Nulla è scontato. Domani secondo appuntamento per la raccolta delle firme per fermare le estrazioni petrolifere in Basilicata.
Dopo il presidio del 21 Ottobre scorso davanti la sede della Giunta Regionale continua la mobilitazione contro le estrazioni petrolifere in Basilicata. Domenica 17 novembre dalle ore 9.00 e fini alle ore 13.00 in Piazza Prefettura prende avvio la campagna per la raccolta firme per chiedere al Governo Italiano e al Presidente della Giunta Regionale della Basilicata, per quanto di propria competenza, di:
1. Sospendere per ragioni precauzionali ogni attività estrattiva in Basilicata (incluse quelle conseguenti
al rinnovo automatico delle concessioni in essere).
2. Procedere alla verifica, con il supporto di ISPRA, dell’adeguatezza del Piano di Monitoraggio Ambientale e delle effettive possibilità della sua autonoma attuazione da parte di ARPAB in termini di strumentazione e risorse umane allocate.
Infatti i gravi fatti sin qui accertati dalla magistratura insieme alle condizioni precarie in cui versa l’ARPAB sia in termini di risorse umane che strumentali, inducono forti incertezze sulla sicurezza per l’ambiente e per la salute della popolazione residente in relazione alle attività estrattive già realizzate e in corso di avvio in Basilicata. L’invocato principio di precauzione (contemplato peraltro dallo Statuto regionale) già ampiamente giustificato dalla evidente insufficienza dei sistemi di monitoraggio e controllo fin qui posti in essere dagli Enti preposti trova ulteriori ragioni:
– nell’assenza di qualunque rassicurazione sulla possibilità che la Regione Basilicata possa dotarsi di sistemi autonomi di monitoraggio in grado di identificare tempestivamente eventi pregiudizievoli per la salute dei cittadini e per l’ambiente – nell’assenza delle garanzie minime di trasparenza e di partecipazione alle decisioni previste dalla convenzione di Aarhus del 25 Giugno 1998, in particolare sulle procedure, sulla tempistica e sulle modalità di conferimento del rinnovo della convenzione autorizzativa del permesso estrattivo Val
d’Agri (Eni – Shell), in scadenza il 26 Ottobre 2019, nonché sul dovuto superamento delle prescrizioni riguardanti la concessione Gorgoglione (detta Tempa Rossa, di Total, Shell, Mitsui) – nell’ assenza di un Piano Regionale per la Tutela delle Acque che consenta di valutare a pieno l’impatto di tali attività sulle falde acquifere e sugli invasi che forniscono acqua potabile e per l’irrigazione ben al di là dei confini regionali Nella petizione si chiede inoltre di:
3. Restituire ai territori la libertà di decidere del proprio futuro abrogando le previsioni di proroga automatica delle autorizzazioni introdotte dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 (art.34 commi 18 e
19)
4. Avviare al più presto le bonifiche necessarie a ripristinare lo stato ex-ante dei territori interessati, direttamente o indirettamente, dalle conseguenze delle attività estrattive. Infatti i cittadini hanno il diritto di chiedere che, a fronte degli evidenti rischi ambientali, venga
finalmente riconsiderato l’impatto delle attività estrattive sul tessuto sociale e economico della Basilicata restituendo ai territori interessati il diritto di scegliere del proprio futuro evitando di ipotecare colpevolmente, irrimediabilmente e senza possibili giustificazioni, il futuro delle prossime generazioni. Preoccupa che la Giunta Regionale si occupi oggi solo di ottenere incrementi delle entrate rinvenienti
dalle royalties e/o da tassazioni aggiuntive e, senza nemmeno immaginare un piano per uno sviluppo di lungo termine della regione, farnetichi di posti di lavoro e infrastrutture che ben avrebbero potuto essere assicurate e con ben più copiose risorse dal Governo nazionale se solo, ai tavoli nazionali dove si ripartiscono gli investimenti per la sanità, il welfare, l’università, etc., una rappresentanza politica meno prona e insipiente, avesse evitato lo scippo sistematico (più di 60 miliardi all’anno) delle risorse
destinate al Mezzogiorno.
La Basilicata non è un deserto nè vuole diventarlo, è terra di beni ben più preziosi del petrolio che attendono solo di essere valorizzati: le sue risorse idriche, la sua agricoltura così speciale, i suoi paesaggi, la sua cultura. E invece a dieci mesi dalla scadenza dei termini di legge per la redazione e condivisione in Conferenza unificata Stato Regioni del cosiddetto PiTESAI (Piano per la transizione energetica
sostenibile delle aree idonee) nessuna azione è stata messa in campo dalla Regione per evitare che quasi l’80% del suo territorio interessato dalla richiesta di permessi e concessioni, possa essere trivellato. Nessuna informazione, trasparenza, condivisione con gli Enti locali, sulle aree che detto piano potrebbe consegnare alle estrazioni petrolifere. Soprattutto nessuna azione regolatoria (Piano delle Acque, Piano di tutela del paesaggio, etc.) che possa sottoporre a vincolo le aree interessate.
Anche per discutere di questo saremo domani in Piazza, invitando i cittadini lucani a fare lo stesso in tutti i paesi della Basilicata perché parta forte è chiaro l’urlo di dissenso delle nostre comunità contro un futuro di emigrazione e disperazione che non vogliamo e che non ci appartiene.
Parta invece da qui, proprio dalla Basilicata, quel piano di investimenti per la transizione energetica annunciato dal Governo, si reimpieghino le maestranze nelle opere di bonifica nel breve termine e, nel medio termine, nelle nuove attività produttive collegate alla riconversione dell’intero sistema produttivo regionale fuori dal fossile. Uscire dal fossile possiamo proprio qui proprio ora, per restituire dignità e sicurezza al lavoro che è più sicuro e meglio remunerato proprio quando si sviluppa attorno alla frontiera dell’innovazione, rimane povero e precario, sempre sotto schiaffo, quando si sposa con logiche predatorie e attività produttive tutte rivolte al passato, che dopo aver fatto bottino non prevedono futuro. Significa nuove opportunità per i nostri giovani di restare, per quelli che son partiti di ritornare. Nulla è scontato.