Riceviamo e pubblichiamo la nota inviata dal consigliere regionale dell’IDV Nicola Benedetto nella quale chiede al presidente De Filippo di inserire il progetto Geogastock nella nuova partita petrolio-energia.
Condivido e sostengo l’iniziativa avviata dal Presidente De Filippo nei confronti dell’a.d. Scaroni per riaprire la partita del petrolio se non ci saranno, aggiungo a breve-medio termine, fatti concreti per l’occupazione e lo sviluppo. Essa, raccogliendo indicazioni e proposte che ho presentato di recente in Consiglio in occasione del dibattito sull’art. 16 del decreto liberalizzazioni, segna di fatto un’accelerazione del pressing necessario nei confronti delle compagnie petrolifere che, come dimostra l’azione di protesta dei disoccupati della Val d’Agri, non tengono conto della manodopera locale nemmeno per lavori a tempo determinato. Il Presidente dà dunque prova di raccogliere il forte disagio delle comunità del comprensorio petrolifero e le riflessioni venute da IdV come da altri esponenti e partiti della maggioranza. Per questo, suggerisco al Presidente, innanzitutto di aggiornare il centrosinistra con un tavolo permanente di confronto e di decisioni, e di inserire nella partita da riaprire, evidentemente non solo con l’Eni e la Total, ma anche con il Governo il Progetto Geogastock.
L’audizione in Senato del Ministro Passera e i contenuti specifici del DEF sul cosiddetto “hub del gas” rilanciano l’attualità del Progetto Geogastock che, almeno per me, non può essere considerato archiviato.
Passera ha ribadito la volontà del Governo a fare in fretta il corridoio Sud (il nuovo sistema di gasdotti dall’area del Caspio verso il nostro Meridione), mentre “per l’Italia – recita il testo del Def – il gas è un input fondamentale (siamo il paese in Europa più dipendente dal gas), ma è anche un fattore di appesantimento dell’economia a causa di prezzi mediamente più elevati rispetto agli altri paesi”.
Dunque il Governo mette fretta, ma io sono ancora in attesa di ottenere dal Presidente De Filippo informazioni e documentazioni per conoscere in dettaglio i termini dell’intesa. Per quanto mi riguarda giocare sui termini “concessione” e non vendita serve a poco, come serve a poco riferire che la “concessione” ha durata di 20 anni e non 40 anni, come si è detto da più fonti, non certo per volontà regionale ma lo prevede il decreto legislativo 164/00 (dopo che fa Geogastock, “smonta” gli impianti?) perché la sostanza non cambia in quanto nel cosiddetto piano di prescrizioni ambientali non riusciamo a leggere alcun riferimento alla questione centrale che ho posto: quale modello di sviluppo si immagina per la Valbasento e di conseguenza per la Basilicata. E su questo che va parametrato l’investimento. Un investimento che, è facile prevedere, si tradurrà in briciole per le imprese lucane e locali per effetto del solito meccanismo del subappalto e con l’utilizzo di personale specializzato e tecnici provenienti da fuori regione. Situazioni che abbiamo già conosciuto per la costruzione e l’ampliamento del Centro Oli di Viggiano e stiamo conoscendo con Tempa Rossa dove le imprese lucane sono impegnate a gestire commesse del subappalto del subappalto.
Sia chiaro: il mio no è un no convinto e motivato. Proprio perché sono un imprenditore, che interpreta il ruolo politico ed istituzionale al servizio del mio territorio e dei cittadini, ho fatto due conti. Forse non tutti sanno che il cosiddetto fitto di quello che rappresenta un contenitore per 1 miliardo e mezzo di metri cubi di gas nel sottosuolo della Valbasento ammonta a pochi spiccioli ed esattamente a 6.250 euro mensili. Questa è la cifra che incasseranno insieme i Comuni di Salandra e Ferrandina (Pisticci per ora è nel limbo) per aver, con l’avvallo della Giunta Regionale, concesso il sottosuolo, ovvero gli ex-depositi di Metano, alla Geogastock. L’accordo prevede che, per 20 anni più altri 20, i singoli Comuni prenderanno 1 milione di euro. Non credo ci sia bisogno di essere imprenditori per rendersi conto che questa è una terra tradita, svalorizzata e offesa da chi invece dovrebbe proteggerla, valorizzarla e tutelarla.
Poi si parla di 25 assunzioni dirette che le associazioni ambientaliste contestano nel numero, non più di 15 e nella qualità. Nel senso che saranno 4 tecnici super specialisti esterni alla Basilicata e una decina di “netturbini del petrolio”. Ed è proprio questo il limite più grosso del Progetto Geogastock. Non possiamo accontentarci oltre che di un’elemosina ai Comuni anche di una manciata di posti di lavoro, tenuto conto che, come accadrà per le imprese del subappalto, anche gli operai impiegati, finiti i lavori, torneranno a casa, mentre le assunzioni dirette saranno in tutto poche decine. La mia idea di sviluppo della Val Basento come per gran parte del Materano è molto diversa e l’ho sintetizzata con lo slogan “quadrato verde” per interventi produttivi eco-sostenibili nell’area che tengano conto innanzitutto delle vocazioni naturali (agricoltura e turismo, su tutte). Ancora, la centrale di compressione ha sicuramente un impatto ambientale, non sappiamo per ora dove e come potrà smaltire fumi, oli reflui e acque tossiche di scarto ed ha bisogno per il suo funzionamento di circa un milione di mc. di acqua ogni anno. Da quanto ne sappiamo mancherebbe ancora l’obbligatorio Piano provinciale della qualità dell’aria. Il decreto del 4 febbraio 2011 del direttore generale dell’Ufficio Risorse Mninerarie ed Energetiche del Ministero per lo Sviluppo Economico, Terlizzese, che definisce le procedure operative di attuazione del Decreto ministeriale 21 gennaio 2011 e modalità di svolgimento delle attività di stoccaggio e di controllo per l’attività di stoccaggio del gas è un punto di riferimento. Esso però ha bisogno di una verifica sul campo, vale a dire nel caso delle due centrali a turbo gas della Valbasento per garantire maggiore affidabilità soprattutto perché il miglioramento in efficienza energetica si traduca in minore emissioni in atmosfera.
Apr 28