Gestione dei bacini idrografici:interessi diversi ma a prevalere sono sempre quelli economici. Sui fiumi lucani le ruspe dei cavatori decideranno la sicurezza.
Il Circolo Legambiente di Matera opera in ambito di Protezione Civile da molti anni e nel settore del rischio idrogeologico, così come nella conoscenza della fragilità del territorio, può dire la sua. Nella immediatezza degli eventi alluvionali del marzo scorso il Consiglio regionale della Basilicata approvò una “risoluzione relativa ai danni provocati dalle alluvioni”. Il Consiglio impegnava il governo regionale a predisporre un coordinato programma, teso alla riduzione del rischio idraulico e che prevedesse la pulizia degli alvei fluviali, la rimozione dei cumuli di materiale inerte, l’adeguamento delle norme che regolano l’estrazione di inerti ed infine il taglio della vegetazione in alveo. Per dare applicazione a queste indicazioni la Giunta regionale ha istituito il “Coordinamento delle attività di programmazione degli interventi di ripristino del regolare deflusso dei corsi d’acqua regionali”. Tutto bene? Quasi, forse, vediamo.Già la legge regionale 19 del 25 febbraio 2005 sulla disciplina della coltivazione delle cave prevedeva la istituzione del “tavolo permanente delle attività estrattive degli inerti fluviali” con all’interno, quali componenti essenziali e prevalenti, i rappresentanti dei cavatori.La recente delibera della Giunta regionale affida ai cavatori, ed a coloro che speculano (nel termine reale) economicamente sugli inerti fluviali, il compito di proporre i progetti di ripristino della officiosità fluviale.Pio Acito, disaster manager, di Legambiente Matera afferma:”Questo sbracamento amministrativo ed istituzionale davanti alle pretese e sollecitazioni “opportunistiche (per via del tempo nel quale sono state avanzate), politiche (perché vedrebbero direttamente coinvolti amministratori locali) e di parte”, porterà ad incrementare i rischi per il territorio. L’interesse dei cavatori, legittimamente, non è quello della salvaguardia della naturalità dei fiumi o della sicurezza dei Cittadini, ma quello di poter fare il maggior guadagno possibile nel minor tempo possibile. Questo legittimo interesse sarà praticato utilizzando tecnici compensati adeguatamente che giustificheranno sempre e comunque gli appetiti e le mire dei cavatori”. “Nella gestione corretta dei fiumi e nella riduzione dei rischi per il territorio, continua Acito, è essenziale, come afferma Giorgio Nebbia, non tradire la geografia e la ecologia. Erosione, frane, alluvioni e conseguenti dolori e morti, sono figli di questo tradimento”.I fiumi lucani sono già pesantemente oltraggiati da numerose cave di presa e da opere di regimentazione, gli argini hanno confermato la loro fragilità e pericolosità, i rifiuti di ogni genere bloccano il regolare deflusso delle acque, la velocizzazione delle correnti in fase di piena incrementa la pericolosità dei corsi d’acqua, le naturali aree di espansione sono occupate da innumerevoli insediamenti tutti a rischio, le sub alvee sono avvelenate da rifiuti chimici indefinibili, i Cittadini NON sono a conoscenza delle basilari norme di comportamento e dei piani di emergenza. Invece di riflettere e porre rimedi a questi elementi e poter così razionalmente ridurre i rischi per tutti, si affidano i fiumi ai cavatori. Un po’ come mettere a guardia di una banca un esperto rapinatore.Strana Regione la nostra, esclude dai tavoli gli ambientalisti e gli operatori di protezione civile e si piega agli interessi speculativi.Questo, però, potrebbe essere il sistema giusto per la individuazione dei responsabili dei futuri certi danni che verranno alle prossima piena. Ma anche così non sarà, alla prima piena tutti scapperanno a scaricare responsabilità, a trovare alibi e scusanti. Legambiente Matera invita la Regione Basilicata a rivedere le proprie brutte decisioni in merito alla manutenzione dei bacini fluviali, chiedendole di riassumere un ruolo serio nella gestione del territorio senza alcun cedimento alle sollecitazioni ed agli appetiti dei cavatori. Legambiente Matera
Ripristino fiumi, infondate le preoccupazioni su progetti cavatori
Il Dipartimento Ambiente replica a Pio Acito di Legambiente. Interventi decisi da un comitato interamente pubblico, inerti estratti utilizzati “ a pagamento” degli interventi
Le preoccupazioni manifestate dal “disaster Manager di Legambiente”, Pio Acito, circa un presunto “sbracamento amministrativo ed istituzionale” che vedrebbe affidato agli imprenditori del settore cave “Il compito di proporre i progetti di ripristino dell’officiosità fluviale” sono immotivate perché il provvedimento cui Acito fa riferimento è praticamente inesistente. E’ la rassicurazione che viene dal Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata dopo le dichiarazioni rilasciate dall’esponente dell’associazione ai quotidiani locali.
La Giunta Regionale di Basilicata, infatti, ha approvato il mese scorso un provvedimento che istituisce il coordinamento delle attività di elaborazione ed aggiornamento del programma stralcio degli interventi di ripristino dell’officiosità dei corsi d’acqua, prevedendo la semplificazione delle procedure, ma pone la pianificazione degli interventi da mettere in atto in campo a un comitato di coordinamento composto dai dirigenti degli Uffici Difesa del Suolo di Potenza e di Matera, dal dirigente dell’Ufficio Ciclo dell’acqua, dal dirigente dell’Ufficio Geologico ed attività estrattive, dal Dirigente della Protezione Civile e da un rappresentante dell’Autorità Interregionale di Bacino della Basilicata. L’unico riferimento fatto dalla citata delibera agli operatori delle cave è per la possibilità che nella progettazione degli interventi di ripristino si possa prevedere “la compensazione, nel rapporto con gli esecutori, dell’onere per l’esecuzione di piccoli interventi di ripristino delle opere di difesa spondale e sistemazione dei tronchi fluviali con il valore del materiale estratto riutilizzabile a fini economici”. In altre parole, dato che buona parte degli interventi di ripristino dell’officiosità dei fiumi consiste nella rimozione di inerti che finiscono col saturare il letto del corso d’acqua, la delibera prevede che gli stessi materiali recuperati possano servire “a pagamento” dell’intervento fatto, ma sempre in esecuzione di un progetto definito dal comitato di coordinamento anzi citato che, si sottolinea, è interamente composto da dirigenti pubblici. Ogni preoccupazione, insomma, circa il fatto che gli imprenditori delle cave possano decidere in autonomia gli interventi da fare, mossi da interessi economici e non ambientali, è evidentemente privo di fondamento.