Rifiuti zero: videosorvegliamo gli amministratori, non i cittadini
La tolleranza zero verso chi non ha sensibilità nei confronti della raccolta differenziata, non si fa tappezzando il paese di videocamere, ma condividendo un progetto e un percorso con i cittadini. Ai quali,
non solo va spiegato bene cosa accade e quali principi e metodi vanno applicati e seguiti per la raccolta, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, ma occorre anche che gli stessi cittadini notino adeguata
correttezza nelle decisioni amministrative sulla raccolta differenziata e rilevino vantaggi pratici ed economici. Altrimenti nessuna telecamera riuscirà a far rispettare una disposizione in tema
di gestione dei rifiuti.
La Ola, Organizzazione lucana ambientalista, denuncia l’approccio culturale errato che le amministrazioni municipali, come quella di Pisticci, o le società come l’Acta SpA di Potenza, hanno verso la gestione dei rifiuti, col meschino atteggiamento di voler attribuiere responsabilità ai cittadini per assolvere se stesse o per nascondere altri interessi certamente non collettivi né sociali.
Non sarà un caso che proprio le due amministrazioni di Potenza e Pisticci abbiano deciso per una finta raccolta differenziata che è in realtà una raccolta multimateriale, con la quale si recuperano carta,
cartone, plastica e vetro/lattine, mentre la frazione non riciclabile viene conferita dai cittadini insieme all’umido ed entrambi vanno ad alimentare prima le discariche, a costi di stoccaggio di circa 100
euro la tonnellata (a carico dei cittadini) e poi diventano frazione secca (Cdr o Css), da far incenerire nell’inceneritore di Fenice, a San Nicola di Melfi, per ottenere energia, pagata col 7% della
bolletta Enel dei cittadini di Potenza e di Pisticci, e ceneri tossiche, ristoccate in discariche speciali al costo di circa 400 euro la tonnellata, sempre a carico dei cittadini.
Quando è oramai risaputo che mandare in discarica l’umido, per poi essere incenerito insieme alle frazioni secche e plastiche, procura un danno notevole non solo all’ambiente (le discariche inquinano le falde
idriche e gli inceneritori emettono diossina e altre polveri inquinanti e cancerogene), ma anche alle tasche dei cittadini, sia perché è costoso il circuito dell’incenerimento, sia perché dall’umido si potrebbero ricavare bio-compost e bio-gas con i quali si alleggerirebbero le Tarsu o le Tares a carico dei cittadini.
L’Acta SpA di Potenza, che è la principale sostenitrice con la sua raccolta poco differenziata di circa 25 mila tonnellate di rifiuti all’anno, dell’incenerimento di rifiuti a San Nicola di Melfi, ha di recente speso soldi in manifesti con una campagna di informazione che criminalizza i cittadini colpevoli di non “differenziare” i rifiuti,
quando la gestione della municipalizzata è fallimentare da tempo e tesa ad alimentare i forni dell’inceneritore Fenice.
Il Comune di Pisticci, che ha anch’egli come Acta SpA tutti gli interessi non a realizzare una vera raccolta differenziata, ma a mantenere in piedi la sua discarica in contrada La Recisa, la cui capienza è stata aumentata di 70 mila mc. nel 2011 (la capienza è ora di 300 mila mc e conferisce a Fenice una frazione secca pari a 24 tonnellate al giorno, 9.000 tonnellate all’anno), addossa alla scusa di “spiare” i suoi cittadini, nell’atto di smaltire i rifiuti di casa, la necessità per chissà quali motivi, di comprare un costoso ed inutile sistema di video sorveglianza nel paese.
Innanzitutto, va detto agli amministratori di Pisticci, che le telecamere a raggi X, con le quali osservare dentro il sacchetto di immondizia se il cittadino ha separato bene il suo rifiuto, ancora non esistono. I cittadini di Pisticci certamente non butteranno i propri rifiuti sotto l’occhio di una telecamera, avendo a disposizione
migliaia di ettari in assolate campagne in agro di Pisticci.
Secondo la Ola, meglio sarebbe che l’amministrazione di Pisticci spiegasse ai suoi cittadini perché fa perdere loro l’occasione di abbattere i costi di una corretta raccolta differenziata dei rifiuti, rinunciando a produrre biocompost e biogas dai propri rifiuti, e soprattutto, spiegasse il perché è stato uno dei sei Comuni pilota del
Metapontino che ha fatto fallire la possibilità di realizzare un impianto di compostaggio verde anaerobico consortile fra i sei comuni (Bernalda, Montalbano, Pisticci, Scanzano, Montescaglioso e Policoro),
non presentandosi quasi mai alle riunioni decisionali. L’impianto di compostaggio verde necessario a produrre bio-compost e biogas avrebbe portato anche lavoro, oltre all’abbattimento delle tasse attuali e
quelle future della Tares col recupero del biogas e del biocompost dall’umido, e soprattutto, avrebbe portato finalmente alla chiusura della discarica in contrada La Recisa.