La Ola, Organizzazione lucana ambientalista, No Scorie Trisaia e Ambiente e Legalità denunciano che in Basilicata non c’è più rispetto per le regole istituzionali e per quel senso di etica civile e sociale che dovrebbe contraddistinguere chi amministra la cosa pubblica in Regione. La questione del conflitto di interesse del dirigente Donato Viggiano, la cui moglie era in una società che tranquillamente gestiva appalti commissionati da una controllata dell’Eni, ha del paradossale, dato che la necessità doverosa di farsi da parte, dimettendosi dal suo ruolo dominante di responsabile del Dipartimento ambiente in Regione, non solo non sfiora l’interessato, ma neanche sembra venir presa in considerazione dal governatore Vito de Filippo. A cui, a sua volta, non sfiora minimamente la possibilità che debba far dimettere il suo collaboratore e magari di seguirlo a ruota, dato il fallimento di tutta la sua politica economica ed energetica.
In sostanza, la moglie del maggior dirigente del Dipartimento ambiente, che è un’insegnante, ha pensato bene di investire quote societarie in una società che fa lavori di ammodernamento di una nuova linea di raffinazione di gas e petrolio all’interno del centro oli di Viggiano, inteso come paese della Val d’Agri e non come centro di proprietà del dirigente regionale, nonostante ci sia andato vicino a un rapporto di proprietà, visto che ha svolto al contempo il ruolo di controllore per contratto e di controllato per parentela.
Per le organizzazioni ambientaliste, non c’è limite dunque alla vergogna: neanche le cannonate sembrano incidere sul senso di dovere istituzionale che dovrebbe consigliare al dirigente di dimettersi o, in alternativa, di essere educatamente obbligato a dimettersi, rinunciando al suo non più credibile ruolo di controllore delle attività sul suolo e nel sottosuolo lucano. Ruolo già compromesso, lo ricordiamo, dall’essere un opinionista di una rivista pro petrolio e dall’aver banalizzato l’inquinamento da idrocarburi del lago sul Pertusillo (“basta il lavaggio di poche taniche di kerosene” ebbe a dire, non sapendo forse che la diga contiene ben 160 milioni di metri
cubi di acqua), dimostrando anche poco rispetto verso una problematica che riguarda milioni di persone e milioni di ettari di terreno.
La nuova linea di raffinazione in questione è da tempo contestata dalle organizzazioni ambientaliste, perché è solo necessaria a portare la capacità di lavorazione del greggio estratto in Val d’Agri a circa 130/150 mila barili al giorno, e non è prevista dagli accordi del 1998 con Eni e Shell. Accordi sui quali si appella sempre Vito de Filippo quando vuole giustificare il raddoppio delle estrazioni in Val d’Agri, dagli attuali 91 mila a 180 mila barili al giorno, il quale dimentica però che della nuova linea, necessaria al raffinare i barili in più, non c’è traccia in nessun accordo, essendo un’esigenza dei petrolieri nata a posteriori. Per le organizzazioni ambientaliste, raddoppiare le estrazioni in Basilicata porta al rischio di raddoppiare i pericoli di inquinamento delle acque e di conseguenza della catena alimentare dei lucani e meglio avrebbe fatto il governatore a ritenerli “disattesi”, dato che non sono stati né applicati né ricordati per ben 14 anni, dal 1998 al 2012, l’anno del “Memorandum”.
Un raddoppio che sarà a spese delle sorgenti del fiume Agri, visto che si estrarranno circa 26 mila barili al giorno dai monti di Marsico Nuovo, Marsicovetere e Tramutola, nelle cui viscere insistono le circa 700 sorgenti del fiume Agri. Secondo il professor Franco Ortolani, dell’Università di Napoli, le perforazioni in altura, come quelle che la Regione consente in Val d’Agri e a Tempa Rossa, tra Corleto e Gorgoglione, portano con sé il rischio di inquinare “irreversibilmente” le sorgenti sottostanti. 26 mila barili al giorno fa una produzione annua di petrolio di circa 9 milioni di barili che garantiranno non più di 4 giorni di autonomia energetica in Italia, un’inezia rispetto ai possibili costi sociali di un intero fiume compromesso per rispettare accordi disattesi da 14 anni: roba da denunciare la Regione Basilicata e il suo governatore alla Corte di giustizia europea per i diritti dell’uomo, anche per l’uso smodato della pubblicità ingannevole, perché di parte, col ricorso a convegni senza contraddittorio, come è stato per la Copam del 2011 e per il convegno dell’Ordine dei geologi di Basilicata del 2012.
Un tour del “tuttapposto” che riprende da Marsico Nuovo il 15 marzo con il convegno del Cnr di Basilicata sulla sismicità indotta dalle attività estrattive, che vede la presenza di Davide Scrocca, il geologo che, con Carlo Doglioni, ha dato l’ok allo stoccaggio di gas a Rivalta, in Emilia Romagna, perché area non a rischio sismico, e poi smentito dalla natura stessa con uno dei più devastanti terremoti del Nord Italia.
A questo convegno, la Ola, No Scorie e Ambiente e Legalità sono state invitate direttamente dal capo dipartimento Donato Viggiano e onestamente, non sappiamo se ridere o se piangere dell’invito ricevuto.