Accertare la verità e predisporre atti e misure efficaci per la tutela del territorio. Il Movimento Tutela Valbasento, in merito al caso del fiume Cavone, balzato ultimamente agli onori delle cronache grazie ai servizi di Striscia la Notizia, chiede chiarezza sia alla Regione Basilicata che al Comune di Pisticci, perché non ritiene concepibile che il ruolo di monitoraggio, salvaguardia e tutela del territorio debba essere sempre demandato a singole associazioni di volontariato o a programmi televisivi d’inchiesta. Allo stesso tempo, non è pensabile che gli eventuali interventi istituzionali siano solo una conseguenza di tali iniziative partite “dal basso”.
Alla luce di queste considerazioni, il Movimento Tutela Valbasento chiede all’Amministrazione comunale di Pisticci e alla Regione Basilicata:
· che venga accertata, anche mediante un serio studio idrogeologico, la natura e la provenienza di alcune sostanze presenti in concentrazioni elevate nel Cavone, tra cui il Naftalene (recentemente classificato dallo IARC fra i “cancerogeni possibili” per l’uomo), il Ferro, l’Alluminio e il Manganese (metalli pesanti neurotossici)
· la massima trasparenza e tempestività nella comunicazione alla cittadinanza degli esiti delle analisi Arpab e/o “in proprio”
· l’apertura di un tavolo di discussione – anche mediante un pubblico convegno – tra Enti istituzionali, ARPAB, associazioni territoriali e cittadini
· che si valuti la possibilità di sporgere denuncia contro ignoti per disastro ambientale e di fare urgente richiesta di bonifica alle autorità competenti
· che si prenda coscienza della “sostenibilità ambientale esaurita” del territorio e che, quindi, si avviino urgentemente – nelle more della riconversione delle industrie locali a modelli non impattanti – il Piano di Tutela delle Acque e un monitoraggio più accurato su tutta la filiera petrolifera (Centro Oli di Pisticci, Tecnoparco, pozzi di reiniezione…).
MTV auspica, poi, che, sul modello di Pisticci, anche i Sindaci degli altri Comuni gravitanti sull’asse Salandrella-Cavone (San Mauro Forte, Salandra, Montalbano e Scanzano) vietino ben presto, a scopo precauzionale, l’attingimento delle acque a scopo agricolo e umano.
Infine, allargando lo sguardo dal Cavone al fiume Basento (sul quale pure vige dal 2011 un divieto di attingimento delle acque), si può constatare come, in entrambi i casi, l’inquinamento sia legato da un lato all’industria chimica degli anni ’70-’80 (area SIN dal 2003, ancora in attesa di bonifica), dall’altro alle probabili fonti impattanti successive; alla luce di ciò, il Movimento Tutela Valbasento torna a chiedere sia alle Amministrazioni Comunali valbasentane che alla Giunta Regionale atti concreti più incisivi per la salvaguardia della terra lucana.