Dalla relazione redatta da Arpab in data 9 dicembre 2014 – secondo la
Ola, Organizzazione lucana ambientalista – non si evincono i dati
richiesti alla società Fenice Ambiente srl che auspichiamo chiarisca
con urgenza cosa è stato bruciato nel forno rotante, alias forno
adibito a incenerire 35.000 tonnellate annue di pericolosi rifiuti
industriali.
Da dove proviene lo Iodio bruciato? Chi lo ha rilevato, visto che
Arpab dichiara che non sarebbe una sostanza tra quelle monitorate
dall’agenzia ai sensi del DGR 428/2014? Ci si può fidare delle
“autodichiarazioni di Fenice? Cosa dicono queste autodichiarazioni? E’
plausibile che ciò avvenga, considerata la pericolosità dell’impianto?
Perchè a nessuno è venuto in mente la verifica dei codici CER in
ingresso? La Provincia di Potenza riceve i report periodici e quelli
giornalieri dei rifiuti bruciati a Fenice con i relativi codici CER?
Che tipo di iodio è stato bruciato?
Alla luce di questi semplici domande, purtroppo ancora senza risposta
da parte dell’assessorato ambiente della Regione Basilicata, ci
chiediamo perchè alla chiusura del forno rotante non vengano resi
pubblici i dati monitorati, misurati o autodichiarati rendendoli
pubblici nei modi di legge? La Ola ricorda che le direttive
comunitarie impongono per i rifiuti industriali una rigorosa azione di
monitoraggio in tutte le fasi del loro ciclo, e non ci sembra che ciò
venga fatto per l’inceneritore Fenice.
Oltre alla non meglio chiarita “anomalia” riscontrata che ha portato
alla chiusura temporanea del forno rotante da parte della Regione, la
Ola chiede al Ministero dell’Ambiente, attraverso propri ispettori,
una verifica tecnica sui sistemi di allertamento e sull’efficienza e
efficacia dei monitoraggi pubblici e privati per l’inceneritore Fenice
anche in relazione all’AIA rilasciata dalla Regione Basilicata, sui
quali nulla è dato sapere.
Nel caso dello Iodio dai camini dell’inceneritore Fenice, auspichiamo
che i cittadini non debbano fidarsi di “atti di fede” e di parole.