Una Basilicata più “Energica” e che convoca in audizione in consiglio regionale, i vertici delle aziende ed agenzie pubbliche interessate dalle questioni ambientali, come Arpab, Tecnoparco ed Asi, questo il sunto del documento politico approvato all’unanimità nelle due assemblee congressuali provinciali del Psi, che si sono tenute l’8 aprile a Ferrandina ed il 10 aprile a Rionero in Vulture.
Lo rende noto Raffaele Tantone, primo firmatario del documento, insieme al segretario regionale Livio Valvano ed al consigliere regionale Francesco Pietrantuono.
L’idea di presentare un documento, dichiara Tantone, è nata dalla necessita di riempire di contenuti politici il dibattito pubblico su petrolio e rifiuti,che attualmente sembra confinato alle chiacchiere da bar ed ai salotti televisivi, formulando contenuti e proposte per divenire punto di riferimento sui temi e le strategie ambientali per la societa lucana e per i socialisti italiani.
Per tali ragioni , nelle premesse del documento si è sottolineato come nell’analisi della questione petrolio, concentrare l’attenzione sui meno di 3 mila barili estratti in mare entro le 12 miglia, rischia di essere fuorviante, sopratutto per chi non sa che l’Italia nei prossimi anni raddoppierà la produzione di petrolio, in base a degli accordi sottoscritti tra la regione Basilicata e le compagnie petrolifere, cosicché l’Eni passerà in Val D’Agri dagli attuali 90 mila a 130 mila barili/giorno, mentre la Total sta realizzando #temparossa che vale da solo quasi 50mila barili al giorno.
Pertanto l’oggetto del problema non è l’opposizione delle regioni alle trivelle, visto che già in precedenza i Governi nazionali hanno autorizzato il raddoppio delle estrazioni, semmai il problema è come trivelliamo, poiché il procedimento di estrazione, in particolare del petrolio, produce una grande quantità di rifiuti speciali, il cui smaltimento diviene sempre più oneroso con il petrolio a 30/40 dollari al barile. Poi il problema è dove trivelliamo, perché in Basilicata stiamo posizionando pozzi di idrocarburi sui monti che contengono le sorgenti e le dighe dell’acquedotto pugliese: il più grande d’Europa che serve 4 milioni di cittadini.
Rimane anche il problema del perché trivelliamo, cioè di quale sia l’effettivo e concreto interesse collettivo per il paese, in termini di ricchezza prodotta, valore aggiunto, gettito fiscale, posti di lavoro, economia indotta, considerato, ad esempio, che i 50mila barili che estrarremo a #temparossa, sono destinati ad essere convogliati verso il porto di Taranto per essere esportati all’Estero, non contribuendo, così, a diminuire la bolletta energetica italiana; ciò già accade con alcune migliaia di barili prodotte dall’Eni a Viggiano, che vengono esportate addirittura in Turchia.
Cosiche il problema non si può semplicisticamente ridurre al binomio trivelliamo/non trivelliamo oppure nel risolvere la disputa tra i fautori delle competenze statali ed i sostenitori delle competenze regionali.
Infatti nel versante ambientale sono emersi con maggior evidenza i limiti del regionalismo/federalismo italiano, cosi come concepito dalla riforma costituzionale del 2001.
In tema di rifiuti urbani, ad esempio, la pianificazione regionale ha fallito in almeno il 50% delle regioni, con città come Roma che per decenni hanno scaricato in unico impianto, oppure molte delle ARPA (agenzie regionali di protezione ambientale) hanno mostrato gravi inadeguatezze nel far fronte alle competenze sui controlli che gli sono piovute addosso a partire dagli anni 90.
Per i motivi sopraesposti non discutere di questi temi, sarebbe estraneo alla tradizione socialista di analisi e di interpretazione della realtà, sopratutto all’interno di un congresso che non registrando scontri sulla leadership ha l’opportunità di concentrarsi sui temi. Inoltre è opportuno ricordare,come sui temi ambientali si avverte con maggiore forza la mancanza di un dibattito politico, sui limiti ed i conflitti d’interesse fra lo stato regolatore e lo stato azionista di aziende che erogano servizi pubblici.
Ad esempio a prescindere dalle inchieste di questi giorni, non appare sufficiente o comunque opportuno, che sulle attività di estrazione fatta da un azienda al 30% pubblica come Eni, e di smaltimento rifiuti petroliferi compiuta da un’azienda al 40% delle regione Basilicata come Tecnoparco Spa, debbano esercitare il controllo Aziende sanitarie ed Arpab di diretta emanazione della stessa Regione.
Per tali ragioni crediamo che la riforma dei tanti buchi neri della normativa ambientale, debba divenire una battaglia socialista, per tenere fuori la demagogia da questi temi fondamentali per l’Italia del domani, promuovendo scelte politiche che tengano insieme il futuro del paese e quello delle comunità interessate dai grandi impianti industriali.
Nello scontro fisiologico tra i legittimi interessi dei grandi gruppi industriali e gli interessi deboli non organizzati dei singoli cittadini, politica e istituzioni devono essere capaci di creare le condizioni per realizzare il giusto equilibrio per tutelare l’ambiente che, in estrema sintesi, è la precondizione di qualunque politica di sviluppo.
Per questo, con energia, i socialisti devono proseguire e rafforzare la spinta riformista per una politica che alimenta le istituzioni capaci di gestire con ENERGIA e rigore la fisiologica divergenza tra interessi della grande industria che tende a consumare le risorse e la comunità che può costruire sviluppo e benessere partendo dalla salvaguardia dell’ambiente.
Per tali ragioni i socialisti lucani promuoveranno quanto prima :
1-l’istituzione di un garante dell’ambiente;
2-l’audizione in consiglio regionale dei vertici delle agenzie ed aziende pubbliche come Arpab, Tecnoparco ed Asi.
Apr 12