Matera Civica: “Alla scelta del Deposito Unico di scorie radioattive si risponde con ragioni scientifiche”. Di seguito la nota integrale.
Una comunità senza memoria è destinata a ripetere sempre gli stessi errori. Sulla spinosa questione della scelta del sito in cui ubicare il Deposito unico delle scorie radioattive italiane non si può non ammettere che la questione rimane un nervo scoperto per le comunità lucane e della vicina Puglia.
Cosa c’entra la memoria? E’ opportuno rispolverare in estrema sintesi alcuni fatti di Scanzano del 2003 per affermare che la grande mobilitazione popolare, dove neppure un vetro fu infranto, terminò quasi di colpo dopo un’audizione avvenuta il 2 dicembre del 2003 nella settima Commissione Ambiente del Parlamento. Il sipario calò a valle delle più che autorevoli considerazioni del professor Rubbia. Il premio Nobel Rubbia ha innanzitutto contestato la scelta di mettere in un unico sito le scorie di terza categoria, le più pericolose, con quelle di seconda e prima categoria e insieme al responsabile del CNR di allora ha ricordato che un sito simile a quello di Scanzano, per profondità e consistenza dello strato di salgemma, in Germania, dopo anni di studi, è stato abbandonato, perché ritenuto non sicuro. In Bassa Sassonia si lotta ancora contro la contaminazione di cesio 137 causata dai giacimenti nel sottosuolo, considerati sicurissimi. Venne evidenziata, inoltre, l’esistenza di una faglia che interessa l’area del Metapontino nel contesto più ampio di una sismicità, purtroppo, accertata e ripetutasi nella regione Basilicata. Fu sottolineato il problema dell’arretramento della costa e del complesso assetto idrografico di quel limitato territorio – sovrastato dalla più grande diga d’Europa in terra battuta quale quella di Senise – interessato da ripetuti fenomeni alluvionali che, spesso, mettono in crisi la realtà agricola di una vasta area del Metapontino. Non dimentichiamo che, all’epoca, Rubbia dirigeva l’Enea.
Quale lezione venne da quell’audizione, che è valida ancora oggi? Noi, parliamo del Consiglio comunale di Matera, come tutti quelli che hanno preso in esame un documento dell’Anci per evidenziare le ragioni del diniego di una scelta del sito unico nei nostri territori, non siamo esperti, non abbiamo titoli scientifici tali da poterci pronunciare con serenità ed obiettività sul tema. Ma una cosa, da questo punto di vista, possiamo farla, ovvero che ogni scelta futura sia rigorosamente supportata da studi scientifici condotti secondo i più validati criteri internazionali. A tal fine, abbiamo avanzato come Matera Civica l’emendamento, accolto opportunamente da tutta dall’assemblea, circa l’utilità di interloquire con il pool di tecnici e scienziati di cui si ha notizia della costituzione nella vicina Puglia e d’integrare questa realtà con i nostri scienziati, in modo da costituire un gruppo di lavoro interregionale. Magari – ma questa è una proiezione solo auspicabile – la sede per conferire tra loro e rendere noti i risultati degli elaborati tecnici e scientifici potrebbe essere Matera, notoriamente baricentrica tra Bari e Potenza. Per concludere, tutti i territori del Belpaese possono vantare peculiarità ambientali, artistiche, culturali materiali e immateriali, nonché presenze di eccellenza nei settori produttivi, a iniziare da quello primario. Ma una scelta che è stata fatta da tecnici e scienziati circa l’ubicazione del Deposito unico non può essere né di carattere estetico e tanto meno emotivo, deve essere una risposta galileana, sottoponibile in ogni momento a verifica sperimentale, che è la base di ogni giudizio concreto ed efficace dal punto di vista scientifico. Il resto, rischia di dare adito solo a un gioco parolaio e improduttivo che serve a salvare la coscienza di chi lo propone, ma non il futuro dei nostri territori e delle generazioni che verranno dopo di noi.
Di seguito la nota di commento di Nicola Locuratolo
Commentando il post di Matera Civica sulla scelta del sito per il deposito delle “scorie” faccio notare che per oltre la metà dell’articolo vengono accorpate le ragioni ostative al deposito “geologico nel salgemma di Scanzano.
Vengono enumerate tutte, la presenza a monte della diga del Montecotugno per un disastro tipo Vajont, l’erosione della costa che cancellerebbe prima tutta linea delle infrastrutture e dei comuni rivieraschi, infine una faglia di profondità che potrebbe generare fenomeni sismici parossistici per tutti i centri abitati del Sud.
Scanzano non va bene, e ci sta bene a Noi lucani e per i prossimi 500.000 (cinquecentomila anni), ma non ci sta bene e vogliamo che subito si allontanino dalla Trisaia la “barre irraggiate” che sono ancora tenute “temporaneamente” nelle ormai obsolete piscine da oltre quarant’anni dopo il loro utilizzo previsto (1980).
Queste scorie di terza categoria devono essere allontanate subito da questa popolazione ionica che sta pesantemente pagando lo scotto di questa presenza assolutamente inutile e pericolosissima; queste scorie devono essere messa al sicuro nelle centraòli chiuse dove stanno depositate in maniera più sicura le centinaia di barre utilizzate per il ciclo produttivo delle centrali in produzione.
Ricordiamo che la Trisaia era un Centro Sperimentale per la vetrificazione ed il conseguente confinamento di questi “Rifiuti Speciali” di cui si prevedeva il confinamento nelle argille di Sant’Arcangelo; da quando si è evitato Scanzano questi rifiuti speciali devono essere tolti alla popolazione ionica “cavia”.
Ma qui frana il tutto perchè si tratta di Depositi di superfice con un tempo minimale di 400-500 anni e quasi senza danni per la popolazione.
A questo punto ogni area metropolitana può ritrovare un locus idoneo senza vulnus particolare, ci sono tante piazze (Piazza S Pietro, Piazza Duomo a Milano, Piazza del Palio a Siena, ecc, ( fatta salva solo Piazza San Marco per le vicende del Mosa).
Mi sembra che si può continuare…all’infinito questa “masturbazione ecologista” mentre una popolazione ..muore per le scorie di terza categoria sul pianerottolo.