La Ola, Organizzazione lucana ambientalista, ha appreso che, con deliberazione di giunta comunale n. 202 del 17 Settembre 2015, il Comune di Calvello, aderendo alla richiesta da parte di ENI in tal senso formulata in data 16/1/2015, avrebbe intenzione di “acquisire”
la “condotta di collegamento dal pozzo Cerro Falcone 2 all’ex area LPT per complessivi ml. 4.450 e ricadente al foglio di mappa n. 23 particelle 12 e 13, al foglio di mappa n.25 particella 1, al foglio di mappa n. 26 particella 3 e al foglio di mappa n . 60 particella 1, a
condizione che l’Eni Spa versi la somma di € 801.838,13 per il ripristino ambientale, oltre la bonifica della tubazione da trasferire“.
La Ola ricorda come nell’area del Comune di Calvello insistono diversi pozzi petroliferi produttivi e vi siano problematiche di impatto ambientale con contaminazione di suolo e sorgenti (Acqua dell’Abete, Sorgente Acqua Solfurea, area LPT, torrente la Terra,etc) alcune
sottoposte in passato a sequestro da parte da parte di organi di polizia incluse nel perimetro del parco nazionale dell’Appennino Lucano. Una grave situazione di cui oggi, dopo diversi anni, nessuno più parla, e non si conoscono gli esiti dei rilievi e monitoraggi
ambientali effettuati.
La Ola ricorda come il pozzo Cerro Falcone 2 è classificato dall’UNMIG come “produttivo”. Esso avrebbe dovuto essere spostato al di fuori dal perimetro del parco nazionale e all’esterno dei Siti della Rete Natura 2000 dell’Unione Europea, unitamente alla condotta di collegamento con l’area LPT per la parte inclusa nel territorio dell’area protetta nazionale.
Nel chiedere l’intervento urgente dell’Assessore Regionale all’ambiente, Aldo Berlinguer, e del presidente dell’Ente Parco nazionale dell’Appennino Lucano, Domenico Totaro, in base alle loro competenze, sospendendo il trasferimento della titolarità della condotta in capo al comune di Calvello, la Ola chiede di conoscere lo stato attuale di contaminazione e se gli enti preposti abbiano già redatto un Piano di Caratterizzazione per la successiva fase di
bonifica e rimozione della condotta, formulando un piano economico necessario così come prescrive la legge, per scongiurare un possibile disimpegno da questo obbligo in capo alla compagnia petrolifera.
Il mancato riferimento alla bonifica degli oleodotti così come, invece, l’accordo di programma del 1998 avrebbe dovuto prevedere, non può e deve essere pretesto da parte di chi oggi dovrebbe procedere alla bonifica. Non vorremmo che i 400 km di oleodotti presenti in Val
d’Agri non diventino in futuro prossimo venturo aree SIN come la Val Basento, ma a macchia di leopardo, sulle montagne tra boschi e sorgenti, con costi che potrebbero lievitare nel tempo a carico dei cittadini contribuenti in assenza di bonifiche effettuate.