Il presidente Pittella e l’assessore Pietrantuono hanno fatto il punto sulla vicenda del Cova e fornito i dettagli di una nota ministeriale con la quale si riclassifica la tipologia di incidente a seguito dello sversamento di greggio.
Il Ministero dell’Ambiente ha valutato rilevante l’incidente dello sversamento avvenuto a marzo al Centro Olio di Viggiano, in conseguenza di una diversa classificazione del greggio del Cova ai fini dell’applicazione della normativa Seveso. Lo hanno comunicato oggi ai giornalisti, il governatore lucano, Marcello Pittella e l’assessore all’ambiente, Francesco Pietrantuono, nel corso di una conferenza stampa convocata per illustrare i contenuti della nota ministeriale e chiarirne i dettagli, nell’ottica della massima trasparenza sin qui adottata.
L’assessore Pietrantuono ha chiarito che “non c’è correlazione tra la dichiarazione di incidente rilevante ed il danno ambientale: quest’ultimo sarà eventualmente accertato dalla conseguente procedura di controllo messa in moto dal Ministero, che agirà parallelamente a quella già in corso da parte di Regione, Arpab e Ispra”.
La dichiarazione del Ministero è arrivata dopo una comunicazione del Comitato Tecnico Regionale, che richiama i contenuti della direttiva Seveso, che impone agli stati membri di identificare i propri siti a rischio. “Tutto questo – ha spiegato Pietrantuono – potrebbe determinare nuove prescrizioni nell’ambito dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.), da noi già riaperta”.
“La dichiarazione di incidente rilevante con la riclassificazione del petrolio non cambia nulla rispetto ai nostri adempimenti”, ha detto il Presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, rispondendo alle domande dei giornalisti. “Le attività del Cova – ha evidenziato – riprenderanno soltanto quando avremo registrato che Eni avrà ottemperato alle nostre prescrizioni, come sta dimostrando di fare, e quando avremo ulteriori risultati dalle attività di approfondimento da noi messe in campo, che ci consentano una assoluta tranquillità. È chiaro – ha aggiunto il governatore – che la nota del Ministero ci mette nelle condizioni di riconsiderare le prescrizioni dell’A.i.a. già oggetto di nostra valutazione. Soltanto quando tutto sarà definito valuteremo i tempi di riapertura. Per quanto riguarda la classificazione del greggio – ha chiarito Pittella – non è escluso che si apra un contraddittorio tra Eni ed il Ministero, che invece considera diversa e più pericolosa la tipologia del greggio, tanto da dichiarare la rilevanza dell’incidente avvenuto al Cova. Noi nel frattempo – ha concluso – continueremo a monitorare, nell’ottica della massima trasparenza avendo come unico obiettivo quello di garantire sicurezza assoluta ai cittadini”.
Piernicola Pedicini, Eurodeputato M5s: “Per l’Eni il petrolio lucano è più pericolo a Taranto e meno pericoloso in Val d’Agri. Anni di silenzio e di irresponsabilità di Pittella e Governo nazionale. Non si gioca sula pelle dei cittadini. Vergogna! Dimettetevi!”. Di seguito la nota integrale.
Assurdo! Oggi pomeriggio, il governatore della Basilicata Pittella ha reso noto che l’Eni ha dichiarato, per anni, che il petrolio della Val d’Agri è più pericoloso quando arriva nella raffineria di Taranto e meno pericoloso quando viene lavorato al Cova di Viggiano.
Pertanto, a Taranto vengono applicate le prescrizioni sulla sicurezza per le attività industriali a rischio di incidente rilevante (categoria 2 Direttiva europea Seveso 3), mentre in Val d’Agri, lo stesso petrolio, viene classificato nella categoria 3 e quindi con delle prescrizioni, sul rischio incidenti e salvaguardia dei cittadini, molto più blande e superficiali.
Tutto questo è inaudito. Per anni i governi Pd della Regione Basilicata (governatori Bubbico, De Filippo e Pittella in carica da 4 anni) e i governi nazionali hanno coperto e consentito all’Eni di dare queste false informazioni senza mai intervenire.
Il ministero dell’Ambiente ha rilevato questo scandalo solo adesso, dopo lo sversamento di petrolio scoperto a gennaio scorso e dopo gli esposti e le inchieste della magistratura.
Per fortuna non ci sono stati incidenti gravi al Cova di Viggiano e le prescrizioni sulla sicurezza previste dalla Direttiva Seveso 3, non sono servite. Se fosse avvenuto il contrario, non sappiamo cosa sarebbe potuto accadere. Le responsabilità sarebbero state enormi e tutte sulla coscienza dei soggetti politici e istituzionali che dovevano intervenire e non l’hanno fatto.
C’è anche da dire che se fosse stata applicata la normativa della Seveso 3, molto probabilmente lo sversamento delle 400 tonnellate di greggio (fonte Eni) non sarebbe avvenuto e i danni provocati non ci sarebbero stati (i serbatoi avrebbero avuto da subito i doppi fondi).
Come il M5S ha più volte sostenuto, l’unica soluzione è la chiusura definitiva del Cova e la bonifica della Val d’Agri con un piano di riconversione basato sull’agricoltura e il turismo.
Di Eni, Regione Basilicata e governo nazionale, in mano al Pd e alla vecchia politica, non ci fidiamo neanche un po’. Infatti, è sempre più chiaro che le vicende da chiarire sulle estrazioni di petrolio in Basilicata sono ancora tante e tutte vanno in una sola direzione: distruzione del territorio, mancanza di sicurezza, rischi per la salute dei cittadini, commistioni, affari e attività lobbistiche e clientelari sviluppatesi intorno agli appalti, agli incarichi e alle royalties.
Dopo la chiusura del Cova, il governatore Pittella, il balbettante assessore regionale all’Ambiente lucano, l’Arpab, il governo nazionale, si stanno arrampicando sugli specchi per far credere che niente sarà più come prima e che il centro oli Eni potrà riaprire senza più problemi per la sicurezza e la tutela dell’ambiente. Sappiamo tutti, e lo sanno anche loro, che non è così e che non ci può essere nessun rischio zero e compatibilità tra estrazioni petrolifere e aree agricole e turistiche popolate.
A Pittella e al governo Gentiloni fanno solo gola i proventi derivanti dalle tasse e dalle royalties delle trivelle. Dei cittadini lucani e della tutela dell’ambiente se ne infischiano completamente.
Al TG3 locale, ho ascoltato ancora una volta notizie che a dir poco sembrano sconcertanti. E’ stato detto che in Basilicata c’è una “buona” ripresa produttiva ed occupazionale (non so da quali fonti vengono presi i dati) ma, diamo per buoni quelli comunicati (?), un dato fortemente negativo – è stato detto- riguarda il forte calo degli introiti derivanti dalle royalties per il fermo di alcuni impianti di estrazioni e quindi una diminuzione della produzione di petrolio. Questo dato sicuramente sarà vero ma una riflessione nasce spontanea: se quando le royalties andavano “secondo i piani” e producevano disoccupazione, reddito pro-capite basso, esodo di massa dalla Basilicata per cercare lavoro fuori Regione, ora che le entrate dalle compagnie petrolifere sono calate si produce più ricchezza. Più occupazione. Più reddito.
Allora le cazzate si dicevano prima o adesso. Quanti posti di lavoro hanno prodotto le royalties? Quanti portafogli hanno gonfiato. Io una risposta non me la so dare (anche se l’immagino).
nino silecchia