Da Montalbano Jonico a Lavello sono molti i casi di cittadini lucani che denunciano i danni prodotti dagli impianti aerogeneratori installati nelle vicinanze di abitazioni, strade, aziende agricole, aree pubbliche o addirittura in prossimità di tralicci ad alta tensione.
Ci sono troppi punti da chiarire intorno a qualcosa che nasce come vera e propria opportunità.
In primis la salute di chi vive nelle vicinanze di questi impianti. Abbiamo già sentito parlare della “sindrome da turbina eolica” e non mancano studi a sostengono di questa tesi. L’eolico causerebbe danni alla salute umana, i sintomi della sindrome da turbina eolica consistono in vertigini, disturbi del sonno, emicranie, stress, depressione e addirittura aumento della pressione sanguigna e malattie cardiache. Per non parlare dei danni all’agricoltura e all’avifauna.
Non solo, le paure riguardano anche il rischio che dietro il proliferare di tutti questi parchi eolici ci siano infiltrazioni criminali dando spazio al sospetto che, in fondo, il rinnovabile sia un business.
Ci chiediamo come fanno le società con un capitale sociale insussistente a licenziare progetti per milioni di euro.
A Lavello è stato realizzato un parco eolico denominato Capozzi 1 per il quale la richiesta di realizzazione veniva depositata nel 2014, quando la normativa vigente inerente le distanze di sicurezza degli impianti dalle abitazioni era fissata a 200 metri. Tuttavia, prima dell’esecuzione dei lavori interviene una nuova normativa che aumenta le distanze a 300 metri. Succede che la società richiedente realizza gli impianti in base alla vecchia normativa, quella risalente alla richiesta, infischiandosene della nuova nonostante questa fosse stata approvata prima della realizzazione del parco eolico. Nel frattempo a Lavello, nel mese di dicemmbre si sono registrati ben 3 incidenti agli impianti eolici. Questi incidenti rappresentano un pericolo per persone e cose, soprattutto se, come nel caso di Lavello, questi impianti vengono realizzati in prossimità di tralicci di alta tensione.
A Genzano, Oppido Lucano, Pietragalla, Avigliano e Potenza sono molti i cittadini che si sono riuniti in comitati in difesa del proprio territorio ponendo dubbi anche sulla legittimità degli iter amministrativi che hanno autorizzato tali impianti. Il dubbio verte sulla procedura di esproprio funzionale ad opere inerenti le fonti di energia rinnovabile ubicate in zone classificate agricole dai piani regolatori generali comunali. Infatti, non essendo, dette opere, strumentali all’attività agricola del fondo, si rende necessaria la variante urbanistica, così come prevede il paragrafo 15.3, Parte I, dell’allegato al DM 10 settembre 2010, n. 219. In effetti, molte autorizzazioni per questi impianti sarebbero prive della predetta variante che, tra l’altro dovrebbe essere deliberata dai consigli comunali dei territori interessati. Pertanto, dovremmo concludere che tutti gli impianti autorizzati a prescindere della variante così come richiesta dal DM del 2010 dovrebbero essere considerate quali “opere abusive”. Insomma, se così fosse sarebbe un bel pasticcio ad opera degli uffici regionali.
Ad Avigliano, Potenza, Savoia di Lucania non si contano più gli incidenti agli impianti eolici ed al pari preoccupante il silenzio delle istituzioni. Come si dice in questi casi “bisogna aspettare il morto” affinché chi di dovere si attivi in difesa della sicurezza dei cittadini della Basilicata.
E a proposito di “mamma regione”, nonostante sia stata tra le ultime regioni a legiferare in materia di fonti energetiche rinnovabili, il dipartimento attività produttive ha sicuramente perso la grande occasione di trasformare la novità in vero e proprio volano per lo sviluppo del nostro territorio.
Gen 06