La Basilicata deve recuperare un protagonismo vero per decidere del proprio futuro. E per farlo non c’è altra possibilità che ripensare l’articolo 38.
Ne è convinta la Confapi Matera che sostiene ancora una volta la necessità di ascoltare il disagio espresso dalla società civile, dai piccoli imprenditori e dai tanti cittadini che in queste settimane continuano a dar voce al proprio malessere. Ultima in ordine temporale la manifestazione “guanti neri contro il petrolio”, svoltasi a Matera nella giornata di domenica 23 novembre.
Occorre rinegoziare i termini della gestione del petrolio lucano a favore del territorio e non di altri interessi. Perché, come già ribadito, se l’interesse che deve guidare il progetto politico di questa regione è culturale, non possono esserci percorsi paralleli in palese violazione con quanto annunciato e promesso.
Questa regione deve potere esprimere le sue eccellenze e deve essere valorizzata attraverso le sue innumerevoli risorse. Far coesistere economie diverse è una possibilità concreta, ma servono regole e protocolli estremamente rigorosi che tutelino prima di tutto la salute e l’ambiente. Concepire il progresso come sviluppo equilibrato ed ecocompatibile, con una diversificazione delle attività che eviti l’errore fatto in passato con la monocultura del salotto, deve essere l’orientamento all’interno del quale muoversi. Le scelte si compiono su un modello chiaro di futuro che non svenda il territorio per pochi spiccioli, perché le ricadute economiche e occupazionali di una trivellazione selvaggia e non oculata non servono.
Da non trascurare, inoltre, l’aspetto dell’accelerazione e della semplificazione delle procedure in una materia dove, invece, la delicatezza imporrebbe maggiore cautela. Proprio perché l’errore di compiere scelte sbagliate è dietro l’angolo, il rischio di pregiudicare per sempre il diritto a vivere in un ambiente sano diventa questione di attimi.
Anche oggi Confapi Matera chiede alla Regione di impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale, per un’evidente illegittimità costituzionale di una norma che modifica la Costituzione con legge ordinaria, attribuendo allo Stato i poteri autorizzativi delle Regioni; ricordando che la terra non è una eredità, bensì un prestito che dobbiamo restituire integro ai nostri figli.