Dopo brontolii e mormorii il fronte crolla e la seconda linea, la nuova barriera idraulica costituita da 22 piezometri posti al limite del perimetro dell’inceneritore comincia ad essere inquinata .
Uno dei pozzi il 104 dà valori superiori al CSC- concentrazione soglia di contaminazione-.
A questo punto l’analisi di rischio approvata in conferenza di servizio il 31 Marzo scorso salta.
Bisogna rifare tutto da capo.
Bisogna dare atto alla nuova dirigenza Arpab che prontamente ha incluso tra i dati pubblicati il pozzo della nuova barriera che risultava fuori norma e di aver esteso il monitoraggio a sostanze che prima non erano comprese ed anche una di queste risulta essere fuori norma nel pozzo incriminato.
Detto questo una decisione bisogna pure assumerla e non è certo l’Arpab che lo può fare, in fin dei conti l’Agenzia ha messo a disposizioni le informazioni utili e necessarie per assumere decisioni.
Non è stato occultato nulla come avveniva in precedenza, si pensi che i dati relativi ai pozzi sono noti solo dal Dicembre 2007, da quanto cioè i valori andarono fuori norma. Quei dati furono pubblicati poi 20 mesi dopo e le autorità competenti interessate 14 mesi dopo il verificarsi dell’evento; le norme parlano di ore
Nulla si conosce della situazione anteriore al dicembre del 2007.
Tutti adesso corrono al capezzale dell’ammalato anche il novello sindaco di Melfi che ha bisogno di fare scuola guida; si starnazza nel pollaio.
Il buon sindaco chiama al capezzale proprio Fenice e ad essa si affida: raccomanda le pecore al lupo.
L’impianto non può essere fermato perché manca quello di scorta dice il nostro, bella teoria.
Fenice è autorizzato a lavorare 35 mila tonn. di rifiuti industriali che possono tranquillamente essere dirottati altrove e 30 mila di quelli solidi urbani.
Statistiche alla mano delle 225 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani prodotti in Basilicata solo il 9% viene avviato ad incenerimento .
Il 9 % ammonta a circa 20 mila tonnellate si può dimagrire quella lavorazione di 10 mila tonnellate.
Si può in concreto ridurre la lavorazione, qualora fosse vero quanto affermato dal novello sindaco di Melfi da 65 mila a 20 mila tonnellate, in attesa del ripristino, se mai sarà possibile.
L’analisi di rischio sottoscritta il 31 marzo fa acqua bisogna rivedere un po’ tutto.
L’inquinamento non rientra anzi si espande si è tentato un po’ di tutto, non ricapitoliamo, bisogna fermare le macchine. Chi ha il potere per staccare la spina è la Regione Basilicata con il suo Dipartimento Ambiente dove si tesse la tela di Penelope e, stante la latitanza, la Magistratura.
La vicenda presenta tanti punti oscuri e tutti riconducibili al competente dipartimento della Regione
Esso accetta una VIA per l’aumento di lavorazione a 39 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani così da regolarizzare quanto già accade da tempo; ha in essere una A.I.A.- autorizzazione Integrata Ambiente- che è un documento che si ottiene dopo aver convocato una conferenza dei servizi e dopo aver esaminato impianto, gestione ed aver dato, se del caso, prescrizioni ambientali.
Per avere l’AIA, normalmente, bisogna aver dimostrato di aver adottato le migliori tecnologie per ridurre l’inquinamento.
L’esame della pratica è in atto da oltre 5 anni , quando i tempi sono ridotti ed inferiori ai 180 giorni.
In 5 anni quell’impianto e già vecchio e le AIA si rilasciano, normalmente, per 5 anni massimo 7- per quelli più virtuosi.
Fenice sta andando avanti con una autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Potenza, prevista e del tipo transitorio, della durata di 10 ani- alla faccia della transitorietà- ed è stata concessa a fronte di una certificazione rilasciata dalla vecchia Arpab gestita dal noto Siggillito- un nome, un programma!
Ce n’è in abbondanza perché se la Regione non decide di intervenire intervenga la Magistratura e metta i lucchetti all’impianto.
Si sbaglia a pensare che la salute va tutelata e che anche la Magistratura è preposta alla sua tutela?
Associazione Città Plurale – Matera
Pio Abiusi