Cinque funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano dell’Eni, dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri, sono stati posti agli arresti domiciliari dai carabinieri per la tutela dell’ambiente perché ritenuti responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti”. Fra gli indagati, anche Gianluca
Gemelli, imprenditore e compagno della ministra dello sviluppo economico Federica Guidi.
I militari hanno eseguito anche un’ordinanza di divieto di dimora nei confronti di un dirigente della Regione Basilicata. I provvedimenti cautelari – emessi dal gip del Tribunale di Potenza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia – sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e Caltanissetta.
Inoltre, da fonti investigative e sindacali, si è appreso che sono stati eseguiti anche due decreti di sequestro nel centro oli di Viggiano con possibili conseguenze sulla produzione di petrolio: è in Val d’Agri, infatti, che si trovano giacimenti di idrocarburi di interesse nazionale. Interpellata, Eni non commenta e spiega che i legali del gruppo stanno analizzando la situazione: quando il quadro sarà completo saranno forniti commenti. Il gruppo sottolinea di stare collaborando con la magistratura.
Gianluca Gemelli, imprenditore e commissario di Confindustria Siracusa, è accusato di traffico di influenze illecite perché “sfruttando la relazione di convivenza che aveva col Ministro allo Sviluppo economico – si legge nel capo d’imputazione contenuto nell’ordinanza di misure cautelari – indebitamente si faceva promettere e otteneva da Giuseppe Cobianchi, dirigente della Total” le qualifiche necessarie per entrare nella “bidder list delle società di ingegneria” della multinazionale francese, e “partecipare alle gare di progettazione ed esecuzione dei lavori per l’impianto estrattivo di Tempa Rossa”.
E dagli atti dell’inchiesta spunta un’intercettazione della ministra che rischia di mettere in difficoltà il governo. “Domani dovremmo riuscire ad approvare quell’emendamento”, dice la Guidi a Gemelli. Nella stessa intercettazione viene citata anche Maria Elena Boschi. Nessuna delle due ministre è indagato.
Nell’ambito della stessa inchiesta condotta dagli agenti della Squadra mobile di Potenza, è finito ai domiciliari l’ex sindaco di Corleto Perticara, che è il paese dove sta sorgendo il Centro oli Tempa Rossa. Per l’ex vicesindaco, Giambattista Genovese, il gip Tiziana Petrocelli ha disposto il divieto di dimora nel comune. Entrambi sono accusati di “plurime condotte di concussione e corruzione”.
Nell’ambito di un secondo filone d’indagine condotto dai carabinieri del Noe è stata posta sotto sequestro parte dell’impianto Eni di Viggiano (Ansa).
ARRESTI NEL CENTRO OLI DI VIGGIANO, ATTIVITA’ SOSPESA DALL’ENI.
La produzione di petrolio in Val d’Agri – pari a 75 mila barili al giorno – “al momento è sospesa”. Lo ha annunciato l’Eni, dopo gli arresti di oggi. La compagnia petrolifera chiederà alla magistratura – alla quale darà “la massima collaborazione” – “la disponibilità dei beni posti oggi sotto sequestro”. In una nota, l’Eni ha detto di aver “preso atto dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria nell’ambito di uno dei due filoni di indagine condotti dalla Procura di Potenza sulle attività di produzione di idrocarburi in Val d’Agri”.La compagnia petrolifera ha spiegato di aver “provveduto alla sospensione temporanea dei lavoratori oggetto dei provvedimenti cautelari” nell’ambito del “filone di indagine relativo a tematiche ambientali legate all’attivita’ produttiva del Centro Oli di Viggiano” e ha aggiunto di stare “completando ulteriori verifiche interne”. Riferendosi alla sospensione dell’attività produttiva in Val d’Agri, L’Eni ha confermato, “sulla base di verifiche esterne commissionate dalla società stessa, il rispetto dei requisiti di legge e delle best practice internazionali. In tal senso Eni richiederà la disponibilità dei beni posti oggi sotto sequestro e continuerà ad interloquire con la magistratura, così come avviene da tempo sul tema, assicurando la massima cooperazione”. (Ansa)
ARRESTI NEL CENTRO OLI DI VIGGIANO, SI DIMETTE IL MINISTRO FEDERICA GUIDI.
La ministra Federica Guidi si è dimessa, travolta da un’intercettazione in cui – parlando con il suo compagno Gianluca Gemelli – gli garantiva il via libera a un emendamento alla legge di Stabilità che andava incontro ai suoi interessi imprenditoriali. Un’intercettazione che chiama in causa il centro del potere del governo Renzi, visto che la Guidi cita anche la ministra Maria Elena Boschi: “Anche Maria Elena è d’accordo”.
“Caro Matteo – scrive la Guidi nella sua lettera di dimissioni – sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni da incarico di ministro. Sono stati due anni di splendido lavoro insieme. Continuerò come cittadina e come imprenditrice a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese”. Così si conclude l’incarico della ministra, che sin dalla sua nomina ha segnato la storia governo Renzi per i suoi conflitti d’interesse. Il premier, dagli Stati Uniti ha risposto dopo poche ore: “Cara Federica ho molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Serio, deciso, competente. Rispetto la tua scelta personale sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido: procederò nei prossimi giorni a proporre il tuo successore al capo dello Stato”.
Tutto parte da un’inchiesta della procura di Potenza sulla gestione dei rifiuti nel centro Eni, inchiesta che ha un filone parallelo sull’impianto di Tempa Rossa nella Val d’Agri. In questo filone è indagato Gemelli, accusato di traffico di influenze illecite proprio per i suoi rapporti con il ministro. Il pm aveva anche chiesto l’arresto di Gemelli, che però non è stato concesso.
Questa parte di indagine ruota intorno a un emendamento alla Legge di Stabilità, approvato all’ultimo momento nel dicembre del 2014, con il quale si dava il via libera al progetto di estrazione di petrolio Tempa Rossa, opera contestatissima dalle associazioni ambientaliste, ma sul quale Gemelli aveva forti interessi.
La storia è ricostruita negli atti dell’inchiesta con cui sono state arrestate sei persone. Atti nei quali c’è anche una serie di conversazioni telefoniche dirette tra Guidi e Gemelli, tra i quali c’era “una relazione di convivenza”, come si legge nelle carte. L’imprenditore era interessato a fare in modo che si sbloccasse l’operazione Tempa Rossa, gestita dalla Total, perché secondo l’accusa le sue aziende avrebbero guadagnato circa due milioni e mezzo di sub appalti. E di questo parla al telefono con la compagna.
Che, il 13 dicembre, lo rassicura: “Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se… è d’accordo anche Mariaelena la… quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte. Alle quattro di notte… Rimetterlo dentro alla legge… con l’emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa… ehm… dall’altra parte si muove tutto!”.
Il compagno le chiede se la cosa riguardasse i suoi amici e il ministro gli risponde: “Eh certo, capito? Per questo te l’ho detto”.
Avuta la notizia Gemelli chiama subito il rappresentante della Total: “La chiamo per darle una buona notizia..ehm.. .si ricorda che tempo fa c’è stato casino..che avevano ritirato un emendamento…ragion per cui c’erano di nuovo problemi su Tempa Ross … pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al senato..ragion per cui..se passa…e pare che ci sia l’accordo con Boschi e compagni…(…) se passa quest’emendamento… che pare… siano d’accordo tutti…perché la boschi ha accettato di inserirlo… (…) è tutto sbloccato! (ride ndr)…volevo che lo sapesse in anticipo! (…) e quindi questa è una notizia…”.
Dalle indagini fatte poi dagli agenti della squadra mobile della Polizia di Potenza che hanno svolto le indagini è emerso che l’emendamento era stato inserito nel maxiemendamento alla Legge di stabilità del 2015, modificato dal Senato il 20 dicembre, con il quale si dava il via al progetto Tempa Rossa
(fonte La Repubblica)
Gianni Perrino, consigliere regionale Movimento 5 Stelle su arresti dipendenti e funzionari del centro Oli di Viggiano dell’Eni. Di seguito la nota integrale.
Mentre il fronte referendario distraeva le truppe petrolifere governative via mare, accalcandosi in prossimità delle 12 miglia marine, da terra partiva l’offensiva verso conviventi e conniventi ministeriali, funzionari dell’ENI, dirigenti della Regione Basilicata, che determinava il blocco definitivo della lucrosa e devastante attività dei petrolieri.
Sarebbe bello poter scrivere poche righe come queste per descrivere, nei libri di storia, la liberazione della Basilicata e del Paese dal giogo di affaristi senza scrupoli e dignità.
La deputata Mirella Liuzzi e il senatoreVito Petrocelli del Movimento 5 Stelle su Inchiesta Eni e Total e scandalo emendamento Guidi. Liuzzi.
“L’emendamento marchetta in legge di stabilità 2015 per il progetto “Tempa Rossa” al centro dello scandalo che coinvolge le telefonate tra il ministro Guidi e il compagno indagato fu denunciato dal Movimento 5 Stelle” lo ricordano in una nota la parlamentare pentastellata Mirella Liuzzi ed il senatore Vito Petrocelli.
“Questo emendamento vergogna ha una storia che parte con lo ‘Sblocca Italia’ dove il Movimento 5 Stelle riuscì a bloccarlo il 17 ottobre 2014 grazie ad una lotta durata tutta la notte ” ricorda la Liuzzi che a dimostrazione rilancia il video ‘pirata’ di quella battaglia. “In seguito il governo il 15 dicembre 2014 fu pescato nuovamente con le mani nei pozzi di petrolio e ripresentò l’emendamento nella legge di Stabilità 2015 al Senato – spiega la Liuzzi insieme a Petrocelli – dove riuscì a farlo approvare tramite il voto di fiducia nonostante le nostre proteste e denunce”.
Mirella Liuzzi e Vito Petrocelli, deputata e senatore del Movimento 5 Stelle
Piernicola Pedicini, Capo delegazione del M5s al Parlamento europeo su arresti nel centro Oli di Viggiano dell’Eni. Di seguito la nota integrale.
Il gravissimo coinvolgimento del ministro Guidi e, probabilmente del ministro Boschi e del sottosegretario lucano De Filippo e di altri membri del governo Renzi, gli arresti, i decreti di sequestro di un pozzo petrolifero in Val d’Agri (Potenza) e dell’impianto di trattamento e smaltimento di rifiuti petroliferi di Tecnoparco Valbasento Spa di Pisticci (Matera), disposti dalla Direzione antimafia di Potenza, confermano che le battaglie che il M5s Europa sta facendo a Bruxelles e la procedura d’indagine avviata dalla Commissione Ue, dopo le nostre denunce, sono giuste, necessarie e urgenti.
Sono tanti i dubbi e le ombre che vanno chiariti per verificare la situazione ambientale, sanitaria e affaristica provocata dalle estrazioni petrolifere in Basilicata.
Sono lucano e seguo da anni e da vicino le vicende delle trivellazioni lucane. Lo scandalo è più grande di quello che potevamo immaginare e investe in pieno il governo Renzi. L’inchiesta della Dda vede indagati, a vario titolo, 37 persone, tra dirigenti Eni, funzionari della Regione Basilicata e altre persone per le vicende del Centro Oli di Viggiano e altre 23 persone, tra cui l’ex sindaco #Pd di #Corleto Perticara Rosaria Vicino, finita ai domiciliari, per il filone che riguarda la costruzione del Centro Oli #Total di Tempa Rossa. Non è accettabile il silenzio e le sottovalutazioni delle forze politiche che governano la Basilicata, a partire dal governatore Pittella, per arrivare al sottosegretario alla Sanità Vito DeFilippo e al vice ministro Filippo Bubbico, ex governatori lucani che hanno firmato gli accordi con Eni e Total e che ora, guarda caso, siedono su due poltrone del governo Renzi. Bene hanno fatto i portavoce del M5s al Senato e alla Regione Basilicata a chiedere che venga istituita una commissione speciale d’inchiesta che faccia piena luce su tutto quello che sta avvenendo in Basilicata intorno al business delle trivelle.
Cinque arresti per traffico e smaltimento illecito di rifiuti nel centro Oli di Viggiano dell’Eni. Nota Murante (SEL-SI). Di seguito la nota integrale.
La notizia del blitz dei carabinieri al Cova di Viggiano non è un fatto nuovo o isolato. E come altre volte ci coglie preoccupati.
Preoccupati innanzitutto per lo stato di salute delle comunità che, se le accuse mosse fossero confermate, rappresenterebbero le vittime degli illeciti contestati, trattandosi di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi rivenienti dalle attività del Centro Oli. In realtà i filoni d’inchiesta sono diversi, andando ben oltre i reati di natura ambientale, arrivando a investire l’operato di dirigenti, funzionari pubblici e amministratori, fino alla configurazione di una vera e propria ‘organizzazione di stampo mafioso su base imprenditoriale’, come ha avuto modo di dichiarare il Procuratore Antimafia.
Di là del profilo giudiziario grave, siamo di fronte ad un macigno di natura politica. Quella che emerge è una questione morale grande quanto una montagna, e che tiene dentro di sé le denunce che in questi anni abbiamo portato avanti sull’affare petrolio in Basilicata: l’intreccio sempre più stretto tra affari e politica; la desertificazione d’interi territori e l’ipoteca sul futuro delle sue comunità; il montare della spesa pubblica sulla quasi esclusiva materia delle royalties e la conseguente – arbitraria e interessata – allocazione della stessa ai fini della costruzione del consenso.
L’inchiesta avrebbe rilevato anche una condotta omissiva di Eni in relazione alle emissioni in atmosfera. Forse è solo il caso di ricordare che ancora oggi giace silente in consiglio regionale una proposta di legge popolare – depositata insieme con altre e corredata di oltre duemilacinquecento firme – proprio sul tema delle emissioni nocive e pericolose in atmosfera. Qualcuno forse dovrebbe darne conto.
La presenza di funzionari pubblici e amministratori nei diversi filoni rappresenta la riprova di quanto abbiamo sempre denunciato: il petrolio non ha governo se non quello degli interessi delle multinazionali energetiche… al governo e ai suoi protagonisti vanno le prebende. E non rassicurano le dichiarazioni di collaborazione dell’Eni.
Maria Murante, Coordinatrice regionale SeL-Si
Nicola Manfredelli (Unione Mediterranea Lucania): “L’inchiesta della Procura Ambientale Antimafia sulle estrazioni petrolifere smonta il teorema del consociativismo tra affari e politica”. Di seguito la nota integrale.
Gli arresti e i provvedimenti cautelari adottati dal Nucleo dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente nei confronti di dirigenti dell’Eni, di Tecnoparco, della Regione Basilicata e di pubblici amministratori, danno pienamente ragione alle iniziative di Unione Mediterranea, che a più riprese ha denunciato il circolo vizioso a cui sono stati assoggettati i territori e le popolazioni del Sud.
“A noi non ci coglie di sorpresa l’esito di questa coraggiosa inchiesta della Procura di Potenza che mette a nudo i comportamenti truffaldini sui rifiuti pericolosi – dichiara il coordinatore regionale lucano del movimento, Nicola Manfredelli – poiché abbiamo fatto proprio del superamento della condizione di grave ed insopportabile danneggiamento dei cittadini meridionali, la ragione primaria della nascita di Unione Mediterranea”.
Già nei mesi scorsi, il Movimento, che si batte per l’autonomia e l’indipendenza del Sud, ha sollevato la questione delle disparità di trattamento in termini di ambiente e tutela della salute, consegnando un dossier all’Unione Europea, in cui è fatto riferimento anche alle conseguenze delle attività estrattive petrolifere in Basilicata, sottoscritto da oltre 13.000 firmatari per chiedere l’istituzione di una Commissione Speciale sul rispetto dei principi della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea nelle regioni meridionali.
Anche nelle iniziative a favore del SI per l’imminente Referendum, Unione Mediterranea ha sempre specificato che il blocco delle concessioni in mare deve essere vista non come la risoluzione del problema ma come una tappa di un processo di revisione complessiva delle autorizzazioni, soprattutto quelle in terra ferma, in aree antropizzate, che pongono a grave rischio la salute delle popolazioni locali.
Lo slogan, NÈ IN MARE E NÈ IN TERRA | NÈ A DANNO DEI PESCI E NÉ A DANNO DELLA GENTE | trova pieno riscontro negli avvenimenti di queste ultime ore in Basilicata.
E’ molto grave ed irresponsabile la tattica del “tuttapostismo” adottata dalle società petrolifere e dalla politica accomodante e subalterna agli interessi delle multinazionali; si tratta di un teorema che è stato autorevolmente confutato dalle inequivocabili dichiarazioni del Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Alfredo Roberti: “Spiace rilevare che, per risparmiare decine di milioni di euro, ci si riduca ad avvelenare il territorio, attraverso i vecchi meccanismi truffaldini del cambio del codice rifiuti CER, che viene modificato con la compiacenza di chi dovrebbe controllare e non controlla”.
Si parla di una cifra risparmiata ogni anno dall’Eni, di circa 70milioni di € sullo smaltimento dei rifiuti petroliferi, che suona come una doppia beffa per il popolo lucano; in sostanza, oltre all’attentato alla salute dei cittadini, l’Eni si è ripresa con gli interessi al 100×100 quanto avrebbe dovuto erogare con il bonus sulla card ai patentati, stimato in 30-35 milioni di € all’anno: in pratica te ne do 35 e me ne riprendo 70!
Una realtà dei fatti ben diversa da quella che si è voluta far apparire attraverso il “tuttapostismo” che nasconde e sostiene il “colonialismo” da cui deve affrancarsi il Sud e che è alla base delle iniziative di Unione Mediterranea che già nei prossimi giorni organizzerà un raduno ad Avigliano con i simpatizzanti lucani e con la partecipazione degli esponenti nazionali, Flavia Sorrentino e Marco Esposito.
Fanno schifo
Necessita confiscare tutto e metterli in carcere. Soprattutto perché questi personaggi percepivano stipendi da nababbo. Vergogna.
Pasquale Fontana
Gran bella spallata! Ora mon molliamo!