Non era nota la velenosità dell´ “ex presidente della commissione di inchiesta su Fenice scaduta alla mezzanotte del 31 gennaio scorso”. Sarà l´agone delle elezioni politiche. Appare sintomatico che un presidente di una commissione di inchiesta che dice di condividere tutto quello che c´è scritto (e che hanno scritto i suoi uffici) non difenda il suo lavoro e non produca una sua relazione su cui dibattere. Lasciando quelle pagine ad un destino ignoto. Se la veda il Consiglio che dovrà leggersi i documenti! Se la vedano i consiglieri a tirare le conclusioni! I quali, peraltro, non partecipando tutti ai lavori della commissione richiederanno tempo, richiederanno almeno una traccia. Invece ci si è voluti schernire dietro una relazione di approfondimento che il Cnr di Tito ha scritto dopo mesi di incarico. Ci si è voluti schernire dietro una richiesta di alcuni consiglieri. Altro che epilogo kafkiano! “L´ex presidente della commissione di inchiesta su Fenice scaduta alla mezzanotte del 31 gennaio” non ha osato, non ha esercitato il suo ruolo. Non ha voluto che la “sua” relazione fosse messa ai voti. Avrebbe trovato il mio voto favorevole, pur non avendo partecipato alle riunioni delle commissioni. Perché ci si dimentica che la non partecipazione attiva ai lavori della commissione (insieme agli altri colleghi Falotico e Mollica) è figlia della contestazione della composizione dell´Ufficio di presidenza della commissione stessa. Un vulnus che ha sempre aleggiato sui lavori. Un vulnus che ha reso sempre debole “l´ex presidente della commissione di inchiesta scaduta alla mezzanotte del 31 gennaio scorso”. Tanto che non ha avuto il coraggio di presentare le conclusioni! Tanto che ha dovuto ingoiare l´altolà dei suoi mentori. Nulla serve avere fatto la storia di vent´anni di mala gestione, nulla serve stabilire che l´inceneritore di Melfi inquinava fin dalle prove a caldo prima che entrasse in funzione. Nulla serve se una commissione di inchiesta non approva (come stabilisce l´articolo 44 del regolamento consiliare) una relazione finale da trasmettere al Consiglio. Certo la favola che le circa trecento pagine di allegati e storia amministrativa rappresentano la “relazione” può trovare qualche coscienza disponibile a prestare ascolto. Ma un presidente firma la propria relazione, difende il suo lavoro, ci mette la faccia.
Non se ne lava la faccia dichiarando di condividere ciò che hanno scritto gli uffici e contemporaneamente rimettendosi alle decisioni che saranno prese più in là!
Un atteggiamento che nessuno definisce pilatesco. Ci colpisce, invece, l´ignavia. Ci colpisce che si è deciso, pur mostrando il piglio del decisore, di arrendersi agli ammiccamenti stucchevoli forieri di una blanda condivisione.
Occorreva solo più forza e crederci per davvero, abbandonando piccole convenienze.
Alfonso Ernesto Navazio, Consigliere regionale Io amo la Lucania