Manto nevoso sempre più effimero su Alpi e soprattutto sugli Appennini. Con la crisi climatica e l’aumento delle temperature la montagna cambia volto e colori. E al bianco dell’inverno, si alternano sempre più prati verdi e vette con poca neve. Termometro di questa situazione i dati sugli impianti sciistici oggi sempre più in difficoltà tra chiusure e aperture a singhiozzo quando va bene. A scattare una fotografia nitida è il nuovo report di Legambiente Nevediversa 2024, i cui dati, tutti in aumento, parlano chiaro: 177 gli impianti temporaneamente chiusi nella Penisola (+39 unità rispetto al report precedente), di cui 92 sull’arco alpino e 85 sull’Appennino. Salgono a 93 gli impianti aperti a singhiozzo (+9 rispetto al report precedente), il grosso, ben 55, si concentra sugli Appennini. Altro dato in crescita è quello delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica; e quello degli impianti sottoposti al cosiddetto “accanimento terapeutico”, 241 quelli censiti da Legambiente (+33unità) che sopravvivono solo con forti iniezioni di denaro pubblico. Il grosso, ben 123, sugli Appennini.
Anche in Basilicata ci sono casi simbolo di impianti dismessi come quello del Monte Volturino chiuso da oltre 10 anni a causa di gravi danneggiamenti ad opera di vandali, che non è mai stato riparato, o temporaneamente chiusi come la seggiovia del Monte Sirino travolta da una valanga nel 2015 e ancora non riparata. O ancora impianti aperti parzialmente o per mancata manutenzione o per problematiche amministrative o semplicemente per mancanza di neve.
Il trimestre appena terminato è stato molto probabilmente l’inverno più caldo degli ultimi settanta anni in Italia e anche in Basilicata. Un quadro preoccupante quello tracciato dal report Nevediversa2024 e su cui Legambiente chiede un cambio di rotta a livello politico e territoriale, lavorando ad una riconversione degli impianti e puntando ad un turismo invernale più sostenibile, una leva quest’ultima fondamentale come ben raccontano anche le 73 buone pratiche censite da Legambiente, tra cui anche alcune nella nostra Regione. In particolare, l’associazione ambientalista chiede che vengano stanziati più fondi per il turismo dolce in quota prevedendo azioni di mitigazione alla crisi climatica nelle aree montane, accompagnando i gestori degli impianti in questo percorso di riconversione.
“I numeri in aumento degli impianti dismessi, aperti a singhiozzo, smantellati – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – rappresentano l’ennesimo campanello d’allarme di un turismo montano invernale sempre più in difficoltà a causa della crisi climatica e che deve avere il coraggio di andare oltre la neve sempre più rara e cara. La pratica dell’innevamento artificiale è, infatti, insostenibile e comporta ingenti consumi d’acqua, forte dispendio di energia, oltre alla realizzazione di più bacini per l’innevamento e quindi un consumo di suolo in territori di pregio naturalistico. Per questo è fondamentale che si avvii un cambio di rotta e una conversione verso un modello di turismo montano invernale più sostenibile in grado di andare oltre la monocultura dello sci in pista, tutelando al tempo stesso le comunità locali e chi usufruisce a livello turistico della montagna”.
“Occorre avviare un processo di transizione – dichiara Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – trasformando e diversificando, puntando ad un turismo sostenibile e alternativo che rappresenta il futuro della montagna, anche nel periodo invernale. Il dialogo e il confronto con gli operatori del settore è fondamentale per contribuire a questo nuovo orizzonte di cui ha bisogno la montagna. E, pertanto. urgente un cambio di rotta a livello politico e territoriale, più risorse al turismo montano invernale sostenibile e azioni di mitigazione alla crisi climatica accompagnando gli operatori del settore in questo percorso di riconversione”