Movimento 5 Stelle: l’anno nero dell’oro nero? Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
L’Italia e la Basilicata hanno necessità di una politica economica di espansione. Hanno necessità di realizzare infrastrutture affinché l’economia regionale (e nazionale) viaggi sulle strade di una società organizzata e sostenibile. Strade reali, strade ferrate e strade virtuali, quelle per favorire l’innovazione tecnologica.
Solo che non è più pensabile una società che, per la sua innovazione, si affidi all’energia fossile: solamente per essere estratta, ha bisogno di consumare buona parte della stessa energia contenuta nel barile di petrolio appena tirato su dal sottosuolo. Per estrarre un barile di petrolio, non solo si consuma energia preventiva e in negativo, ma anche acqua. Per ogni barile di petrolio, occorrono ben 8 barili di buonissima acqua. Più altra energia, quella per incanalare l’acqua necessaria alle attività di estrazione e raffinazione.
Un barile di petrolio contiene 159 litri di greggio, equivalenti a circa 1200 litri di acqua.
Se i barili estratti sono 104 mila al giorno, dopo 365 giorni di estrazioni ecco che abbiamo consumato, solo per la concessione Eni/Shell Val d’Agri, mezza diga del Pertusillo.
Circa 80 milioni di metri cubi di acqua. Più un’enormità di energia necessaria a gestire questa massa d’acqua messa a disposizione delle trivelle. Poi vanno aggiunti i costi per i tralicci, più quelli della dispersione della rete fatiscente, più i costi, enormi, per bonificare le aree estrattive e di raffinazione, quando questa filiera si estinguerà (entro 8/10 anni in Basilicata). Più, ancora, bisogna anche considerare i 16,6 miliardi di euro con i quali lo Stato finanzia le società petrolifere.
Più che energia, questa del fossile è un enorme debito/fardello sulle spalle di famiglie e imprese, mica dei petrolieri.
Se alle società petrolifere si addebitassero realmente i costi aggiuntivi, togliendoli dalle spalle della comunità e privandole del bonus da 16,6 miliardi di euro, nessuna società mineraria verrebbe a perforare in Basilicata. Perché è un piccolo giacimento da 800 milioni di barili; perché è un petrolio di scarsa qualità; perché è ad almeno 4 km di profondità e più è in profondità, più ha dei costi elevati; perché sarà molto più costosa la bonifica da fare; perché, per estrarre petrolio, consuma buona parte dell’energia che cerca di prelevare.
Se non ci fossero aiuti pubblici e se in Basilicata facessero pagare le concessioni e le emissioni nocive come le fanno pagare in Norvegia (9 miliardi di barili di petrolio sono le sue riserve), nessuno perforerebbe in Basilicata. Non converrebbe ai petrolieri, come oggi non conviene ai lucani avere le trivelle tra i suoi piedi e i suoi monti, visto che, più che sul petrolio, la regione galleggia sulla povertà diffusa. Contro la quale nulla ha fatto la politica economica dei governi nazionali e regionali e nulla hanno fatto le famigerate e supervalutate royalties del petrolio.
Con il barile a 60 dollari, le royalties non superano i 70 milioni di euro all’anno in Basilicata, meno del 2% del bilancio regionale, a dimostrazione che il loro vero valore non è economico, ma è strumentale: quello della distrazione di massa per la falsa equazione, petrolio uguale oro nero.
Con il M5S al governo, si chiude col fossile in Basilicata e, come spesso promesso dai parlamentari uscenti, Vito Petrocelli e Mirella Liuzzi, si avvierà subito una bonifica dei siti. Che darà più lavoro di quanto le estrazioni ne abbiano finora dato ai lucani.