Ribadire la netta contrarietà all’individuazione sull’intero territorio regionale del Deposito nazionale di smaltimento delle scorie nucleari, già espressa con le osservazione inviate lo scorso settembre nell’ambito della Vas (Valutazione ambientale strategica) per il Programma Nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito.
Questo il contenuto del documento che nei prossimi giorni verrà inviato al Mise dall’Assessorato all’Ambiente della Regione Basilicata per richiamare il Ministero, anche alla luce dell’ordinarietà dei poteri attualmente in capo al Governo, al rispetto dell’iter procedurale più corretto, che prevede prima la chiusura del Programma nazionale, per poi passare alla definizione della “Carta nazionale aree potenzialmente idonee”.
Il documento, condiviso questo pomeriggio nel corso dell’incontro convocato dall’assessore Francesco Pietrantuono con i rappresentanti di Anci, Associazioni ambientaliste, Sindacati, Ordini professionali, Associazioni Agricoltori, mira a tenere alta l’attenzione sul tema del deposito unico di scorie nucleari e vuole evidenziare come l’accoglimento da parte dell’Ispra (che definirà i criteri per l’individuazione del sito) delle osservazioni fatte dalla Regione Basilicata nell’ambito della Vas vada nella direzione dell’esclusione della Basilicata dalle aree potenzialmente idonee.
“Rispetto all’accelerazione del Governo sulla carta nazionale, va ricordato– ha sottolineato Pietrantuono – che l’iter procedurale non può prescindere dalla conclusione della fase sul programma nazionale. E rispetto a tale programma, ad oggi, ci sono solo le osservazioni della Commissione di valutazione ambientale, che tra l’altro solleva una serie rilievi di cui tener conto. Solo successivamente si potrà aprire la discussione sulla Carta. La vicenda di Scanzano – ha aggiunto – assieme ad una serie di osservazioni di carattere tecnico-scientifico legate a ragioni ambientali motivano l’inidoneità della nostra Regione ad accogliere un sito di rifiuti radioattivi. Il percorso nucleare non è più compatibile con la Basilicata e non rientra nella visione di sviluppo strategico da noi perseguita. Proprio in tale ottica, infatti, non ci siamo candidati ad un bando Enea per un centro di ricerca sulla fusione nucleare per la produzione di energia elettrica, a dimostrazione che le nostre scelte, anche nel campo dell’innovazione e della ricerca, sono lontane da tale ambito”.
All’incontro è intervenuto anche l’ing. Nicola Grippa, del Dipartimento Ambiente, il quale, nell’illustrare brevemente le osservazioni della Commissione di valutazione ambientale, ha messo l’accento sulla necessità di capire come tali indicazioni saranno poi recepite nel programma definitivo.
Unanime l’apprezzamento di sindacati, associazioni e organismi professionali per il metodo della condivisione scelto dall’assessore all’Ambiente Pietrantuono. L’idea di fare squadra non solo valorizza la precedente esperienza di Scanzano ma è l’unico percorso da seguire – è emerso dagli interventi – per scongiurare il rischio di un deposito nucleare in terra lucana.
“Mi preme ricordare – scrive Pietrantuono nella missiva di convocazione indirizzata ad Anci, Associazioni ambientaliste, Sindacati, Ordini professionali, Associazioni Agricoltori – che la Giunta regionale con Delibera n. 936/2017 ha già espresso, come condiviso negli incontri tenutisi nei mesi di agosto e settembre 2017, contrarietà all’individuazione sull’intero territorio regionale del Deposito nazionale per la gestione del combustibile dei rifiuti radioattivi. Ritengo, tuttavia, anche in relazione alle recenti notizie riportate dalla stampa, opportuno condividere un approfondimento sul tema”.
Pasquale Stigliani, per conto dell’associazione ScanZiamo le scorie, ha inviato alla nostra redazione il testo del documento inviato alla Regione Basilicata per i lavori del tavolo convocato dall’Assessore all’Ambiente della Regione Basilicata.
Deposito nucleare, ScanZiamo le scorie: prima della Cnapi serve un programma.
È scorretto pubblicare la carta nazionale delle aree per ospitare il deposito senza un piano nazionale per la gestione dei rifiuti nucleari in Italia, tanto più in assenza di una governance. Sarebbe un grave errore politico. Ancor di più nel momento in cui chi potrebbe prendere la decisione è un ministro a termine come Carlo Calenda.
Verrebbero minati i rapporti tra il Governo e i territori. Sarebbero scavalcate le regole democratiche di partecipazione stabilite nel diritto ambientale dall’ordinamento nazionale ed europeo. Si comprometterà inutilmente il percorso lasciato in salita dalla civile e pacifica protesta di Scanzano nel 2003.
Il ministro Calenda probabilmente non conosce approfonditamente l’argomento o è stato consigliato male, cosi come accadde con Berlusconi quando venne convinto su Scanzano.
Non ci sono termini perentori che obbligano il ministro a rilasciare il nulla osta per attivare la Sogin alla pubblicazione delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) e alla realizzazione del deposito di scorie nucleari.
Piuttosto, è dalla fine del 2014 che il Governo avrebbe dovuto presentare alla Commissione europea il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi. Per non aver rispettato i tempi la Commissione europea ha aperto un’infrazione nei confronti del nostro Paese. Per non pagare caro il ritardo, solo lo scorso anno i ministri competenti (Ambiente e Sviluppo) hanno avviato la procedura per la definizione del Programma con una proposta.
Avere un Programma è importante non solo per accontentare la Commissione europea ma per individuare e conoscere il piano che l’Italia ha sui rifiuti nucleari, un problema ancora irrisolto nel mondo, se parliamo dell’alta attività.
La proposta di Programma attualmente è sottoposta alla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas). Nella fase di partecipazione della Vas sono stati coinvolti numerosi soggetti interessati (Regioni, enti regionali, Comuni, associazioni e cittadini) che hanno presentato osservazioni. Gli interessati in questo processo di consultazione hanno fatto emergere una serie di aspetti che necessitano risposte immediate e chiarimenti che devono essere dati mediante l’emanazione di un provvedimento dei ministeri competenti.
I pareri della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale
Per capire cosa emergerà dal provvedimento è necessario approfondire il corposo parere che la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (struttura del ministero dell’Ambiente) ha inviato ai ministeri. Tale documento della Commissione interviene su diverse parti del Programma e chiede ai ministeri di esprimersi su diversi aspetti tra i quali anche i requisiti che sono stati impiegati per individuare la Cnapi che Calenda vorrebbe pubblicare. Chiede chiarimenti anche sul progetto preliminare del deposito: sulla tipologia di rifiuti radioattivi (in particolare su quelli industriali e provenienti anche da attività di bonifica), sul dimensionamento del deposito e sul tempo massimo per contenere l’alta attività, sul trasporto per far giungere i rifiuti e molto altro.
Relativamente alle possibili alternative, la Commissione ritiene necessario integrare l’analisi del Programma con la strategia di “brown field”, ossia della trasformazione degli attuali siti nucleari in depositi di se stessi, rispetto alla realizzazione del deposito unico nazionale.
Integrare la guida tecnica n. 29 dell’Ispra
Secondo la Commissione i criteri di esclusione ed approfondimento della Guida Tecnica n. 29 per l’individuazione della Cnapi andrebbero integrati al fine di prevenire effetti negativi sulla matrice acqua e sugli ecosistemi ad essa connessi. Si specificano, in questo modo, ulteriori criteri discriminanti per la localizzazione del Deposito unico nazionale da includere nel Programma, così da assicurare una maggiore tutela per il territorio interessato e, in particolare, al sistema delle acque superficiali e profonde.
La guida tecnica è o non è vincolante?
La Commissione chiede inoltre di chiarire il carattere vincolante o meno della Guida Tecnica n. 29 eliminando le incongruenze presenti all’interno della bozza del Programma al punto 1.1 nella parte in cui sostiene “che le guide sono usate come strumenti di riferimento durante il procedimento di autorizzazione. Esse non hanno carattere vincolante ma, in caso di non osservanza, il richiedente o il titolare dell’autorizzazione è tenuto a dimostrare di aver posto in essere misure di protezione alternative equivalenti”. I Criteri individuati, per la Commissione devono avere un valore inderogabile, non di ispirazione, altrimenti la scelta del sito diventerebbe arbitraria.
Il trasporto dei rifiuti nucleari
Anche l’argomento relativo al trasporto dei rifiuti nucleari per la Commissione è da approfondire. Ritiene necessario che ad essere valorizzato sia il criterio di prossimità, il quale porta ad individuare i siti di stoccaggio il più vicino possibile ai maggiori produttori di rifiuti nucleari a livello europeo. L’applicazione di tale criterio, su scala italiana, consentirebbe di ridurre rischi ambientali e sociali derivanti dal trasporto dei rifiuti radioattivo.
La struttura del ministero dell’Ambiente non chiede informazioni su quisquiglie ma risposte su argomenti di rilievo e fondamentali: mette in discussione la strategia del deposito unico, alcuni criteri utilizzati per individuare la Cnapi e chiede informazioni precise sul progetto preliminare del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che devono essere contenute nella relazione che dovrà essere presentata contestualmente con la pubblicazione della Cnapi.
In questo quadro la domanda sorge spontanea. Se nell’ambito della definizione del Programma nazionale, una struttura del ministero dell’Ambiente discute sulla strategia generale, sul criterio per l’individuazione della Cnapi e chiede chiarimenti sul progetto preliminare che deve essere pubblicato contestualmente alla stessa, non sarebbe opportuno rispondere? Quale sarà il valore della Cnapi e del progetto preliminare se nel Programma nazionale che presenteremo all’Europa verranno accolte le istanze della Commissione e le osservazioni di cui sopra? Che senso ha quindi pubblicare la Cnapi senza un Programma?
In un’audizione parlamentare della commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti del giugno 2017, il ministro Calenda ha dichiarato che la pubblicazione della Cnapi sarebbe avvenuta successivamente all’approvazione del Programma nazionale.
Dal 1999 ad oggi, i Governi indifferenti hanno lasciato la gestione dei rifiuti nucleari nelle responsabilità della Sogin (che ha maturato importanti competenze) ma senza prendere a cuore il problema e verificare quali fossero i risultati. Per un argomento così rilevante, le risorse umane dedicate dai ministeri dello Sviluppo e dell’Ambiente sono talmente scarse che basterebbe una mano per contarle.
La stima dei costi per la messa in sicurezza delle scorie nucleari italiane intanto continua a salire: 7,2 miliardi di euro. Ovvero 400 milioni più rispetto ai 6,8 miliardi precedenti. Dal 2001 il programma di smantellamento è stato realizzato solo per il 26 per cento, costando però 3,2 miliardi di euro che equivalgono al 44 per cento del budget. A questi numeri vanno aggiunti gli 1,5 miliardi previsti per la realizzazione del deposito di scorie nucleari ed il costo di esercizio annuale non ancora stimato.
Gli ultimi conti dell’Autorità per l’energia confermano purtroppo la linea. Evidenzia un peggioramento della commessa nucleare nel 2016, con un avanzamento rallentato dei progetti strategici (4,21% rispetto ai valori superiori al 5% nei due anni precedenti) e aumenti di costo a vita intera degli stessi (+6,71% rispetto a quanto stimato in sede di consuntivo 2015 e +21% rispetto al programma a vita intera); in totale il consuntivo 2016 presenta 21 task che hanno subito un aumento dei costi a preventivo a vita intera di oltre il 10%, tra cui 11 con un aumento superiore al 30%.
Ai maggiori costi pagati dai clienti nella bolletta elettrica dobbiamo sommare i ritardi delle attività che rischiano di compromettere la salute umana e l’economie nate nei territori in cui ricadono i centri nucleari. Su questi aspetti non banali la Sogin e l’assenza della politica sono responsabili. Teniamo presente inoltre che i compiti di regolamentazione in materia e controllo sulla sua attività, in attesa dell’operatività dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), sono svolti da un Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell’Ispra inadeguato rispetto al lavoro che dovrebbe svolgere.
Dobbiamo uscire dallo smarrimento della politica per andare oltre le “calende nucleari”. Si deve porre la giusta attenzione al fine di individuare una nuova governance trasparente sui rifiuti nucleari che non può essere più affidata solamente alla Sogin che in questa condizione non offre le necessarie garanzie neanche per una eventuale gestione del processo della Cnapi e la realizzazione del deposito.
Sulla gestione dei rifiuti radioattivi il problema reale quindi non è l’individuazione delle aree dove portare i rifiuti ma rimane l’assenza in questo ambito di un Programma, di una governance politica nell’interesse nazionale che deve essere definita con urgenza.