tito e della Val Basento e di porre alla sua attenzione le seguenti problematiche sulle quali l’Assessore ha dimostrato attenzione e sensibilità:
1) Necessità di un Piano Regionale Amianto per la regione Basilicata, che garantisca la rimozione, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto (o asbesto) in ogni sua forma e specie, da strutture pubbliche, dagli insediamenti industriali, dalle scuole e dalle strutture private, in continuità rispetto agli interventi già effettuati o effettuandi sul territorio nel caso di amianto afiolitico (tremolite lucana) .
Conseguente previsione, all’interno del Piano Regionale Amianto, di misure volte alla chiusura di discariche provvisorie a cielo aperto di rifiuti pericolosi, già in deroga, come prescritto dalla normativa della C.E.
2) Istituzione del Tavolo della Trasparenza Amianto e altre sostanze nocive, che contempli la presenza dei soggetti titolati e costituiti in forma associativa, al fine di velocizzare e coordinare le attività di bonifica da svolgere sul territorio regionale ed interagire con la Cabina di Regia Interistituzionale per le attività di bonifica dei SIN, approvata con DGR n° 992 del 6.08.2013. Inoltre, attraverso opportune competenze, lo stesso dovrà interagire con il Comitato Regionale di Coordinamento per le attività di vigilanza sul miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori, di cui al DPCM 21 dicembre 2007 ed all’art. 5 del d.lgs. 81/2008.
3) Valutazione epidemiologica con particolare attenzione all’impatto ambientale.
4) Assunzione di responsabilità da parte delle aziende che per decenni hanno operato e che operano sul territorio, individuando misure di intervento che incentivino la cultura di salvaguardia e tutela dell’ambiente e dei luoghi di lavoro.
L’Associazione in premessa all’incontro ha citato alcune riflessioni di Patrizia Gentilini, oncologa iscritta all’ISDE e socia dell’Associazione Medicina Democratica (capostipite dell’AIEA), che di seguito riportiamo, perché queste riflessioni si addicono alla tematica dell’incontro ed alla situazione particolare della Basilicata, penultima regione nazionale per densità di popolazione ma con il triste primato per il più alto incremento di patologie oncologiche d’Italia.
Una Regione che è stata ferita e continua ad esserlo, vedi ultime richieste di V.I.A. della VALD’ADIGE e del Cementificio di Matera, per la combustione di Pet Coke nella produzione dei laterizi e di 60.000 tons/a di rifiuti (CDR) nella produzione del cemento,nonostante non si capisca il perché il percentile per le patologie oncologiche è in progressivo aumento.
Le riflessioni di Patrizia Gentilini sono tratte da un suo recente articolo “Stiamo perdendo la guerra contro il cancro”.
Gli investimenti che furono fatti negli USA ed in seguito anche in altri paesi del mondo occidentale furono a dir poco esorbitanti, ma, come ha scritto nel 2005 in una esemplare lettera aperta un grande oncologo americano S. Epstein,
“dopo trent’anni di reclamizzate ed ingannevoli promesse di successi, la triste realtà è infine affiorata: stiamo infatti perdendo la guerra al cancro, in un modo che può essere soltanto descritto come una sconfitta”.
Queste che sembravano pessimistiche considerazioni di qualche medico isolato hanno in realtà trovato autorevoli conferme in un articolo dall’emblematico titolo “Ripensare la guerra al cancro” comparso a dicembre 2013 nella prestigiosa rivista Lancet (www.thelancet.com).
Perché l’obiettivo non è stato raggiunto?
Dove abbiamo sbagliato?
Evidentemente concentrare tutte le risorse sulla ricerca di terapie, bene e spesso rivelatesi inefficaci o sulla diagnosi precoce non è stata la strada vincente.
In effetti nuove emergenti teorie sulle modalità con cui il nostro genoma si relaziona con l’ambiente ci fanno capire come anche la nostra visione del problema cancro – e non solo- sia stata estremamente riduttiva e di come quindi dobbiamo radicalmente cambiare il nostro punto di vista se solo vogliamo sperare di uscire da questo empasse.
…..le nuove emergenti teorie sulle modalità con cui il nostro genoma si relaziona con l’ambiente ci fanno capire come anche la nostra visione del problema cancro – e non solo- sia stata estremamente riduttiva e di come quindi dobbiamo radicalmente cambiare il nostro punto di vista se solo vogliamo sperare di uscire da questo empasse.
Si è sempre pensato al genoma come a qualcosa di predestinato ed immutabile, ma le conoscenze che da oltre un decennio provengono dall’epigenetica ci dicono che le cose non stanno così.
Il genoma è qualcosa che continuamente si modella e si adatta a seconda dei segnali – fisici, chimici, biologici – con cui entra in contatto.
Come una orchestra deve interpretare uno spartito musicale facendo suonare ad ogni musicante il proprio strumento, così l’informazione contenuta nel DNA viene continuamente trascritta attraverso meccanismi biochimici che comprendono metilazione, micro RNA, assetto istonico che vanno appunto sotto il nome di epigenoma.
L’origine del cancro non risiede quindi solo in una mutazione casualmente insorta nel DNA di una qualche nostra cellula, ma anche in centinaia di migliaia di modificazioni epigenetiche indotte dalla miriade di agenti fisici e sostanze chimiche tossiche e pericolose con cui veniamo in contatto ancor prima di nascere e che alla fine finiscono per danneggiare in modo irreversibile lo stesso DNA”.
Condividendo pienamente le conclusioni riportate nell’articolo di Lancet: “Per vincere la guerra contro il cancro abbiamo bisogno di una nuova e diversa visione del campo di battaglia: per coloro che da decenni si battono per una riduzione dell’esposizione delle popolazioni agli agenti inquinanti e cancerogeni questa nuova visione del problema ha un unico nome: Prevenzione Primaria che non può essere ridotta solo alle indicazioni riguardanti gli “stili di vita”, ma che deve intervenire energicamente sulla tutela degli ambienti di vita e di lavoro, come ci indicano drammaticamente anche i dati recenti della cronaca italiana!”.
Riteniamo urgente ed inderogabile, oltre ai punti su riportati, l’istituzione di un Comitato Tecnico Scientifico che affronti tutte le tematiche ambientali e gli eventuali effetti sulla salute della popolazione.
Mar 06