Gianni Perrino, consigliere regionale Movimento 5 Stelle: “Elusi i referendum abrogativi anti trivelle? Staremo a vedere. Nel frattempo si smorzino i facili entusiami”.
Dicembre è il mese dei regali anche per quanto riguarda la vita politica della nostra regione. Purtroppo per i lucani questi regali non sono altro che pacchi contenenti pericolose trappole condite da ingannevoli illusioni.
Nei giorni scorsi, a seguito degli emendamenti del governo in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi (emendamenti che ricalcano parte dei quesiti referendari deliberati dai 10 consigli regionali), abbiamo assistito a immotivate scene di giubilo da parte dei rappresentanti istituzionali Lucani. Pittella, Cifarelli, Bradascio e lo stesso Lacorazza non sono riusciti a frenare la loro smania di propaganda e la stampa amica non ha fatto mancare l’usuale appoggio.
La situazione è molto semplice: vittorie e presunti padri delle stesse a parte, per essere sicuri che l’iter referendario vada avanti bisogna attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale anche alla luce degli emendamenti presentati dal governo (non ancora divenuti legge).
Leggendo e rileggendo gli emendamenti del governo, la vittoria propagandata dai nostri politici sembra sgonfiarsi sempre di più. Se ad una prima lettura sembrava essere accolta la quasi totalità dei quesiti referendari, ulteriori approfondimenti fanno emergere una realtà ben diversa: come affermato dal prof. Enzo Di Salvatore, colui che ha scritto i quesiti, verrebbero elusi i quesiti 2, 3 e 6.
Con la spugna governativa si eliminerebbe uno dei presunti successi di Pittella, il cd. “Piano delle aree”, con il quale, anche in virtù dell’abrogazione chirurgica di parte dell’articolo in questione, diventava essenziale il contributo delle regioni; i ‘ripensamenti’ del governo porterebbero inoltre a consentire che la ricerca e l’estrazione in mare entro le dodici miglia marine possano essere svolte “per la durata di vita utile del giacimento” e, di conseguenza, senza nessuna scadenza; infine, con la nuova impostazione proposta dal governo, si potrebbero salvare quei progetti di estrazione il cui procedimento di autorizzazione risulta ancora in corso (essendo possibile una sorta di sospensione sine die a causa della dicitura ‘titoli abilitativi’).
Siamo ben lontani da una vittoria schiacciante e sembra essersene accorto anche Piero Lacorazza che, ieri, smorzava gli iniziali entusiasmi annunciando la possibilità di depositare la memoria di fronte alla Corte costituzionale. Il prossimo 28 dicembre si terrà a Roma un nuovo incontro tra i delegati dei Consigli Regionali, proprio per discutere di questa possibilità.
Noi aspettiamo fiduciosi il verdetto della Corte Costituzionale e allo stesso tempo crediamo che l’istituto del referendum sia l’unica possibilità per trovare una cura risolutiva alle schizofrenie dei renziani sparsi su tutti i livelli istituzionali. Gli effetti dell’abrogazione che si avrebbero con il referendum, come evidenziato dal costituzionalista Enzo Di Salvatore, offrirebbero tutele quasi “ferree” rispetto a modifiche normative introdotte con legge ordinaria. Se, infatti, si arrivasse all’abrogazione referendaria, il Governo o il Parlamento non potrebbero più reintrodurre le norme abrogate. Questa certezza, invece, non ci sarebbe qualora le norme venissero modificate e soppresse come sopra indicato dall’emendamento del Governo alla Legge di Stabilità 2016.