Consigliere regionale Gianni Perrino: “Il modello petrolifero lucano trascina nel baratro la Basilicata: dalla guerra tra poveri di Tempa Rossa al probabile crollo delle royalties”. Di seguito la nota integrale.
Un altro pericoloso focolaio di disperazione e rabbia sociale pare divampare a Tempa Rossa, feudo clientelare della Vicino e dei Robortellas, assurto tristemente alla notorietà delle cronache giudiziarie nell’inchiesta “Trivellopoli”: alcune decine di operai hanno protestato contro il colosso petrolifero Total che ha iniziato ad assumere lavoratori polacchi o rumeni al posto dei lavoratori italiani. Tanto per garantirsi un economico prosieguo dei lavori sul cantiere. Oltre all’ennesima guerra tra poveri, sempre sulla scia di “Trivellopoli”, proprio qualche settimana fa, il governatore lucano Pittella lanciava messaggi allarmistici sui mancati introiti milionari dovuti al venir meno della corresponsione di royalties da parte di ENI alla Regione, a causa del sequestro disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia, del Centro Oli di Viggiano. Ma i problemi , purtroppo, paiono non finire qui.
Chissà cosa avrà pensato l’ex Gladiatore di Lauria una volta appresa la notizia di una recente sentenza del TAR Lombardia sulle royalty del gas, sentenza secondo la quale nel corso del 2015 lo Stato, e quindi le Regioni, hanno incassato royalties più alte di circa il 20% rispetto a quanto gli sarebbe correttamente spettato. La sentenza è il risultato di un ricorso promosso da Edison e da altre “major” petrolifere (Eni, Shell, ecc.) che chiedevano di ancorare la determinazione delle royalty ad un indice diverso (e più basso) rispetto al “QE” (indice determinato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas e il sistema idrico – “AEEGSI” – ai fini della fissazione delle tariffe di vendita ai clienti finali appartenenti al c.d. “mercato tutelato”). La sentenza del TAR lombardo, difatti, annullando i provvedimenti amministrativi e regolamentari del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) in materia, impone l’applicazione dell’indice “Pfor” per la determinazione quantitativa delle royalties dovute dalle predette compagnie petrolifere: “l’indice Pfor, ove si consideri che quest’ultimo è commisurato proprio alle quotazioni di borsa del gas, (…) è (…) un criterio aggiornato all’attuale contesto di mercato, e di per sé idoneo a rispecchiare l’effettivo valore del prodotto”.
E’ stato il MISE a quantificare nel 20% il surplus non dovuto proprio nelle memorie difensive. In tal modo, paradossalmente, ha fornito un sontuoso assist alle stesse compagnie petrolifere, che ora potrebbero richiedere allo Stato, alle regioni e ai comuni il rimborso della quota di royalties pagate in più.
La Regione Basilicata dovrebbe dare delle spiegazioni in merito ai cittadini lucani. Su tutto: impugnerà la sentenza? E a quanto ammonta la quota di royalty che potrebbe essere costretta a restituire ai colossi petroliferi?
Potremmo trovarci di fronte ad una nuova beffa: l’ennesimo regalo alle compagnie petrolifere che stanno emungendo dalle viscere della nostra regione giacimenti che si stanno dimostrando solo una iattura per i lucani.
E pensare che durante la campagna referendaria contro le trivelle in mare dello scorso 17 aprile, il terrorismo psicologico fu ampiamente utilizzato dai sostenitori del NO (ovvero dai favorevoli alle trivelle in mare) i quali, in caso di vittoria del SÌ evocavano scenari apocalittici come la perdita di migliaia di posti di lavoro e pesanti ricadute per le casse pubbliche. Le bugie hanno le gambe corte: più trivellazioni non producono più posti di lavoro. Anzi: diminuiscono gli occupati italiani (e, soprattutto, lucani) dell’industria del petrolio e dell’indotto. Petrolio in Basilicata è sempre più sinonimo di miseria, malattie e di devastazione ambientale. Cosa sarebbe successo se avesse vinto il SÌ? Sarebbero aumentati i posti di lavoro, veri e stabili: dal 2011 al 2014 l’Italia ha perso oltre 40 mila posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili!
Abbandonare le fonti fossili, incluso il petrolio, e avviare la transizione alle energie rinnovabili è, quindi, questione di vita o di morte: per l’Italia e, soprattutto, per la Basilicata. Ma non accadrà fino a quando governeranno i politici attuali, veri e propri obbedienti camerieri di multinazionali, lobby e potentati economici.