“Presenza di petrolio nelle acque del lago Pertusillo, i controlli e le analisi che dovrebbero garantire la certezza che non ci sono problemi per la salute pubblica, sono affidati all’Arpab, l’Agenzia per l’ambiente regionale. Noi di questa Arpab non ci fidiamo”.
Lo ha dichiarato, questa mattina, in una nota l’eurodeputato del M5s Piernicola Pedicini.
“I motivi che ci spingono a non fidarci dell’Arpab, che è gestita da manager nominati dal governo Pittella – ha spiegato Pedicini -, scaturiscono dal fatto che la struttura è sott’inchiesta da anni per varie vicende giudiziarie che riguardano proprio i controlli che dovrebbe garantire nelle aree a rischio, come la Val d’Agri, dove ci sono gli impianti petroliferi dell’Eni, e il Vulture-Melfese, dove opera il termodistruttore ex #Fenice.
Qui di seguito, – ha continuato il parlamentare – elenchiamo solo alcuni esempi che evidenziano perché l’Arpab ha dimostrato di non essere affidabile.
Febbraio 2017, la Provincia di Potenza infligge una multa di 800 mila euro all’Arpab per la mancata pubblicazione dei dati su analisi effettuate nel 2013 in una contrada di Montemurro (Val d’Agri), dove c’è il pozzo di reiniezione di scarti petroliferi ‘Costa Molina 2’. La Provincia ha sanzionato l’Arpab perché, pur avendo rilevato tracce di idrocarburi nelle falde acquifere superiori a quelle previste dal tetto indicato dalla legge, non comunicò lo sforamento della soglia di sicurezza.
Maggio 2016 (dopo l’inchiesta Trivellopoli con vari arresti e le dimissioni del ministro Guidi), Tribunale del riesame di Potenza: ‘Controlli approssimativi e carenti da parte di Arpab sui reflui che, in Val d’Agri, l’#Eni smaltiva o reimmetteva nel sottosuolo dopo l’estrazione del petrolio’. Lo hanno scritto i giudici nelle motivazioni con cui hanno confermato i sequestri della vasche del #Cova, centro oli di Viggiano, e del pozzo di reiniezione ‘Costa Molina 2’ di Montemurro (Potenza). Secondo il Riesame, ‘i tecnici che controllavano il processo di smaltimento delle acque erano coscienti che esse superavano i valori di legge, fino al punto da filtrare preventivamente i campioni prima di inviarli al laboratorio. Tale attività letteralmente fraudolenta era basata anche sulla totale sudditanza nei confronti di Eni da parte dei laboratori che analizzavano le acque: uno degli indagati, infatti, interrogato dagli inquirenti, ammise l’irregolarità della procedura di campionamento’.
Dicembre 2015, 37 avvisi di garanzia in tutta Italia: tra questi, quattro ex dirigenti dell’Arpab, nove dipendenti dell’Eni, una decina di imprenditori, funzionari regionali e della Provincia di Potenza, varie società del settore ambientale e due rappresentanti di Tecnoparco. L’indagine era venuta alla luce a febbraio 2014, con un primo blitz dell’Antimafia che indagava per traffico illecito di rifiuti, e si è via via allargata per le emissioni nocive in eccesso prodotte dall’impianto Cova-Eni di Viggiano.
Marzo 2014, rinvio a giudizio di 16 persone nell’ambito dell’inchiesta su nomine e assunzioni all’Arpab e sull’inquinamento nascosto del termodistruttore Fenice, nonché per vicende legate all’impianto di smaltimento dei rifiuti di Potenza. L’ex direttore generale dell’Arpab dovrà rispondere di falso ideologico per aver attestato nelle denunce presentate alle procure di Potenza e Melfi che prima del 2008 non erano mai emersi superamenti delle soglie di contaminazione nella falda sotto Fenice, mentre una perizia fa risalire l’allarme al 2002.
Per queste ragioni – ha concluso Pedicini – condivido la richiesta che hanno fatto i gruppi consiliari regionali del Movimento 5 Stelle di Puglia e Basilicata, di avviare azioni congiunte sulle rispettive istituzioni regionali al fine di chiarire la situazione del Pertusillo in tempi brevissimi e attraverso organismi di controllo credibili e affidabili”.