Filippo Massaro, rappresentante di Csail-Indignati, invita il governatore Pittella a chiarire il “giallo” del greggio che dal Centro Oli Agip di Viggiano attraverso l’oleodotto Viggiano-Taranto viene imbarcato nel porto di Taranto per raggiungere porti della Turchia. Di seguito la nota integrale.
Al Governatore Pittella, impegnato ad ottenere da subito più royalties del petrolio lucano, chiediamo di chiarire, una volta per tutte, il “giallo” del greggio che dal Centro Oli Agip di Viggiano attraverso l’oleodotto Viggiano-Taranto viene imbarcato nel porto di Taranto per raggiungere porti della Turchia da dove ritorna in Italia e, contestualmente, affrontare la questione del controllo effettivo della produzione, quella che abbiamo definito l’assenza di “contatori” (attualmente l’Eni è controllore e controllata), attendibili per il calcolo dei barili estratti che è appunto legato al calcolo delle royalties dovute dall’Eni alla Regione e ai Comuni del territorio petrolifero. Per ordine. L’ultimo report dell’ICE (Istituto per il Commercio con l’Estero) ci informa che al terzo trimestre 2013 il petrolio greggio esportato dalla Val d’Agri ammonta a 117 milioni 308 mila euro con un incremento del 120,3% rispetto al terzo trimestre 2012. La provincia di Potenza è la prima in assoluto per l’export di greggio in Turchia. Dunque la via turca del petrolio lucano si consolida a dimostrazione che il petrolio è al centro di un affare energetico colossale che secondo indiscrezioni diffuse da siti web e dai giornali nazionali, quando scoppiò il caso Wikileaks, si realizza attraverso il progetto South Stream che coinvolge Russia, Turchia, Italia e, di recente anche la Germania e prevede di raggiungere, fra 8 anni, l’Europa del Nord, tramite i Balcani e l’Europa del sud e il Mediterraneo, tramite l’Italia, e attraverso il -gasdotto Nabucco- che è un progetto volto alla realizzazione di una nuova via di importazione del gas naturale proveniente dalla zona del Caucaso, del Mar Caspio e, potenzialmente, del Medio Oriente, collegando la Turchia con l’Austria. Il greggio estratto dai pozzi della Val d’Agri è perciò una risorsa di “baratto” per affari tra Eni, la società energetica di stato della Turchia Botas e quelle russe tra cui Gazprom. E’ il caso di ricordare che ad infittire il giallo, degno di una trama da betseller, c’è nel 2008 la mancata risposta dell’allora Ministro allo Sviluppo Economico Scajola ad un’interrogazione dei deputati del Pdl Lamorte, Taddei e Moles (atti della Camera 4/00413 del 19 giugno 2008, seduta 020) per la parte riferita all’ Unmig “organo preposto al rilascio delle licenze petrolifere alle strette dipendenze del Ministero dello Sviluppo Economico che – scrissero gli interroganti – non ha dato comunicazione dell’ export di greggio verso la Turchia”. L’allora Ministro Scajola rispose “tutto in regola”, ma non una sola parola su “quali iniziative assumere affinché l’Unmig adegui la propria attività di verifica e controllo, avvalendosi della cooperazione della Guardia di Finanza e degli Uffici per il Commercio con l’estero, specie in riferimento all’esportazione del greggio lucano in Turchia, da assicurare attraverso l’oleodotto Viggiano-Taranto e, successivamente, con navi-cisterna”. In sostanza non sappiamo esattamente quanto greggio viene imbarcato per raggiungere la Turchia. Per questo il Csail rilancia la “battaglia dei contatori” non solo per controllare tutto l’estratto dai nostri pozzi ma anche per conteggiare i barili di greggio estratto ed esportati in Turchia.