L’Associazione Ambiente e Legalità esprime le sue valutazioni a seguito della sentenza del Tar che riguarda Fenice e la bonifica. Di seguito la nota integrale.
Tanto tuonò che piovve. Dopo oltre 15 mesi è arrivata la sentenza del Tar, corposa a dire il vero, per ribadire che la bonifica con le integrazioni indicate da Ispra va intrapresa e che il monitoraggio fuori dal sito del termovalorizzatore va perseguito con risorse pubbliche ma il principio che chi inquina paga resta fermo. Se risulterà esservi inquinamento Fenice sarà chiamata a pagare tutto, dalle spese di monitoraggio a quelle di bonifica.
In concreto a 4 anni dalla comunicazione di Fenice di superamento delle CSC- Concentrazione soglia di contaminazione- delle falde acquifere nulla appare mutato. Fenice con una spesa di 5 milioni di Euro afferma di aver eliminato le cause della contaminazione ma i piezometri della rete di monitoraggio continuano a dare valori fuori norma, variabili di bimestre in bimestre. Tutto questo significa che la MISE forse è stata effettuata e si è preferito arrivare alla “bonifica”tralasciando la MISO- Messa in Sicurezza Operativa- . Dopo 4 anni è giusto usare il dubitativo perchè non sappiamo ancora in che acque navighiamo e come facciamo ad uscirne fuori. Gli organi amministrativi la loro parte la fanno- Comune di Melfi, Provincia di Potenza, Regione Basilicata- ma non sono supportati da adeguati organismi tecnici. Saltiamo a piè pari quelli sanitari che in termine di prevenzione non vanno oltre la vaccinazione antinfluenzale e soffermiamoci sulla Arpab. Dopo gli anni bui della gestione Sigillito adesso c’è maggiore trasparenza e una economicità nella gestione ma oltre le analisi non riesce ad andare perchè mancano le specifiche professionalità per casi che potrebbero essere complessi. Sempre per restare su Fenice e non divagare su altri elementi controversi della val d’Agri- inquinamento conseguente l’attività estrattiva e qualità dell’acqua del Pertusillo-,leggiamo quanto dichiarò Arpab nella sua relazione dell’Ottobre 2011”E’ opportuno sottolineare che gli interventi di MISE hanno ridotto sensibilmente i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa degli interventi di
bonifica”. Quella relazione resa anche al TAR di Basilicata servi a far riprendere l’attività al termovalorizzatore e tutti vissero felici e contenti. Da cosa l’avesse desunto Arpab che gli interventi avessero ridotto i livelli di contaminazione non è dato sapere tanto è che ancora oggi parliamo di valori che vanno oltre il CSC. Non possiamo più permettere che ad un ente venga regalata la patente di tutore del ambiente quando non ha le gambe per farlo e forse non possiamo permetterci di attrezzare una struttura credibile date le ridotte risorse di cui gode una piccola Regione. E’ necessario che, per le cose più complesse, ci si avvalga di istituti nazionali o enti di ricerca nazionali accreditati a livello internazionale. Sempre nel corso della vicenda Fenice a Gennaio del 2012 Arpab ebbe a dichiarare che “ La variazione dello stato di ossidazione del cromo verso composti più tossici sembra compatibile con le attività avviate nel sito,già dall’estate 2011, con l’installazione di campi pilota di Air Sparging/Soil Vapor Extraction (tecnologia scelta per la bonifica dei composti volatili).”
Cosa sia significato l’affermazione l’abbiamo verificato nella Primavera dello stesso anno quando Ispra sconsigliò, motivandolo, l’uso della predetta tecnologia per la bonifica e subordinò il tutto a concrete sperimentazioni dimostrate. Il Sindaco Valvano, su mandato della conferenza di Servizio del 21 /06/2012 ha deciso di usare liquidi traccianti per capire cosa e se Fenice aggiunge di nuovo all’inquinamento pregresso. Non è stato ancora fatto nulla e questo non già per cattiva volontà, pensiamo, ma solo perchè non c’è nessuno che sappia come si fa. Saremo costretti a rivolgerci a soggetti o strutture esterne alla organizzazione pubblica regionale ed allora decidiamoci , una volta per tutte, di utilizzare Arpab come laboratorio di analisi, non sempre accreditato, avvaliamoci , per i fatti gestionali complessi, di riconosciute strutture di ricerca , possibilmente pubbliche, nazionali.
Martedì 14 maggio 2013 – Controreplica dell’associazione Ambiente e legalità sulla gestione discarica di La Martella: “Sarà un tormentone come Fenice?” Di seguito la nota integrale.
Era il 27 febbraio 2013 quando con apposita nota stampa indicavamo nell’ Art. 29-octies del d.lgs 152/06 e s.m.i. la norma che regolamenta i tempi di presentazione della documentazione da parte del gestore dell’impianto sottoposto ad AIA ed al suo rinnovo. Nel caso specifico il comune di Matera avrebbe dovuto presentare richiesta di rinnovo entro il 6 Giugno 2011 in realtà la data di invio , sappiamo adesso dal comunicato del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, è stata ottobre del 2011.
Nella nota a cui facciamo riferimento continuavamo dicendo che sempre lo stesso articolo del predetto d.lgs recita ’’ L’autorità competente si esprime nei successivi centocinquanta giorni ‘’, ovvero 5 mesi. Il Dipartimento Ambiente nel suo comunicato ci informa che ciò non è avvenuto perchè la procedura è complessa in quanto ancora oggi si aggiunge documentazione, evidentemente all’origine non completa. Crediamo che tale complessità non possa essere paragonabile ad una AIA da concedere alla discarica di Malagrotta o all’ILVA di Taranto. Diventa complicata se manca parte della documentazione quale, a quanto ci risulta, lo studio geologico-tecnico. Sia chiaro che se ci fosse mostrato saremmo ben lieti di essere smentiti. Concludevamo la nota stampa dicendo che malgrado l’AIA non fosse stata rilasciata, la discarica poteva continuare ad operare. Se è pacifico l’intervento dell’Arpab in concorso su prelievi di campioni delle analisi relative alle falde acquifere, controverso, sembra, l’intervento da parte dell’Arpab nella procedura di ubicazione dei piezometri. A noi sembra che il gestore, il Comune di Matera, debba concordare con l’organo di controllo l’ubicazione dei medesimi, pertanto riteniamo che i 6 piezometri impiantati dal gestore, perchè non concordati, potrebbero non essere idonei a rappresentare lo stato qualitativo dei luoghi.
Sarà un caso che tre di essi siano risultati secchi? Infine per quanto riguarda gli interventi di prevenzione, messa in sicurezza, caratterizzazione ed eventuale bonifica dell’area in caso di contaminazione, che il Dipartimento Ambiente conferma facenti capo al Comune di Matera lo avevamo già detto riferendoci all’art 242 del noto Dlgs 152/06. Ciò detto e per chiudere citiamo solo un piccolo passo del citato articolo:Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ecc……. è accaduto?
Pio Abiusi, Associazione Ambiente e legalità.
Domenica 12 maggio 2013 – Discarica “La Martella”, interviene il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata: “Il Comune di Matera è competente sugli interventi di prevenzione, messa in sicurezza, caratterizzazione ed eventuale bonifica dell’area”.
Per l’autorizzazione all’esercizio della discarica “La Martella” di Matera scaduta nel 2011 è stata presentata istanza di rinnovo nell’ottobre dello stesso anno. In virtù di tale richiesta la discarica viene legittimamente esercita, secondo le previsioni del decreto legislativo numero 152 del 2006 che stabilisce che “fino alla pronuncia dell’autorità competente, il gestore continua l’attività sulla base della precedente autorizzazione”.
E’ quanto precisa il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata in riferimento alle informazioni diffuse a mezzo stampa dall’Associazione Ambiente e Legalità di Matera.
Il tempo trascorso dalla presentazione dell’istanza, per la quale la Regione è ancora in attesa di documentazione, è dovuto alla complessità della situazione, tra cui anche il sequestro di alcune aree. Eventuali contradditori tra Comune e Arpab potrebbero inoltre svolgersi solo in riferimento alle analisi dei campioni prelevati e non sull’ubicazione dei piezometri. Per quanto riguarda i procedimenti di caratterizzazione e bonifica previsti a seguito di una possibile contaminazione – precisa ancora il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata – gli stessi sono di competenza del Comune. Nel caso specifico, in cui il Comune è anche proprietario dell’impianto, sono di competenza dello stesso anche gli interventi di prevenzione, messa in sicurezza, caratterizzazione ed eventuale bonifica dell’area.
Sabato 11 maggio 2013 – Pio Abiusi, referente dell’Associazione ambiente e legalità, interviene nuovamente sui problemi che riguardano la discarica di Matera ubicata nei pressi del borgo La Martella. Di seguito la nota integrale.
La commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite commesse al ciclo dei rifiuti che la scorsa primavera visitò la Basilicata rilevò come, pur in presenza di una scarsa quantità di rifiuti prodotti , la regione non sia in grado di gestire il ciclo e condannò tutto quanto accaduto specie sulla gestione del termovalorizzatore Fenice di Melfi che aveva inquinato le falde acquifere per circa un decennio e sono ancora inquinate. La Basilicata, Regione delle canne al vento, sembra aver dimenticato tutto ed ora anche gli inquinamenti delle discariche passano indisturbati. Nel dlgs 152/06 definito “decreto ambiente” vi sono precise prescrizioni per le azioni da intraprendere in caso di evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito: il responsabile dell’inquinamento deve mettere in opera entro ventiquattro ore le misure atte a prevenire e poi a bonificare. Sulla discarica di La Martella già anni addietro vi furono diverse ombre tanto è che il 3° e 4° settore furono, lo sono ancora, oggetto di sequestro da parte della magistratura perchè si verificò il sovrabbancamento dei rifiuti per un totale stimato pari a 53 mila mc. In concreto nei due settori, dove era già stato autorizzato a suo tempo un incremento significativo di volume, furono depositati in maniera non autorizzata i suddetti 53 mila mc. Per risolvere quanto illecitamente realizzato, il consiglio comunale di Matera di concerto con gli abitanti del borgo ha presentato un progetto per la riprofilatura dei due settori, assorbire il sovrabbancamento e vennero aggiunte altre 30 mila mc per chiudere definitivamente quella discarica in tempi “brevi”. E’ noto, invece che la giunta comunale ha avanzato un nuovo progetto per allargare il 5° settore di altri 80 mila mc con possibilità , non si sa mai, di ulteriore espansione in fase di realizzazione. Mentre il primo progetto, risalente al 2011, deve trovare applicazione perchè è finalizzato alla chiusura della discarica, questo ultimo intervento non si giustifica e non trova accredito.
La discarica di Matera ha una A.I.A. scaduta da oltre 18 Mesi, è l’unica delle nove operanti in Basilicata ad essere in esercizio con autorizzazione scaduta; la rete per la captazione ed il trattamento del biogas non è stata realizzata; sono stati impiantati sei piezometri senza contraddittorio con Arpab ed una recente analisi eseguita da Arpab – solo su due di essi- ha registrato, in uno, valori dei solfati pari a circa 3 volte il limite previsto dalla vigente normativa e stessa cosa dicasi per il Boro dove i valori sono superiori di 4 volte il predetto limite. Circa il percolato, la verifica di Arpab eseguita nel 2011 parlava di emungimento dello stesso parzialmente disatteso nei sub settori A e D della 5 vasca; negli stessi settori, dal verbale della Provincia di Matera redatto nei primi giorni di Febbraio del 2013, risulta esservi una battente superiore ad 80 cm- stimato dal dirigente preposto: Montemurro/ Schettino- e non emunto dall’Agosto 2011; dalle verifiche di Arpab e Provincia del 2011 la situazione è risultata essere notevolmente peggiorata.
Parlare di buona gestione della discarica è eufemistico ed adesso bisogna attivare quanto prevede l’art.242 del predetto decreto legislativo e procedere alla bonifica del suolo e del sottosuolo attivando un monitoraggio più completo e predisponendo gli strumenti adeguati tenuto conto, altresì, che a 150 metri dalla discarica scorre il torrente Gravina di Picciano.
Il Comune di Matera non può ignorare l’accaduto e neppure il competente ufficio regionale, bisogna intervenire perchè una nuova Fenice non è tollerabile. Il progetto di allargamento della discarica è irrazionale ed inutile anche perchè quella discarica oltre a presentare molti punti oscuri è previsto per Matera solo una stazione di trasferenza ed una unica discarica per tutto il comprensorio provinciale in val Basento, il luogo è già stato individuato. Se si dovesse fare altro è perchè gli interessi sottesi sono altri e si vorrebbe dare priorità alle discariche, come al solito, e non già ad altre forme virtuose nella gestione dei rifiuti.
Pio Abiusi, Associazione Ambiente e legalità.
Cambiano i nomi delle associazioni, ma le persone sono sempre le stesse.
mi sa che dopo l’ultima brutta figura i quattro soci di città plurale lo hanno messo in minoranza e mo Abiusi s’è fatto una sua associazione. Anche questa, ovviamente, associazione mononucleare: della serie io me la canto io me la suono.
Pio Abiusi è uno dei pochi ambientalisti che stanno sui problemi.. anche il M5S locale si è espresso più voltye sulla questione vergognosa che investe un problema ambientale preoccupante.., è ora che anche altri materani dormienti ed abulici si sveglino dal loro torpore