Venerdì scorso avevamo denunciato la rimozione forzata di due serrature delle porte di due chiese rupestri presenti a Murgia Timone, San Vito e Madonna delle Tre porte. L’Ente Parco nel giro di due giorni ha provveduto a montare due nuove serrature e a chiudere le porte, riportando così in sicurezza due siti di particolare interesse storico-artistico e religioso che erano incustoditi. Ricordiamo che in queste chiese ci sono degli affreschi appena restaurati e il tempestivo intervento dell’Ente Parco della Murgia Materana, grazie alla sensibilità del presidente Michele Lamacchia, ha scongiurato atti vandalici, che per fortuna fino ad oggi non si sono verificati.
Ricordiamo che ad aprile 2021 sono terminati i lavori di Invitalia per il progetto Parco della storia dell’uomo a Murgia Timone, nel Parco della Murgia Materana, che hanno interessato anche diverse chiese rupestri, in particolari San Falcione, San Vito, Sant’Agnese, Madonna delle Tre porte, Madonna delle Croce e San Nicola all’Appia.
I lavori nello scorso mese di giugno sono stati ufficialmente consegnati dall’impresa al Comune di Matera ma l’Amministrazione Comunale li ha accettati con riserva, anche a seguito degli interventi di alcune associazioni materane che avevano contestato la scelta di alcuni materiali utilizzati nell’esecuzione delle opere.
L’Amministrazione Bennardi, sollecitata in merito dai cittadini, aveva costituito una Commissione speciale che ha avuto il compito di verificare quanto realizzato a Murgia Timone da Invitalia.
La Commissione presieduta dal Consigliere comunale Pasquale Doria ha concluso il suo compito da oltre due mesi ma la situazione da oltre 9 mesi resta in stand by.
A causa di questo lungo stop anche le chiese rupestri presenti a Murgia Timone non sono ancora fruibili.
La questione dell’affidamento in gestione dei siti turistici del Comune di Matera ovviamente non riguarda solo le chiese rupestri nel Parco della Murgia Materana ma anche il Palombaro Lungo in piazza Vittorio Veneto, il Convicinio di Sant’Antonio nel rione Malve e la chiesa di San Barbara in via Casalnuovo.
Michele Capolupo